Paolo martello: in ricordo di Villaggio

Il cinico villaggio ha chiuso prima dell’estate inoltrata, al sol della calda primavera. Si è trasferito dove può martellare indisturbato, intervallando i colpi ascoltando la voce della luna

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Non è il villaggio vacanze dei sogni, ma il villaggio Godot, non nel senso di goduria, ma di attesa, attesa della fine (vana), unitamente a quella dell’incomunicabilità e della solitudine dell’uomo moderno. Paolo martello, scrittore, attore, regista, sceneggiatore, paroliere, batte forte, con volto da caprone e con un gran nasone (e non è la fontanella romana). In Godot si vive la commedia della vita in cui nulla accade per due volte, nella vita da ragioniere (o da impiegato all’Italsider di Genova), la coazione a ripetere martella sul dolore costante, sempre presente e immutabile, che in fondo si fa sorriso, risata amara, infantile. Ma d’altronde anche il solletico eterno porta alla morte. La vita è solitudine, noia, ripetizione degli stessi gesti. Il ragioniere è metafora della condizione esistenziale: ogni uomo che si interroga, si pone delle domande, ateo o credente che sia, sta aspettando un Godot, ovvero una risposta, un qualcosa o un qualcuno che ci riveli il senso del tutto, che ci indichi il perché della nostra vita e delle nostre sofferenze, che ci dica chi siamo e perché siamo nati.

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gif critica 2Solitudine dell’uomo moderno: un uomo che ha perso qualcosa o qualcuno, che si trova senza riferimenti, in una condizione di totale rassegnazione, ignoranza e impotenza. Per di più senza riuscire a comunicare veramente con qualcuno. Morire di diabete e non curarsene, fa ridere anche ai bambini. Ecco perché anche i bambini si divertono nel villaggio della solitudine? Che meraviglia. Chi prende un pugno alla finestra per informarsi sul risultato della nazionale di calcio, chi salta in bici alla bersagliera e non si accorge che nel frattempo ha perso il sellino, chi pensa che Spadolini, dopo aver divorato la sua cotoletta panata, corra in soccorso del frustrato, chi solo per un istante sente il piacere del “vicino” “batti” per poi scoprire che si trattava del solito distante “batti lei…”. Ma non è sempre e solo un ragioniere quello che rotola, ed anche sul prezzo da pagare v’è poi da ridire (o ridere): ben mi ricordo che pria di partire, v’erano tariffe inferiori… La maschera non si scioglie con le lacrime, anzi credo portasse un elmetto in battaglia, perché smantellare le illusioni è una guerra infinita.

Paolo-Villaggio-nei-panni-di-fantozzi-e1443365331114Paolo martello ovunque sia finito, magari ascoltando la voce della luna: “Mi domandate cosa ne penso del cinema, della letteratura, della televisione. Non ne so nulla. E’ legittimo. Quello che forse lo è meno è di scrivere un’opera e, una volta finita, di non avere nemmeno idee su quanto si è scritto. Purtroppo questo è il mio caso. Non è dato a tutti di poter passare dal mondo che si apre sotto la pagina a quello dei profitti e perdite, e ritorno, imperturbabile, come tra il lavoro e il Café del Commercio. Non ne so di più di quest’opera di colui che la legge con attenzione. Non so in quale spirito l’ho scritta. Non so nulla dei personaggi se non ciò che dicono, ciò che fanno e ciò che succede loro. Del loro aspetto ho dovuto indicare quel poco che ho potuto intravedere. La birra peroni gelata per esempio. Non so chi sia Paolo. Non so neanche, soprattutto, se Villaggio esiste. E non so se ci credono o meno, i due che lo aspettano. Tutto quello che ho potuto sapere l’ho mostrato. Non è molto. Ma mi è sufficiente, e di gran lunga. Direi che mi sarei anche accontentato di meno. Quanto a voler trovare a tutto questo un senso più ampio e più elevato, da portarsi via dopo lo spettacolo, con il programma e il gelato, sono incapace di trovarci l’interesse. Ma questo deve essere possibile. Io non ci sono più e non ci sarò mai più. I miei compagni di viaggio, i loro tempi e il loro spazio, non ho potuto che conoscerli un poco, molto lontano dal bisogno di comprendere. Forse vi devono delle spiegazioni. Che se la vedano loro. Senza di me. Loro ed io siamo pari”. Ciò detto, agì da gran cialtrone, con balzo da leone in sella si lanciò, frustando il cavallo come un ciuco, tra i glicini e il sambuco il re si dileguò…

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