Need for Speed, di Scott Waugh

need for speed
Il film sembra tentare l’incontro impossibile tra chi persegue un cinema della verosimiglianza dei corpi, delle macchine e della conseguente distruzione, e una dimensione come quella videoludica di sostanziale immortalità e invincibilità della carne virtuale, e relative potenzialità aumentate. Lo show di puro nonsense demenziale anni '80 di Michael Keaton via webcam incorpora in sé un'anima e l'altra dell'operazione

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need for speedIl grande anacronismo alla base di Need for speed sembra voler rinnovare in maniera ovviamente semplificata e verosimilmente inconsapevole il fondamentale conflitto umano-postumano del cinema contemporaneo: l’idea di affidare la trasposizione per il grande schermo del celebre videogame di corse automobilistiche ad un asso dell’arte dello stunt com’è Scott Act of valor Waugh sembra tentare l’incontro impossibile tra chi persegue un cinema della verosimiglianza dei corpi, delle macchine e della conseguente distruzione, e una dimensione come quella videoludica di sostanziale immortalità e invincibilità della carne virtuale, e relative potenzialità aumentate. Il risultato è un film che pur facendo di tutto a livello di script per restituire e trasformare in espediente narrativo le regole del gioco di Need for speed e in generale dell’arcade (prove da superare per avanzare di livello, aumento delle capacità dei giocatori/protagonisti nell’eseguire in velocità i comandi della cpu, sfide a ostacoli e contro il tempo), si mostra poi a livello formale apertamente e con ostinazione ancorato a pretese di realismo e virtuosismo tutto analogico della messinscena delle acrobazie su quattro ruote, e simili (non a caso al drive in della sequenza d’apertura i personaggi guardano il celebre inseguimento di Bullit, non certo uno degli scontri antigravitazionali di Driven, seppure in alcuni istanti una concezione Harliniana dello stunt sembra fare capolino tra le coreografie d’auto di Waugh).

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A incarnare perfettamente la “pesantezza leggera” dell’immagine sono le intrusioni davvero da un altro spaziotempo di Michael Keaton, scatenato come uno spiritello dispettoso nel suo commento sarcastico alle vicende attraverso la sua never ending trasmissione sulle corse clandestine trasmessa via webcam: il mezzo 2.0 restituisce con tutta la potenza dello sguardo in camera ravvicinato il nonsense demenziale del corpo anni ’80 di Keaton, un ennesimo sdoppiarsi della sua multiplicity oggi orfana…

E però l’unica pecca davvero, se volessimo, imperdonabile di Need for speed è in realtà l’ingenuo tentativo di rifare il look ad un classico revenge movie su strada, che pare inseguire omaggi a capisaldi come Death Race 2000, Vanishing Point o Convoy per ritinteggiarli poi con riferimenti attuali, con il divo di Breaking Bad Aaron Paul acchittato per rimandare apertamente al driver Ryan Gosling, e la squadra multirazziale dell’officina che tenta una versione boyband della familia di Dom Toretto: forse anche tutto questo fa parte della doppia anima del film, col quadrante digitale e il motore invece ancora sporco di grasso (che rammarico che Hollywood abbia già smarrito le tracce del Niki Lauda di Ron Howard…).
Alla fine succedono cose molto più interessanti in aria che tra le carreggiate rombanti, grazie alle acrobazie in elicottero del personaggio di Benny, il pilota-navigatore dall’alto che restituisce così cinematograficamente la classica prospettiva-occhio del cielo delle visuali dei videogame.

Titolo originale: Need for Speed
Regia: Scott Waugh
Interpreti: Aaron Paul, Imogen Poots, Dominic Cooper, Ramón Rodríguez, Michael Keaton
Distribuzione: 01 Distribution
Durata: 120'
Origine: USA, 2014

 

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