OMBRE ELETTRICHE – Olimpiadi di sangue: "Holiday", di Yang Yoon-ho

Sullo sfondo di una Seoul blindata per le Olimpiadi del 1988, quelle della presunta democratizzazione, lo scontro tra un poveraccio che sopravvive alla giornata e un poliziotto sadico, simbolo di un potere sordo, assurge a parabola persa tra noir e politica. Il ritorno del regista dell'incendiario “Libera Me” e del marziale “Fighter in the WInd”.

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Cercare di ricostruire il passato recente della Corea del Sud non è cosa semplice: l'intrico di dittature, leggi repressive, interessi economici, pressioni esterne (la questione del Nord, le ingerenze Usa) creano una ragnatela di pudori e censure difficilmente eludibili. Anche il cinema si è sempre trovato in difficoltà nel rappresentare direttamente, con toni critici o comunque non conciliati, episodi della propria storia. Gli esempi di cinema consapevolmente politico sono pochi anche a partire dagli anni '90, quando sono crollati i regimi repressivi. Le ragioni sono molteplici, non da ultimo un istinto di autocensura preventiva che porta a evitare possibili attriti con la Legge di Sicurezza Nazionale ed epigoni ancora in vigore. La Corea del Sud vive infatti ancora sotto un costante senso di minaccia, in parte pilotato dall'alto in direzione dell'unità nazionale. La questione della sicurezza dei confini, il nazionalismo e la memoria del colonialismo giapponese guidano ancora in larga parte l'agire pubblico. Per questo anche gli intellettuali, soprattutto in un'impresa commerciale come quella del cinema, hanno difficoltà a trovare una dimensione narrativa ideale, scegliendo spesso e volentieri di trascurare o lasciare ai margini ogni affondo diretto. Gli esempi più impegnati non mancano ma sono la minoranza, come A Single Spark, di Park Kwang-Su (1995), ritratto vivido di un sindacalista che nel 1970 si uccise per protestare contro il trattamento disumano dei lavoratori, A Petal, di Jang Sun-woo (1996), che racconta tramite le violenze su una ragazza la strage di Kwanju del 1980, o The Road Taken, di Hong Ki-seon (2003), su un soldato nord coreano catturato al sud e tenuto in prigione per quarantacinque anni, nel tentativo di fargli firmare una dichiarazione in cui accettava la costituzione del Sud. La strada più praticata e praticabile resta comunque quella che mescola il contesto politico con la retorica mainstream, magari inseriti in un discorso di genere: significativi sono ad esempio The President's Barber, di Im Chan-sang (2003), che percorre gli anni delle dittature militari seguendo le bizzarre disavventure della famiglia di un parrucchiere, o Silmido, di Kang Woo-suk (2003), che rilegge in pompa magna l'episodio di un gruppo di soldati addestrati per penetrare al Nord e poi parcheggiati ad libitum per motivi diplomatici.

