PESARO 2003 – La mostra si è conclusa, proviamo a tirare le somme

La direzione Spagnoletti si sposa con un paradosso di natura nostalgica. Questi sta nel netto consolidarsi in nuce della kermesse pesarese come rassegna di carattere quasi classicista. Sembra infatti che, in questi ultimi anni, il cinema più interessante e innovativo visto a Pesaro risieda proprio nella calda sicurezza delle opere di retrospettiva

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Per Giovanni Spagnoletti non c'è soluzione di continuità tra la politica e il cinema. Due pianeti che sembrano attrarsi e orbitare mantenendosi in vita reciprocamente. La politica, come il cinema d'altronde, è il tentativo di ricostruire, dunque di (ri)mettere in scena, quindi di conferire un ordine alla vita. Ma quando questo ordine governativo, quando questo mondo sembra scartare di lato per slittare nelle vastità coltivate dall'indecenza, allora viene spontaneo cercare un assetto che sappia restituire, o quantomeno suggerire la giusta orizzontalità, risalendo a ritroso le scoscese dorsali con ogni attrezzo possibile. Uno di questi marchingegni per molti risiede nella possibilità intrinseca del cinema di conferire ai cascami dell'esistenza, della società, una veduta che rispecchi il più possibile la nostra personale messinscena. Chi/cosa meglio dell'arte e del cinema può fare questo? Un rispecchiamento a dire il vero che sovente può certificare una sorta di sopravvalutazione del mezzo, o peggio una responsabilizzazione non richiesta, ma sono i rischi che l'arduo impegno di una militanza, in questo caso festivaliera, si porta con sé.

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Responsabilità, dicevamo, che quest'anno è stata veicolata senza dubbio dalle opere sempre ostinate e rigorose di un indipendente come John Sayles e, soprattutto, dalla scelta sempre indipendente del giovane cinema francese. Così, l'occhio dell'indipendenza cinematografica (o meglio, quello della Mostra sulla stessa), ci ha restituito la disastrata sagoma di uno scenario sociale in costante panne. Ma da meno non è stata la scelta delle altre opere, pensiamo a L'angelo della spalla destra di Djamshed Usmonov, a Kamchatka di Marcelo Pineyro, o per tornare alla Francia, a La raison du plus fort di Patric Jean.  "Il cinema ci piace militante", è questa la frase più volte ripetuta dallo stesso Spagnoletti. Ce n'eravamo accorti già l'anno scorso (e lo avevamo rimarcato in questa sede) con la scelta del nuovo cinema spagnolo, o prima ancora con quello giapponese, dove la spiacevole dimenticanza di cineasti dell'oltrecinema come Tsukamoto Shinya o Takashi Miike, ci avevano messo un po' in allerta. Un all'erta, ben s'intende, che faceva e fa impallidire e soffrire solamente la parte più mélièsiana del nostro cuore cinematografico.


Detto questo, bisogna aggiungere altresì che la direzione di Spagnoletti si accompagna e sposa con un paradosso divertente e infondo di natura nostalgica, retroattiva. Questi sta nel netto consolidarsi in nuce della kermesse pesarese come rassegna di carattere quasi classicista. E, per un festival che ha sempre ambito affacciarsi sulla ribalta dei nuovi movimenti cinematografici, questo non è poco. Sembra infatti che, almeno in questi ultimi anni, il cinema più interessante e innovativo visto a Pesaro (a parte le eccezioni) risieda proprio nella calda sicurezza delle opere di retrospettiva. E' su queste diramazioni verso il passato infatti, che la mostra pesarese sembra finalmente affrancarsi dai suoi precipitati vérité, per approdare, non volendo, al cinema più innovativo e prezioso possibile. E' il caso di Rybczynski, di Olmi, di Alain Flescher, ecc. Non dimenticando nomi più recenti ma che rappresentano sempre una esigua parte nell'economia del festival, parliamo di Romuald Karmakar, Jay Rosenblatt, Sthepen Dwoskin, per menzionarne alcuni. Se per fotografare una società nel suo (dis)farsi si ha per forza di cose bisogno di una macchina da/con presa contemporanea, sempre attenta, contestante, come già detto, militante, per fare semplicemente del cinema basta invece un po' di immaginazione e un corso di magia. Questa l'impressione e la lezione ricevute dalla sempre interessante Mostra di Pesaro.

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