OMBRE ELETTRICHE – Big in Japan: cinema e cultura pop

Produzioni con budget consistenti e trasposizioni illustri da manga e animazione. Anche il Giappone scopre la corsa al blockbuster, pur risultando l'esportazione sempre difficoltosa. Da "Casshern" a "Godzilla Final Wars" fino ai deliri ipercolorati di "Zebraman" o "Cutie Honey"

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Nell'ultimo anno e mezzo il Giappone sembra aver riscoperto il gusto per le grandi produzioni: se non in termini economici (il mercato interno non lo consente, quello estero è troppo altalenante), almeno per quanto riguarda le ambizioni. A partire dalla distribuzione di Dragonhead (fine estate 2003), si è assistito a una serie di prodotti ad alto profilo che hanno raccolto discreto credito in patria e sollevato curiosità nella comunità mondiale degli appassionati (inizia ad accorgersene anche la grande distribuzione, in ogni caso). Una parte di questo proficuo profilo è sicuramente dovuta alla vincente strategia di marketing, che punta su trasposizioni di manga o cartoni animati, appoggiandosi alla tradizionale solidità e diffusione di tutti i media disegnati rispetto al cinema dal vivo. Non a caso Dragonhead è tratto da un manga di Mochizuki Minetaro. La narrazione si apre su un orrendo incidente: un treno si schianta in una galleria. Delle decine di studenti a bordo, ne sopravvivono solo tre. Teru, un ragazzo fragile, determinato a sopravvivere; Ako, preda dello shock, impossibilitata a reagire; Nobuo, un tempo oggetto costante dello scherno dei compagni, che non riesce ad escludere l'oscurità in cui precipita, finendo con l'impazzire. Le geometrie paranoiche che si instaurano tra i tre adolescenti, costretti entro le pericolanti mura di cemento del tunnel (i primi 40' minuti costruiscono una tensione palpabile), non sono altro che il prodromo al caos sociale che Teru e Ako (in fuga dalla regressione di Nobuo), troveranno all'esterno. Tra la speculazione antropologica de Il signore delle mosche di William Golding e l'allegoria catastrofista delle pellicole post-apocalittiche, Dragonhead trova una prospettiva peculiare: non tanto una metafora del passaggio alla maturità, o un inno alla lotta dell'uomo contro una natura avversa, quanto uno squarcio di scetticismo sulla fragilità della convivenza sociale. Stranamente Iida Joji, uso a pochezze come Rasen/Spiral o incertezze come Another Heaven, costruisce un film sobrio e controllato, che ha il pregio non indifferente di instillare una reale dose di paranoia sulle sorti dell'umanità. Sempre impregnate sui destini del mondo, in chiave amara, appaiono due pellicole successive. Casshern, uscito nel 2004 e tratto da una vecchia serie animata della Tatsunoko (in Italia nota come Kyashan), tratteggia un mondo in preda al caos e alla guerra, schiavo di una burocrazia immobilista in cui si dibatte lo scienziato Azuma: sull'orlo di una grande scoperta biologica (neo-cellule in grado di rigenerare quelle malate), deve però rivolgersi ai privati. Da un incidente di laboratorio nasce una razza di esseri mutanti che si ribella all'uomo, cui si frappone il figlio del dottore, Tetsuya. L'esordiente Kiriya Kazuaki, fotografo e regista di videoclip, marito della super-star Utada Hikaru, dipinge un futuro dai toni retrò, specularmente a quanto tentato in Sky Captain and the World of Tomorrow. Visuali maestose, un uso impressionante e avvolgente della CGI, e la predilezione per i toni nostalgici non nascondono fino in fondo le sgranature di una trama tentacolare e le incongruenze di riflessioni metafisiche che trascendono nel kitsch. Devilman the Movie, dal famosissimo manga di Go Nagai, è affidato alle cure di Nasu Hiroyuki, responsabile nel passato di un'altra trasposizione eccellente (il Be Bop High School tratto da un manga di Kiuchi Kazuhiro). Invece che sfruttare l'appeal apocalittico del soggetto, le atmosfere oscuro-disperate e il contorno di umori adolescenziali (la trama vede un giovane studente entrare in simbiosi con un potente demone e opporsi all'invasione demonica che si sta abbattendo sulla terra), Nasu e la Toei sprecano l'occasione confezionando un prodotto affrettato. Le parti in (mediocre) computer grafica, per le scene in cui compaiono i demoni, offrono uno stacco troppo smaccato da quelle con attori in carne e ossa, eliminando qualsiasi possibile sospensione dell'incredulità. Gli attori sono scelti pensando più al richiamo sui teenager che alle loro qualità: bastino i due ruoli chiave, affidati ai fratelli Hisato e Yusuke Izaki, membri della boy-band Flame. Non che non si impegnino, ma il risultato è una serie di espressioni corrucciate più credibili in un videoclip che in una pellicola sull'imminente fine del mondo. Apprezzabili alcuni spunti (come la tensione tra il protagonista e il suo migliore amico), da dimenticare la sceneggiatura singhiozzante.

