"Pesi leggeri" di Enrico Pau

Nonostante il concentrarsi dell'azione all'interno delle dinamiche di un film sulla boxe, il match si svolge altrove. Non è il ring il centro magnetico della vicenda, esso, anzi, rimanda verso l'esterno. E non sono neanche i due pugili i veri protagonisti, destinati ad uno spazio limitato nell'economia di volti e storie che compongono l'umore del film.

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Attingendo al mosaico di aneddoti, suggestioni e caratteri riuniti nel documentario girato precedentemente, Storie di pugili (ricordo e ricostruzione degli anni d'oro dei boxeur sardi), il regista Enrico Pau riannoda i fili della delusione e della tenacia nella realtà attuale della periferia di Cagliari in cui lo strisciante senso di sconfitta non riesce a seppellire il bisogno di rivincita. "E' dalla cornice che parte il film", sostiene il regista, ma quella che lui chiama cornice è già il film, che si espande sul presunto soggetto del quadro rendendolo punto di fuga di motivi contemporaneamente germinanti e trainanti della storia.

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La preparazione di un incontro tra i ragazzi più promettenti è infatti solo la risultante di vettori esterni che si dimenano inseguendo traguardi lontani. Non è il ring il centro magnetico della vicenda. Esso, anzi, rimanda di continuo verso ciò che c'è fuori, verso gli spigoli di una vita priva di un perimetro geometrico riconoscibile. E non sono neanche i due ragazzi i veri protagonisti, destinati ad uno spazio limitato nell'economia di volti e storie che compongono l'umore del film. Essi, piuttosto, si fanno catalizzatori o peggio tubi di scarico dei sogni e delle frustrazioni degli altri personaggi, ispessendone il ruolo e frantumando il processo empatico. Non c'è un eroe per cui tifare, tutti sono impegnati in una battaglia i cui colpi non sono quelli secchi e irriducibili dei pugni, ma quelli ruvidi e invisibili del disagio, dell'attrito con la vita. Pesi definiti leggeri perché immateriali come le parole ma, al contempo, gravi come le sillabe isolate di un dialetto sincopato e aspro che si dispongono stridulamente in battute pronunciate a fatica. E' la fatica di armonizzarsi con un ambiente inospitale, incapace di accogliere perché incapace di risolvere il conflitto che lo caratterizza.


La libertà e l'espansione interrotte dei personaggi si rispecchiano e soprattutto si nutrono del contrastante paesaggio cagliaritano in cui l'energia degli orizzonti sconfinati sbatte contro l'insensibilità monolitica del cemento edilizio. Il film inizia proprio con questo panorama: il mare aperto a sinistra e la periferia degradata a destra, e, al centro, Nino, il giovane pugile, che corre schiacciato tra le due spinte avverse. Ma sia nell'immensità travolgente della natura che nella corruzione viscerale dell'urbanizzazione si avverte un senso di desolazione in cui si gonfiano bolle di solitudine vischiosa che si attacca ai corpi nonostante il loro disperato tentativo di fendere l'immobilità. Realtà differenti sono costrette a lambirsi in una sorta di segregazione coatta (come i pugili e i ballerini nella palestra) cercando un contatto che tuttavia finisce per ammaccarsi sotto i colpi della frustrazione di una lotta continua, più crudele di un incontro di pugilato perché ostinata nella reiterazione di fendenti violenti, sì, ma non abbastanza da mandare k.o.


 


Regia: Enrico Pau
Sceneggiatura: Enrico Pau, Maria Grazia Perria, Aldo Tanchis
Fotografia: Gian Enrico Bianchi
Montaggio: Carlotta Cristiani
Musica: Giovanni Venosta
Scenografia: Anna Maria Donatella Sciveres
Costumi: Francesca Leondeff
Interpreti: Claudio Morganti (Claudio), Anna Scaglione (Sara), Davide Delogu (Giuseppe), Carmine Recano (Nino), Emanuela Cau (Maddi), Vanni Fois (Trudu), Piero Marcialis (Melis), Gianpaolo Loddo (Perso), Maurizio Saiu (Marco)
Produzione: Nadia Grippolo per Blu Film
Distribuzione: Lantia
Durata: 85'
Origine: Italia, 2001


 

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