NOVECENTO – Bernardo Bertolucci al Nuovo Sacher con Nanni Moretti

Il regista introduce a Roma la proiezione del Primo Atto restaurato dalla Cineteca di Bologna. Dedicata la proiezione ai Taviani, Bertolucci ha definito l’opera “il sogno di un film impossibile”

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Si ringraziano tutte le contadine e i contadini emiliani che hanno portato con i loro volti, con la loro esperienza, con il loro entusiasmo, con i loro canti, con la loro cultura, il contributo insostituibile alla realizzazione di questo film

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Con queste parole, impresse su Il quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, ha inizio il lungo racconto, terrificante e poetico, della prima metà del XX secolo italiano, visto sotto la luce di un grande contrasto: la storia di due ragazzi dalla diversa estrazione sociale, nati il giorno della morte di Giuseppe Verdi, a pochi minuti di distanza. Da questa emerge poi lo scontro fra contadino e padrone e il grande conflitto fra il comunismo rosso e il fascismo più nero, il primo nato sotto il sole delle campagna, e il secondo nella penombra di una chiesa umida. Assistiamo estasiati alle vicende di Alfredo Berlinghieri e Olmo Dalcò, vicende che si universalizzano e si tramutano in un poema sulla Storia italiana, scritta fra le pianure della Bassa.

Proprio ieri nella sala del cinema romano Nuovo Sacher, si è tenuta la proiezione dell’atto primo di Novecento, il grande film di Bernardo Bertolucci, che lo definisce un film concepito e montato sulla base di un’unione fra prosa e poesia (appuntamento a lunedì 23 aprile per il secondo atto).

Presentata alle 29° edizione del Festival di Cannes, si racconta che quando il regista emiliano portò la sua opera negli Stati Uniti, la Paramount gli chiese di tagliare tutte le scene con le bandiere rosse. Più di 700 tagli furono fatti a Novecento, tagli di pellicola che il Laboratorio dell’Immagine Ritrovata della Cineteca di Bologna ha recuperato e diligentemente rimontato e restaurato.
Così dopo aver esordito alla scorsa Mostra del Cinema di Venezia, il restauro di Novecento sta attraversando il Paese e ieri ha raggiunto la capitale. Prima della proiezione, Bernardo Bertolucci ha incontrato Nanni Moretti per una breve presentazione, e dopo aver ringraziato la Cineteca di Bologna e Vittorio Storaro,  ha esordito con voce da narratore, trasportando il pubblico in un’epoca lontana: “Immaginate la realtà in cui è nato il film. Il mondo era diverso perché erano tempi in cui si pensava davvero di poterlo cambiare. Si mangiava quanto e quando si voleva, si fumavano tre pacchetti di sigarette al giorno. Si esagerava ma senza accorgersene, eravamo innocenti anche se non ci sentivamo tali”.

Quando Nanni Moretti prova a fargli una domanda, Bertolucci indica il foglio in cui ha scritto il suo discorso e scherzando gli chiede educatamente di non interromperlo: “Perché perdo l’ispirazione del momento, che mi sta venendo fuori così, di getto…
Quest’atmosfera”, continua il regista riprendendo il filo, “mi dava energia, determinazione. Novecento è un film, ma è anche il sogno di un film impossibile. Ho mescolato grandi star di Hollywood con i contadini della Bassa; gli attori parlavano inglese e i contadini rispondevano in parmigiano o mantovano. Era un tempo in cui con i soldi delle major potevo comprare un’enorme bandiera rossa…c’era un discorso di contaminazione incredibile.”

Ma l’idea del film come è nata, chiede Nanni Moretti? È nata prima di Ultimo Tango a Parigi?
Era da moltissimo tempo che pensavo a un film sui contadini, ma non sapevo cosa fosse, come metterlo in scena. Inizialmente doveva essere un grande ponte sull’Unione Sovietica e gli Stati Uniti, credevo davvero di poter fare tutto. Volevo un attore russo, ma la Russia voleva prima leggere tutta la sceneggiatura. Così ho trovato Gerard Depardieu che sembrava russo, e ora lo è proprio diventato (N.d.R riferendosi alla cittadinanza russa dell’attore, concessa da Putin)“
L’incontro finisce presto e la sala applaude Bernardo Bertolucci. Prima della proiezione  di uno dei film più densi e incredibili di sempre, Bertolucci ci tiene a dedicarla “Ai fratelli, Paolo e Vittorio”.

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