Mirna. Un'introduzione (Ricordo di Corso Salani)

corso salani
Quattro anni fa ci lasciava Corso Salani. Un cineasta e un amico la cui scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile. Lo ricordiamo pubblicando l'introduzione scritta da Grazia Paganelli al libro postumo: Mirna. Diario di un film, edito da goWare e Sentieri selvaggi

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Quando ho visto il film Mirna per la prima volta ho avuto l’idea che fosse più importante e più profondamente intimo di tutti i precedenti film di Corso Salani. Affermazione che potrebbe suonare come un azzardo, perché tutte le opere di Corso sono l’espressione libera di un impulso tanto personale quanto necessario. Eppure vedevo in Mirna elementi nuovi e misteriosi come se questa storia d’amore e di assenza nascondesse dentro di sé qualcosa di invisibile ma destinato presto ad affiorare. E infatti Mirna è un film sfuggente e al tempo stesso denso e assoluto, in cui immergersi e andare alla deriva. Un racconto doppio che si incrocia e si accavalla, che avvolge lo spettatore e lo abbandona. Gioia e dolore occupano sempre lo stesso spazio. Sollievo e disperazione, stanchezza e frenesia, come una corsa senza fine, tutta d’un fiato, con gli occhi desiderosi di vedere, mai stanchi di cercare. Un racconto ellittico, di fatto senza racconto, una storia usata come “pretesto” per andare in fondo ai pensieri e alle sensazioni, oltre i veli possibili, come a voler rivelare un segreto.

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Quel segreto è svelato in questo scritto che non è un romanzo, forse neppure un racconto, almeno non secondo i canoni consueti. È un diario personale di un regista che torna a Buenos Aires dopo quindici anni per fare un film su una ragazza conosciuta, amata, lasciata e mai più dimenticata. Così, fin dal viaggio in aereo, Mirna diventa una dolce ossessione per misurare il tempo e perdersi negli spazi infiniti di una città di cui si possono sentire i rumori, le frenesie, i silenzi. Tutta la solitudine del mondo. A Buenos Aires le strade si moltiplicano sulla scia di pensieri ininterrotti. Il film da fare, l’attrice da trovare, le riprese, il viaggio, lo stordimento del lavoro, la felicità, la malinconia, la nostalgia che ti assale in un attimo di distrazione. E poi ci sono i ricordi da ricostruire, come a volerli rimettere in ordine per poter vivere quindici anni ancora senza perdere neppure un secondo di questa storia con Mirna. E c’è la vita da vivere per le strade, la vita da trasformare in film, i film che si sovrappongono ad ogni respiro. “E poi quante cose ci sono da pensare, che davvero non bastano le ore fino a domani, mentre fuori continuano a passare gli autobus e le automobili, come se la giornata non finisse mai e nessuno sentisse il bisogno di tornare a casa…”.

Un viaggio che nasconde una vita, circoscritta tra due partenze, completamente assorbita nella memoria. Scavata e rivissuta. I vuoti che trovano forma, il presente che si modella su un passato ormai quasi astratto. Questo il percorso di un film che si fa romanzo e trova nella parola scritta la possibilità di soffermarsi ancora più a lungo sui dettagli che Corso amava filmare. Un po’ come fermare l’inarrestabile processo del fare un film e stare semplicemente a guardare, cogliere i primissimi piani nelle parole, sottolineare la sorpresa, la paura, l’abisso. O meglio, struggersi nel vedere e nel voler vedere di più, facendolo magnificamente con le parole, attente, “plurali” e dolci di Corso. “E non importa se la sto filmando da pochi minuti, poco più che inquadrature di servizio, semplicemente lei sul sedile di questo autobus che guarda fuori dal finestrino. C’è lo stesso da prendere le misure, da capire chi c’è davanti alla cinepresa, iniziare a rendersi conto che questo stesso viso lo avrò davanti agli occhi, sempre più vicino, sempre più dentro, per tutto il tempo che mi serve, fino a non poterne più, se mai succederà”. E come sempre si procede confondendo memoria e desiderio, cinema e vita. “Tutte le immagini che mi ricordo sono già le immagini del film. E quelle che mi mancano me le invento, o me le trovo già nella mente, come succede quando si fanno i film. Perché sono già pronti, basta trovare il modo e il momento per filmarli, né un giorno prima né un giorno dopo”. 

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