"Monster", di Patty Jenkins

Il vero mostro non è la Theron, ma Christina Ricci: “monstrum” perché omosessuale, “monstrum” perché artefice del miracolo dell'amore. E' lei a fornire l'unico punto di vista libero, alternativo, non istituzionale, sul film.

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Monster arriva sullo schermo preceduto da un rumoroso corteo di premi, raccolti dalla sua protagonista dentro e fuori degli Stati Uniti. La trasfigurazione di Charlize Theron – violentata nelle sembianze per narrare le vicende di Aileen Wuornos, "la prima donna serial killer della storia" – costituisce, a priori, la sostanza del film; eppure, se ci si vuole liberare dalla prepotenza della luminescente scritta "tratto da una storia vera" che minaccia lo spettatore biancheggiando su un severo fondo scuro, l'unica possibilità è concentrarsi sul personaggio secondario.

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Selby Wall (nella realtà Tyria Moore) – la giovane donna che, per oltre tre anni, costituì l'unico conforto del quale l'assassina poté mai godere nella sua breve vita da persona libera – è interpretata da Christina Ricci, vero monstrum, grazie alla quale possiamo focalizzare il senso del film al di là dello sfortunato destino della protagonista. Aileen Wuornos, infatti – dopo una vita trascorsa a collezionare un'impressionante sequenza di violenze, tormenti, lutti ed angosce, solo in parte connessi con il suo mestiere di prostituta – finì giustiziata nel 2002, a 46 anni, rea confessa di una serie di omicidi commessi ai danni di clienti.
Selby è una giovane gay che, avvicinando casualmente la Wuornos, finì per condividerne le sorti per tre anni. Selby/Christina è monstrum perché omosessuale, "fuori dall'ordine naturale", rifiutata dalla famiglia prima che dal resto del mondo; ed è monstrum perché compie il prodigio di far credere possibile alla Wuornos una vita diversa, una vita fino ad allora solo sognata.  E' quindi verso di lei che inevitabilmente bisogna spostare lo sguardo, affamato com'è di scorgere una pur debole luce di speranza; è lei a rendere viva e vivibile l'esistenza di Aileen: anche se solo per pochi attimi, brevi ed intensi come gli increduli e dolcissimi primi piani che riesce a strappare alla preponderante presenza della protagonista.


Monster, in definitiva, non è che una comune storia di violenza proiettata su uno sfondo a stelle e strisce, raccontata sviluppando nessi più o meno espliciti tra fanatismo religioso e repressione sessuale, tra mito della felicità e potere del denaro, tra libertà e mercificazione del corpo. Senza sottovalutare il lavoro della Theron (anche produttrice) e la capacità dell'esordiente Patty Jenkins di mantenere in equilibrio il dualismo vittima/carnefice che caratterizza il personaggio principale, è Christina Ricci –  con le sue piccole fattezze da bambina incuriosita ed irrequieta, il suo costante e ipodermico richiamo alla vita, abituata com'è, fin dai tempi della Famiglia Addams, a trattare con i "diversi" – a fornire l'unico punto di vista libero, alternativo, non istituzionale, su questo film.


Titolo originale: Monster
Regia: Patty Jenkins
Sceneggiatura: Patty Jenkins
Fotografia: Steven Bernstein
Montaggio: Jane Kurson
Musica: BT (Brian Wayne Transeau)
Scenografia: Steven Bernstein
Costumi: Rhona Meyers
Interpreti: Charlize Theron (Aileen Wuornos), Christina Ricci (Selby  Wall), Bruce Dern (Thomas), Pruitt Taylor Vince (Gene), Scott Wilson (Horton Rohrbach), Lee Tergesen (Vincent Corey), Annie Corley (Donna Tentler), Marco St. John (Evan)
Produzione: Charlize Theron, Mark Damon, Clark Peterson, Donald Kushner, Brad Wyman
Distribuzione: Nexo
Durata: 111'
Origine: USA, 2003

 


 

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