Non si ruba a casa dei ladri, di Carlo Vanzina

L’affondo su Mafia Capitale va a vuoto per colpa di una mutazione di Roma che ha perso l’aggancio con le peculiarità narrative dei Vanzina, e perché non c’è davvero intenzione di condannare nessuno

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Il filone istant della sterminata biblioteca vanziniana appare puntualmente legato agli elzeviri che Enrico semina tra rubriche sul Messaggero e libri di riflessione su costume e società: da questo punto di vista la loro seconda uscita del 2016 riprende sì, come dichiarato dagli autori, il precedente In questo mondo di ladri, ma prosegue anche il tono da aggiornamento alla Seconda Repubblica del dimenticato La vita è una cosa meravigliosa, che gli era di certo superiore (a questo manca anche solo il gesto geniale di Gigi Proietti, evocato però da una battuta del film).
Il testacoda accaduto all’immaginario vanziniano è quello di dover sopravvivere oggi ad un reale che ha smarrito ogni differenziazione tra lnon-si-ruba-a-casa-dei-ladri-vincenzo-salemme-stefania-roccaa vita e la sua esasperazione (la vita è il nemico), e la sequenza in cui Carlo Vanzina rimette in scena l’infamous party a tema Ulisse torna a casa e sfida i nemici del PdL romano del 2010 in costumi da antichi greci, maiali, ninfee e armature, manderebbe in pensione decine di pagine di antropologia hipster in stile Minimum Fax, se non fosse che come spesso accade nel cinema dei fratelli non è ben chiaro dove inizi lo sberleffo e dove si fermi il modello di partenza, o anche solo come riconoscere l’uno dall’altro (la presenza di Manuela Arcuri è in quest’ottica un ribaltamento abissale del confine verità/finzione).

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Insomma, l’affondo su Mafia Capitale va decisamente a vuoto, un po’ per colpa di una mutazione di Roma che ha perso un aggancio forte con le peculiarità di narrazione dei Vanzina, e un po’ perché i due non sembrano avere davvero intenzione di condannare nessuno, in questa galleria di politici arraffoni con immancabile compagna coatta, e media borghesia col cuore grande ma costretta ad arrangiarsi con i sotterfugi per arraffare le briciole del potere.
non-si-ruba-a-casa-dei-ladri-maurizio-mattioliE’ vero, Non si ruba in casa dei ladri non ha la freschezza e la felicità di trovate di Miami Beach, ma conferma nello sguardo di Carlo ed Enrico l’unica firma della commedia all’italiana contemporanea in grado di incrociare i propri stessi riferimenti con quelli dell’immaginario più storicizzato, e il film parla la lingua di Dino Risi e Ettore Scola nel medesimo istante in cui rimanda all’inarrivabile meccanismo de I mitici o a certe truffe mascherate di Febbre da cavallo.
I Vanzina sono anche probabilmente i soli registi della loro generazione che ancora vanno al cinema a vedere i film in uscita, ma la loro versione del pacco e contropacco di American Hustle non ha però la stessa efficacia della mandrakata di David O. Russell: gli espedienti rimangono alla fine soprattutto l’abituale veicolo per la performance dei mattatori – Massimo Ghini è una sorta di intruso dalle traiettorie natalizie dell’amico-nemico Neri Parenti, Maurizio Mattioli tiene malauguratamente i freni tirati per non far perdere di tono all’apologo, Vincenzo Salemme è alla prova migliore tra quelle per la mdp di Carlo Vanzina, forse l’attore del lotto che meglio reagisce ai cambi di registro previsti dal copione.

 

Regia: Carlo Vanzina

Interpreti: Vincenzo Salemme, Massimo Ghini, Stefania Rocca, Manuela Arcuri, Maurizio Mattioli, Teco Celio

Distribuzione: Medusa

Durata: 93′

Origine: Italia 2016

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