Nut Job – Tutto Molto Divertente, di Cal Brunker

Il sequel di Nut Job – Operazione Noccioline migliora il ritmo e la grafica del primo episodio, ma non va oltre un modesto prodotto di intrattenimento pedagogico per bambini. In sala dal 23 novembre

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A distanza di tre anni da Nut Job – Operazione Noccioline (2014) del regista canadese Peter Lepeniotis, torna sul grande schermo lo scoiattolo viola Spocchia e la sua allegra combriccola con un sequel firmato dal connazionale Callan “Cal” Brunker (Fuga dal Pianeta Terra, 2013; The Son of Bigfoot, 2017), autore della commedia animata Arctic Justice: Thunder Squad, attualmente in produzione e prevista in uscita nel 2018 per AMBI Pictures, in cui recitano Alec Baldwin, John Cleese, James Franco, Anjelica Huston, Heidi Klum e Omar Sy. Laureato in Animazione allo “Sheridan College” di Oakville ed entrato a far parte della ToonBox Entertainment nel 2014, Brunker ha un forte background nella narrazione, avendo lavorato per studi importanti come Warner Bros., Walt Disney Animation, 20th Century Fox e Universal ed essendo stato responsabile della visualizzazione e della realizzazione di alcune delle sequenze più famose nei film d’animazione Minions (2015), Era Glaciale: Continenti alla Deriva (2012), Cattivissimo Me (2010) e Ortone e il Mondo dei Chi (2008).

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Nut Job – Tutto Molto Divertente inizia con lo scoiattolo Spocchia (con la voce di Will Arnett), il suo amico carlino Sottiletta (Maya Rudolph) e il suo migliore amico Buddy, il topo che vive nel negozio di noccioline recentemente chiuso. Il cibo è abbondante e la vita è tranquilla, fino a quando il negozio esplode a causa di uno strano incidente. Dopo che la ricerca di cibo in città si è rivelata infruttuosa, Spocchia torna a Liberty Park. Andie (Katherine Heigl) è felice che tutti gli animali vivano insieme nel parco, così come dovrebbe essere in natura. Purtroppo per Spocchia, Andie e gli altri protagonisti, il sindaco Muldoon (Bobby Moynihan), il politico più corrotto di Oakton, ha altri piani per Liberty Park. Mentre lo guarda dall’alto del suo attico, non può che constatare che il bellissimo parco non genera alcun profitto. Durante una conferenza stampa, il sindaco annuncia che Liberty Park sarà abbattuto e sostituito con “Liberty Land”, un avveniristico parco divertimenti. La figlia viziata del sindaco, Heather (Isabela Moner), sta lì con le immagini di soffici caramelle che le danzano intorno. Il suo bulldog francese, Frankie (Bobby Cannavale), è in città con lei. Mentre le ruspe del sindaco entrano, Spocchia porta gli amici a quattro zampe a combattere. Lottando insieme, gli animali riescono a battere gli operai e a fermarli, almeno temporaneamente. Ma mentre celebrano la loro vittoria, il sindaco ha altri piani: un gruppo di aggressivi disinfestatori, guidati dal malvagio Gunther (Peter Stormare), invadono il parco e iniziano a distruggere tutto. Gli animali hanno la peggio e sono costretti a ritirarsi rapidamente. Spocchia e Buddy si trovano faccia a faccia con il pericoloso Mr. Feng (Jackie Chan), un topo di città con grandi abilità nelle arti marziali. Mentre la notte di apertura del luna park si avvicina sempre più, gli animali devono unire le loro forze per fermare il sindaco e salvare Liberty Park una volta per tutte.

