#PesaroFF53 – Tavola Rotonda. Omaggio a Roberto Rossellini

#PesaroFF53 ha ospitato la Tavola Rotonda omaggio a Roberto Rossellini. Interventi di: A. Aprà, F. Baglivi, E. Dagrada, V. Fantuzzi, R. Rossellini, P. Spila, B. Torri, R. Turigliatto.

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Nei quarant’anni dalla scomparsa di Roberto Rossellini, la 53esima edizione della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro dedica al regista un ricchissimo omaggio: dalla visione di cinque pellicole che in qualche modo segnano la periodizzazione standard della sua filmografia, alla mostra fotografica sul set de Il generale Della Rovere fino alla lunga e articolata “tavola rotonda”. Quest’ultima ha visto alcuni dei maggiori esperti del suo cinema confrontarsi su tematiche, fili conduttori, ricezione critica, contemporaneità e proposte educative per chi non ha potuto vivere il suo periodo storico. Il critico e curatore della retrospettiva Bruno Torri ha ricordato lo straordinario apporto del cineasta proprio al Festival di Pesaro. Durante le prime tre edizioni, Rossellini si servì della sua fama, più che mai viva anche al di fuori dei confini nazionali, per coinvolgere figure come Enrico Fruttignani, Responsabile Cultura UNESCO, riuscendo a cementificare molta della fiducia che pubblico ed esperti nutrono ancora oggi per l’evento.

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Credo che si lamenterebbe di come il cinema è diventato. Mi ha insegnato ad impegnarmi, a odiare e ad arrabbiarmi con i prepotenti, a difendere i deboli. Guardava alla fragilità delle donne come un grande valore. È l’unico a non averle mai riprese nude”. Renzo Rossellini, erede fisico e culturale del cineasta, nonché co-firmatario delle sue ultime regie, ricorda il personalissimo rapporto del padre colla sua filmografia: “Lui estendeva il famoso primo periodo a Germania anno zero. Credo di avergli sempre chiesto il perché delle cose, almeno fino ai 25 anni. Ad esempio gli domandai il perché di girare in una Berlino distrutta e lui mi rispose che ne aveva pietà. Voleva perdonare. Aveva l’ambizione gigantesca di cambiare le cose; voleva un mondo di pace. L’Europa doveva e dovrebbe servire a questo. Oggi se fosse vivo direbbe che è ridicolo non avere una Costituzione Europea (…) Molte volte capitavano retrospettive in suo onore e lui non ci andava. Una volta gli chiesi il perché e lui mi domandò se avessi mai scritto una poesia d’amore e se l’avessi mai riletta. Io gli risposi che sì ne avevo scritte, ma mai rilette e a quel punto mi disse che riguardare i suoi film per lui era esattamente la stessa cosa (…) I suoi film “fascisti” (La nave bianca, Un pilota ritorna, L’uomo dalla croce) in realtà non furono mai accettati dal regime. In tutti e tre si mise dalla parte delle vittime. Purtroppo la situazione durante la guerra fu critica. Aveva una famiglia, doveva mantenerci; fummo addirittura sfollati e io uscì da quel periodo parecchio malnutrito”.

Braccio destro di Bruno Torri, Adriano Aprà è autore del volume “Il mio metodo”, un minuzioso resoconto sul Rossellini uomo e regista: “Il periodo dei film storici era per lui il più importante. Gli altri li definiva “film dell’illusione”. Dopo l’approdo in tv, si rese conto di aver trovato il miglior strumento di diffusione della conoscenza. L’audience era altissimo, ma c’erano difficoltà pratiche: i film venivano mandati in onda in bianco e nero, una sola volta, in un formato diverso dall’originale e recensiti dai critici televisivi. Ricordo di aver visto degl’appunti tecnici di Rossellini sull’idea di fare dei film-cassetta (cassette a doppio lato vendibili in edicola). È morto troppo presto per capire che il suo era un pensiero visionario, che si sposa sia con il DVD che con il web. Dico questo perché i suoi film televisivi, in apparenza semplici, sono in realtà molto complessi. In primo luogo adottano una forma primitiva, vicina al cinema delle origini e considerata retrograda negl’anni ’70. Inoltre le inquadrature vanno contro quella che doveva essere la funzionalità didattica; si possono esaminare e discutere in un aula e questo è possibile solo grazie all’home video o ancora di più alla Rete”.  Su questa scia si inserisce Piero Spila, codirettore di Cinecritica e vice presidente della Sncci: “Sarebbe insoddisfatto dell’uso banale che si fa del web; l’approfondimento, più che mai connaturato nel mezzo, viene ridotto al nulla. Ricordo che Jean-Luc Godard disse che Rossellini era in anticipo di vent’anni rispetto ai suoi colleghi”. Anche Roberto Turigliatto, critico e fondatore di Movie Club, evidenzia, attraverso uno scritto originale, la straordinaria ammirazione che Godard nutriva per Rossellini. Inoltre, accompagnato dalle parole di Elena Dagrada, riporta alla memoria l’importanza che Roma Città Aperta ebbe all’occhio delle politiche estere. L’Italia non era il paese del razzismo, del fascismo; usciva dalla guerra distrutta, proprio come la maggior parte dei territori europei

Virgilio Fantuzzi ricorda la partecipazione di Rossellini come Presidente di Giuria a Cannes, un’edizione quantomai discussa:”Mi disse di aver accettato solo dopo che gli avevano garantito un convegno di psicologi e sociologi sull’influsso del cinema sulla collettività. Lì per lì non compresi la scelta. Tuttavia, non si limitò a questo, ma impose addirittura che la Palma d’oro fosse l’unico premio assegnabile. Il direttore di quell’anno si rifiutò di leggere pubblicamente la notizia, cosa che fece lo stesso Rossellini. La prima caratteristica che mi viene in mente quando penso a lui è il suo spirito utopista. Quella di Cannes fu una vera e propria battaglia”. A questo proposito Aprà ricorda che la scelta del vincitore ricadde su Padre Padrone, dei Fratelli Taviani; un film prodotto dalla televisione, in assoluta aderenza con il fastidio di Rossellini verso le restrizioni produttive. Continua Fantuzzi: “Alessio, il figlio di Renzo, sta girando un documentario sui discendenti di Rossellini. Quando mi hanno chiesto quale eredità avesse lasciato ho risposto dapprima le opere cinematografiche ma soprattutto la loro compattezza. Per quanto Martin Scorsese dica che R. inventò tre tipi di film, per me girò sempre la stessa pellicola seguendo una soluzione di continuità. C’era inoltre un’idea centrale: la lotta dell’uomo per la libertà. Ho scelto un’immagine emblematica del suo cinema, ossia la Bergman in Giovanna d’Arco al rogo che dice, con la sua voce originale: “Ho spezzato le catene”. Rossellini visse una lotta titanica sia col cinema che con la sua vita”.

Fulvio Baglivi, autore delle cosiddette “schegge”, pillole di cinema rosselliniano mostrate prima delle proiezioni, ha ammesso di aver accettato subito la sfida. “Anzitutto era un’occasione per rivedere i film di Rossellini. Lui era l’antidivo per eccellenza perché non è mai stato consolatorio”. I montaggi di Baglivi prendono il nome di 10 100 1000… a sottolineare la realtà del lascito del cineasta.

 

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