My name is Emily, di Simon Fitzmaurice

Il film indipendente di Fitzmaurice sorprende per la naturalezza con la quale il racconto si sviluppa, tra primi piani intensi e campi lunghi suggestivi, che rendono tutto credibile

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Emily è una ragazza che viene affidata a una famiglia adottiva dopo la morte della madre e il crollo mentale del padre. Ogni anno riceve lettere da lui, dal manicomio nel quale è internato. Quando, per la prima volta, nel giorno del suo sedicesimo compleanno non riceve nessun biglietto d’auguri dal padre, sospetta che qualcosa non va ed inizia così un viaggio per andarlo a trovare di persona.

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Emily è diversa dalle altre, in cerca di un padre smarrito, in cerca di se stessa, in cerca della vita. Il film si apre con una sequenza sott’acqua, elemento ricorrente per tutta la durata della visione. L’acqua, da dove un essere umano nasce, da dove Emily inizia a raccontare la sua grande avventura nel mondo. L‘opera di Simon Fitzmaurice è un inno indipendente alla vita, una celebrazione delle diversità che alimentano la scintilla che crea la peculiarità. Emily è peculiare, ragazza solitaria, immersa nel suo mondo, nella sua acqua. Alla base della pellicola c’è un viaggio on the road alla ricerca di se stessi, alla scoperta della natura e delle situazioni che possono cambiare e lasciare in segno in qualcuno. La bionda ragazza protagonista della storia, interpretata da una brava e credibile Evanna Lynch, nel percorso che la porta al padre ‘scopre’ il mare, la spiaggia, la tenda da campeggio, il pericolo, le stelle. Cose che, dopo il trauma causato dalla scomparsa della madre, aveva rimosso per far spazio ad un’ombra interna, ad una corazza dalla quotidianità costruita per la mancanza di punti di riferimento. Ed è anche in semplici gesti come un saluto da parte di uno strambo compagno di classe, o di un ricordo attraverso il riflesso di uno specchio o un tuffo negli abissi che Emily riesce a vivere nei ricordi e a sentire i suoi genitori vicini.

My Name Is Emily

Ciò che sorprende della piccola ed indipendente prova del regista Simon Fitzmaurice è la naturalezza con la quale il racconto si sviluppa, tra primi piani intensi e campi lunghi suggestivi, rendendo il tutto credibile e mai surreale o posticcio. Se My Name is Emily si concede a volte discorsi fin troppo filosofici e costruiti, d’altro canto li contestualizza evocando nello spettatore emozioni plausibili ed empatiche che permettono di sognare ad occhi aperti e magari rivivere il proprio passato e rendersi conto che, in fondo, siamo tutti un po’ Emily.
Titolo originale: id.
Regia: Simon Fitzmaurice
Interpreti: Evanna Lynch, George Webster, Michael Smiley, Martin McCann, Deirdre Mullins, Cathy Belton, Barry McGovern
Distribuzione: CineMAF, Tycoon Distribution
Durata: 94′
Origine: Irlanda, 2015

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