#PerSo2017 – Il perdono possibile nel cinema del reale

La grande questione del punto di vista di chi osserva e racconta, essenziale nel cinema del reale, è interrogata da alcuni lavori visti nella kermesse perugina tra corti, trailer e documentari

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Il PerSo inizia la sua settimana al Cinema Sant’Angelo, dove sono state inaugurate le sezioni collaterali agli Award e ai Masterpiece: Umbria in Celluloide e PerSo Short. Da segnalare prima di addentrarci in queste categorie, anche i PerSo Promo, iniziativa promossa dal PerSo e guidata dalla giuria del Premio Solinas. Nel pomeriggio domenicale la giuria si è riunita a visionare i trailer di alcuni documentari in fieri, e dopo aver discusso con i registi, ha scelto due dei progetti a cui dare 4000 euro di finanziamento. È proprio la parte dello speech che rende interessante questa iniziativa, partire dalle poche immagini a disposizione, immaginare come e dove potrebbe andare un film che ancora non esiste… Come uno dei due vincitori, Scarti, dei giovani Sara Pigozzo e Enrico Meneghelli, che hanno iniziato a documentare la vita di una comunità del Veneto isolata da sempre, dove dei ragazzi che di giorno vagliano il Po per raccogliere cozze e vongole, di notte evadono da quella strana solitudine con il loro gruppo metal, i Toxic.

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Umbria in Celluloide (documentari di cineasti umbri o ambientati in Umbria) si apre con il corto The Bride di Chiara Ortolani, e continua con Wiwanana di Jacopo Patierno, prodotto da Jacopo Fo. Il documentario racconta il progetto Il teatro fa bene: cinque italiani e un mozambicano vanno alla ricerca di cinque attori amatoriali che dal Mozambico si spostino nella Libera Università di Alcatraz per tornare poi, con uno spettacolo comico, nei loro villaggi a promuovere l’alfabetizzazione sanitaria, di modo che uomini e donne riacquistino fiducia nelle strutture ospedaliere.
Prima della proiezione serale, il pomeriggio è continuato con il PerSo Masterpiece Varichina di Mariangela Barbanente e Antonio Palumpo, la storia di Lorenzo De Santis, icona pop della Bari degli anni 80. Aver scelto un documentario dai toni dolci amari della commedia italiana come Varichina è stata sicuramente una scelta ponderata dai selezionatori, in modo di aprire adeguatamente la serata a seguire.
Il primo corto ad inaugurare la sezione PerSo Short è stato infatti One Day in Aleppo
, vero e proprio documento storico ambientato nella quotidianità della città siriana. Il regista Ali Alibrahim riprende con dovizia uomini che danno degna sepoltura ai morti giornalieri, bimbi che

Varichinagiocano negli scheletri delle macchine e dipingono le mura della città disegnando Smile già feriti e ammaccati. Le riprese fatte col droide che sorvola la città o quel che resta di essa, restituiscono uno scenario apocalittico, davanti però abbiamo l’attualità più nuda e oscena.

The Unforgiven, del danese Lars Ferdballe-Petersen, è il terzo Award del festival. Il non perdonato in questione è Esad Landzo, ex guardia carceraria durante la guerra civile jugoslava degli anni 90. Non ancora maggiorenne Esad viene mandato dal proprio Paese a lavorare come guardia nella prigione bosniaca di Celebici, con l’ordine preciso di fare ai prigionieri tutto ciò che a lui e ai suoi colleghi passava per la testa. Petersen affronta questa storia dal punto di vista del carnefice, di Esad, che dopo aver scontato 10 anni di prigione, torna a una vita che non riesce a vivere, a causa del suo passato da torturatore e omicida. Esad decide allora di mettersi in contatto con le vittime che lo ricordano come il più terribile degli aguzzini. The Unforgiven non cade mai nel morboso e lascia campo fertile per molti quesiti: qual è il limite della cattiveria umana? Esiste realmente questo limite? Ognuno di noi può esser certo che, trovandosi nella stessa posizione del giovane Esad, non avrebbe fatto lo stesso?
In fondo, anche a sentire il regista durante l’accesso dibattito a seguito della proiezione, Esad era solo un giovane scapestrato, preso nelle grinfie del potere proprio quando era più debole e malleabile. Le riprese asciutte ed estremamente realistiche di Petersen ritraggono volti che hanno ancora addosso i segni di quella guerra, a partire da quello di Esad stesso, dei suoi genitori, ma anche dei luoghi che sembrano non aver dimenticato. Ma oltre ad avere il pregio di riportare a galla un conflitto lasciato nell dimenticatoio, The Unforgiven presenta come una piccola lacerazione in se stesso, che va al di là della vicenda che osserviamo, uno squarcio che si apre: Esad è davvero pentito? Qualcosa di estremamente formale in lui e nella messa in scena del documentario stesso ci affascina e ci lascia interdetti. Al di là del fatto (fondamentale) che Esad è stata la sola guardia a voler chiedere scusa, The Unforgiven pone in gioco la grande questione del punto di vista di chi osserva e racconta la vicenda, questione essenziale nel cinema del reale.

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