"Michael Clayton", di Tony Gilroy

Michael Clayton, in gara per il Leone d’oro, porta la firma di Tony Gilroy, avvalendosi della produzione di Pollack. Al di là di una verbosità di fondo, il film, denuncia qualche differenza rispetto ai suoi predecessori, pur scavando in quel passato per costruire il personaggio del suo protagonista e i connotati della storia

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Michael Clayton è un avvocato del potente e accorsato studio newyorkese Bach & Ledeen's, ha il vizio del gioco e la sua stella non ha mai veramente brillato, dovendosi occupare di affari da quattro soldi e di sbrigare il lavoro sporco per i facoltosi clienti dello studio. Ma la sua rivincita finale confermerà le sue capacità di avvocato, consacrandolo come classico antieroe del legal-movie della stagione.

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Michael Clayton porta la firma di Tony Gilroy qui al suo esordio sotto l’ala protettrice, non soltanto, di Clooney, che con la sua caparbia ironia attraversa il film, ma anche e soprattutto di Sidney Pollack che produce e interpreta. Non potevano esserci dubbi circa il fatto che la presenza di Pollack costituisse una garanzia di qualità contenutistica al film. Gli squali dello studio legale difendono una grossa società che ha inquinato una vasta zona abitata per i suoi esprimenti, Clayton diventa, quasi inconsapevolmente, lo strumento che scardina il meccanismo costruito dai suoi colleghi. Al di là di una verbosità di fondo, nonostante la sagacia della scrittura dei dialoghi e una trama che non perde mai il ritmo del suo incipit e pur ponendosi nella scia del liberal legal movie che da Lumet arriva a Soderbergh, Michael Clayton, denuncia qualche differenza rispetto ai suoi predecessori, pur scavando in quel passato per costruire il personaggio del suo protagonista e i connotati della storia.

Il volto stanco di Cloney, ossessionato dai soldi che gli servono per saldare i suoi debiti di gioco contratti in bische sotterranee di quart’ordine nei quali la sua diversità è sottolineata dall’abbigliamento impeccabile dell’avvocato dei piani alti, attraversa l’intero film e il suo assillo per il gioco, ricorda l’ossessione del bere di Paul Newman splendido interprete di The Verdict del già citato Lumet, che pure qualche anno dopo avrebbe costruito un personaggio del tutto opposto in A civil action. Ma c’è di più, in Michael Clayton la storia perde la connotazione della classica sfida tutta esterna e per così dire sociale, tra Davide e Golia. Qui, infatti, la vicenda diventa un pretesto per regolare vecchie ruggini e sottesi rancori all’interno dello studio legale, ma senza la rivalità dettata dall’ambizione, piuttosto, invece, dalla rivalità dettata dall’etica, lo scontro finale tra Michael e Karen Crowder, una determinata Tilda Swinton, è un piacere. A Michael Clayton è proprio l’ambizione che è sempre mancata. Un giro in taxi, attraverso una grigia New York rimetterà le cose a posto e concederà il tempo a Clayton di ripensare il proprio futuro sulle ceneri di un (in)glorioso passato.

 

Titolo originale: id.

Regia: Tony Gilroy

Interpreti: George Clooney, Tom Wilkinson, Tilda Swinton, Sydney Pollack, Jennifer Ehle

Distribuzione: Medusa

Durata: 125’

Origine: Usa, 2007

 

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