tnj2_047_0040_0269_previewPresentato nella sezione fuori concorso di “Alice nella Città” in occasione della 12a edizione della Festa del Cinema di Roma, il film ha incassato, nelle prime sei settimane di programmazione negli Stati Uniti, 28,3 milioni di dollari. Chiariamo subito: per approcciare alla pellicola con lo spirito giusto e trarne delle sensazioni positive è assolutamente indispensabile tentare di calarsi nella disposizione mentale e nelle capacità ricettive di un giovanissimo spettatore tra i quattro e i dieci anni. Sì, perché Nut Job – Tutto Molto Divertente può avere un senso ed una sua dignità “spettacolare” soltanto se lo si inscrive in questa speciale categoria di intrattenimento. La tecnica di animazione, in 3D con il supporto digitale, è piuttosto semplice ed artigianale, per quanto godibile e di sicuro affinata rispetto al primo episodio, con ogni probabilità una scelta consapevole degli autori che non può e non intende rivaleggiare con le scintillanti produzioni di tanto cinema animato nipponico e statunitense. Le tematiche sviluppate sono estremamente elementari e sono destinate – e confinate – ad un piano squisitamente pedagogico, senza alcun punto di contatto con la lirica potenza visionaria e le sublimi vette allegoriche dei migliori cartoon made in Japan o con le più spettacolari tecniche di composizione e di ripresa e la complessità delle caratterizzazioni – maggiormente apprezzabili anche da parte di un pubblico adulto – di buona parte dei più acclamati prodotti, fumettistici o meno, della “fucina” statunitense. Al di là di queste considerazioni che chiamano in causa una precisa strategia del team creativo, va detto che il difetto principale della pellicola lo si ravvisa in una certa tendenza all’appiattimento e alla semplificazione ad oltranza, delle immagini così come dei contenuti che queste veicolano (frutto, con ragionevole certezza, dell’apporto degli studi di Ken Duncan, artefice negli anni ‘90 del ritorno in auge dell’animazione 2D statunitense), per cui da una resa grafica curiosamente piana e bidimensionale – malgrado, appunto, il 3D – si passa ad una stilizzazione piuttosto semplicistica dei caratteri individuali e delle personalità dei protagonisti, fino ad una schematica e perentoria categorizzazione di ciò che è buono o cattivo, giusto o sbagliato, educativo o nocivo. Tutto ciò non contribuisce a mantenere viva e a stimolare l’attenzione dello spettatore adulto e, a voler essere onesti fino in fondo, neppure quella di un giovane fruitore particolarmente esigente ed acuto. L’asso nella manica che viene in soccorso, probabilmente l’unico, è piuttosto il ritmo, per larghi tratti indiavolato e sincopato, capace di strappare qualche sorriso nel pirotecnico sviluppo di alcune sequenze e di spalmare la spropositata ora e mezza della pellicola lungo un binario accidentato, a tratti “morto”, ma nel complesso “carrabile”. Apprezzabile, in ogni caso, appare lo sforzo sostenuto in cabina di regia, disegno e montaggio, di amalgamare i diversi apporti creativi – in sostanza, un workshop proveniente a vario titolo da Stati Uniti, Canada, Cina e Corea del Sud – e le sei mani impegnate nella stesura della sceneggiatura – lo stesso Brunker insieme a Scott Bindley e Bob Barlen – in un overall project piuttosto unitario e di incanalarlo in una direzione che risulta più collaudata e fluida rispetto al primo episodio.

nI messaggi, come detto, si esauriscono in una manciata di lezioni moraleggianti basiche e smussate di ogni problematicità, ma di indubbia pregnanza per un bambino che si affaccia al cinema e, soprattutto, alla vita:  l’importanza dello stare in gruppo e la forza dello spirito comunitario; l’unione, la condivisione e la suddivisione delle risorse, delle energie e dei compiti per raggiungere un obiettivo insieme individuale e collettivo; il sacrificio quotidiano e la “fatica” come antidoto al vizio, all’indolenza, al degrado del costume e – neppure tanto velatamente – al consumismo imperante; la corruzione indotta dalla corsa frenetica all’accumulo di denaro, “bestia” che infiacchisce e imbarbarisce moralmente e fisicamente, nella più facile delle identificazioni tra bruttura – anche estetica – e venalità; strettamente connessi al punto precedente, la progressiva cementificazione e lo sviluppo irrazionale dell’edilizia e dell’industria del profitto a fronte del disboscamento e della riduzione degli spazi verdi urbani. Brunker si sforza di assumere il punto di vista dei simpatici protagonisti con inquadrature view at eye level, in modo da favorire l’immedesimazione con essi dei piccoli spettatori, alternandole con vedute panoramiche del parco e della città al fine di suggerire che il luogo dell’azione altro non è che il teatro quotidiano della vita. In un racconto didattico e formativo che mostra delle tangenze con il romanzo per bambini di Susanna Tamaro, Il Cerchio Magico (Mondadori, 1994), il regista canadese stempera decisamente i toni favolistici e lirici, perseguendo piuttosto la strada di un action cartoon per intrattenere e divertire il giovanissimo pubblico. Missione riuscita solo in parte nell’economia complessiva di una pellicola che avrebbe sicuramente tratto giovamento da un maggior approfondimento, sociale e psicologico, delle tematiche tracciate e da una più calibrata suddivisione dello spazio concesso ai vari protagonisti e alle loro diverse sfaccettature caratteriali nell’ambito della comunità del parco. Piuttosto maliziosa e costruita a tavolino si rivela, infine, la scelta di accompagnare l’edizione italiana del film con il tormentone estivo del 2016 Andiamo a Comandare del cantante e youtuber milanese Fabio Rovazzi: un’operazione legittima, volta a garantire una maggiore visibilità al prodotto e a catturare fette di “popolazione cinematografica” adolescenziale, ma davvero poco in sintonia, soprattutto dal punto di vista testuale, con i messaggi e lo spirito della pellicola.

Titolo Originale: The Nut Job 2: Nutty by Nature

Origine: USA/Canada/Corea del Sud, 2017

Regia: Cal Brunker

Distribuzione: Notorius Pictures

Durata: 91’

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