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In questo secondo filone s'inscrive appieno Holiday, di Yang Yoon-ho, ispirato a fatti reali ma riletti da una prospettiva a metà tra noir, thriller e dramma psico-sociale. Nell'ottobre del 1988, a Olimpiadi appena concluse, l'evasione di dodici carcerati tenne con il fiato sospeso Seoul. Sei vennero catturati subito, gli altri restarono latitanti per nove giorni. Furono ritrovati asserragliati in una casa con degli ostaggi. Nacque una trattativa, seguita da tutte le televisioni e trasmessa praticamente in diretta. Ji Kang-hun, considerato il 'leader' del gruppo, pur ammettendo le sue colpe si rivolse alle telecamere denunciando il sistema penitenziario e la giustizia coreana. Secondo le sue parole, nei processi "i ricchi sono sempre innocenti, mentre i poveri sono sempre colpevoli". Una chiara accusa contro la Legge sulla criminalità allora vigente (e definitivamente abrogata solo nel corso del 2005, quasi vent'anni dopo!), per cui un qualsiasi crimine comune, se reiterato per tre volte, portava a pene severissime. Le prigioni erano piene di povera gente che, per aver rubato anche solo cifre minime – per questione di sopravvivenza – si trovò a trascorrere tutta la vita in carcere. Yang Yoon-ho riprende l'episodio, su cui non è mai stata fatta completamente luce, esasperandolo e spettacolarizzandolo; aggiunge personaggi di finzione e, per evitare problemi, ritocca i nomi (Ji Kang-hun diventa Ji Kang-hyuk), come già successo per il potenzialmente esplosivo The President's Last Bang, di Im Sang-soo (2005), sull'attentato contro il dittatore Park Chung-hee del 1979. Motore della tragedia diventa l'attrito tra Ji e un poliziotto sadico, Kim An-suk. L'incipit vede un gruppo di picchiatori assoldati dal governo perché aiutino a radere al suolo una baraccopoli alla periferia di Seoul: gli abitanti, abusivi, devono essere dispersi. Le Olimpiadi sono infatti imminenti e la Corea vuole rifarsi il trucco in occasione della sovraesposizione internazionale. Nei tafferugli che seguono An-suk spara e uccide Ju-hwan, sfortunato amico di Ji Kang-hyuk. Cercando vendetta, l'uomo è arrestato. Essendo la terza volta che incorre nella stessa pena, viene sbattuto in galera senza troppe domande. Qui la situazione degenera perché An-suk è stato promosso a direttore del carcere e, riconosciuto Ji, non gli concede requie. Ji vuole vendicarsi e così insieme ad alcuni compagni di cella, nella sua stessa miserabile situazione, progetta la fuga. Il suo scopo diventa raggiungere il presidente della Corea e parlargli della situazione in cui versa la giustizia.

Holiday è un progetto ambizioso, che tenta di mantenere in equilibrio l'aspetto politico senza scordarsi l'intrattenimento puro. Non a caso, escludendo il sostrato di denuncia, potrebbe essere inserito nel trend di film violenti con contorno di zone d'ombra tra legge e criminalità, come già visto ad esempio in Mr. Socrates, di Choi Jin-Won (uno scapestrato allevato dalla malavita per diventare poliziotto), o in Running Wild, di Kim Sung-soo (le connessioni politiche di un boss mafioso). Le ambizioni però sono difficili da gestire, specialmente quando ci si muove su un terreno tanto delicato, che tocca nervi ancora scoperti, e Yang Yoon-ho non sembra sempre in grado di tenerle sotto controllo. Se l'impianto è infatti solido e il contesto storico di crescita liberista selvaggia credibile, meno comprensibile risulta la scelta di polarizzare la narrazione tra un Ji ingenuo, cuore puro costretto a scelte difficili dagli eventi, e un An-suk evidentemente macchiettistico, esagerato nei suoi tratti sardonici e strafottenti, da villain fumettistico. La scelta priva di realismo la struttura, annacquando almeno in parte il messaggio, trasformato pericolosamente in un mero pretesto. Nelle sue imperfezioni, nelle sue incertezze e nonostante un finale ultraretorico e strappalacrime di cui non si sentiva la mancanza (sul modello di Silmido), Holiday resta comunque coraggioso nell'innestare cinema popolare e analisi del quotidiano. Un esperimento ancora isolato, che rimane ambiguo, talvolta fuori fuoco ma – nel contesto coreano – coraggioso.

FILMOGRAFIA


paese: Corea del Sud


anno: 2006


regia: Yang Yoon-ho


sceneggiatura: Kim Hui-jae


cast: Lee Sung-jae (Ji Kang-hyuk), Choi Min-soo (Kim An-suk), Jang Se-jin, Lee Eol, Jo An, Yeo Hyun-soo, Kim Dong-hyun, Moon Young-dong


 


LINKS


http://www.beyondhollywood.com/reviews/holiday.htm (inglese)


http://www.hancinema.net/korean_movie_Holiday.php (inglese)


 


DOVE ACQUISTARE


Holiday è reperibile in dvd nell'edizione speciale coreana a due dischi. Il film è presentato nel formato 1.85:1 anamorfico, con audio coreano in Dolby Digital 5.1 e sottotitoli in inglese. Gli extra, non sottotitolati, comprendono numerose interviste, commentari e un making of, oltre al solito repertorio di trailer, foto e video musicali.


http://global.yesasia.com

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