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Sul fronte delle megaproduzioni, non si può evitare di parlare del cinquantesimo compleanno del mostro gommoso simbolo del cinema giapponese, Godzilla, che ha festeggiato con un ritrovo in quel di Los Angeles (la zampata su una delle mattonelle di Hollywood Boulevard) e con Godzilla Final Wars, ventottesimo film della serie. Purtroppo la regia è stata affidata a Kitamura Ryuhei, autoproclamatosi alfiere della rinascita dell'action nipponico, ma più verosimilmente erbaccia da estirpare sul nascere (venerato per il risibile Versus, il nostro si è scatenato in una serie di filmetti appiccicatticci, ma sempre molto cool – almeno nelle intenzioni). Sostenuto dalla Toho, Kitamura assembla un film che non concede tregua, in cui dieci mostroni arrivano a minacciare l'umanità: solito contorno di scontri tra esseri gommosi e presenze aliene. Latita un qualsiasi sviluppo dei personaggi e la messa in scena è totalmente asservita all'impeto spettacolarizzante; c'è di buono che dalla visione si esce frastornati, quindi innocui. Molto meglio va a due narratori carismatici e ironici, che approntano due pellicole dai toni simili, ma sempre peculiari. Il genio di Miike Takashi non ha bisogno di presentazioni: il suo Zebraman è un forsennato tuffo nell'allegoria più solare. Un insegnante disilluso si fabbrica il suo costume da super-eroe, prendendo a modello la star di una serie tv cancellata anni addietro, e si tuffa nelle violente notti della sua città. Superpoteri, alieni e tattiche narrative schizzate non possono che conquistare – a chi importa si tratti di un film furbo. Su ingenuità e nostalgia gioca anche Anno Hideaki, il papà di Evangelion, ultimamente dedicatosi al cinema dal vivo (lo sperimentale Ritual, l'umorale Love&Pop), con un'altra trasposizione da Go Nagai. In Cutie Honey invece che sfruttare le nuove tecnologie (che hanno abbattuto i costi, ma che restano ancora difficili da gestire), per ricreare l'atmosfera cartoonesca Anno preferisce affidarsi a gimmicks strampalati (inserti animati, sovraimpressioni, fotografie); sforna così un film colorato, infantile, e assolutamente delizioso.

FILMOGRAFIA


– Casshern (2004) di Kiriya Kazuya


– Cutie Honey (2004) di Anno Hideaki


– Devilman the Movie (2004) di Nasu Hiroyuki


– Dragonhead (2003) di Iida Joji


– Godzilla Final Wars (2004) di Kitamura Ryuhei


– Zebraman (2004) di Miike Takashi


LINKS


http://www.japantimes.co.jp/cgi-bin/getarticle.pl5?ff20040428a2.htm (Casshern, inglese)


http://www.midnighteye.com/reviews/cutiehoney.shtml (Cutie Honey, inglese)


http://www.nixflix.com/reviews/devilman.htm (Devilman the Movie, inglese)


http://www.foutz.net/movies/dragonhead.shtml (Dragonhead, inglese)


http://www.tohokingdom.com/web_pages/m_reviews/anthony_r/gfw.htm (Godzilla Final Wars, inglese)


http://www.acdrifter.com/?page=Review&movie=Zebraman (Zebraman, inglese)


DOVE ACQUISTARE


Il dvd di Dragonhead è disponibile nella versione giapponese con sottotitoli in inglese. Cutie Honey e Zebraman sono usciti in Giappone, ma senza sottotitoli. Casshern è reperibile nella versione hongkonghese, con dialoghi in giapponese e sottotitoli in inglese, mentre Devilman the Movie è atteso per aprile nella versione giapponese (ma senza sottotitoli). DI Godzilla Final Wars ancora non si hanno notizie.


http://global.yesasia.com

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