Petit Paysan – Incontro con Hubert Charuel

Il regista ha raccontato le genesi del film su Pierre e le sue mucche, nato da una frase materna e dal senso di colpa per non aver seguito le radici contadine della famiglia. In sala dal 22 marzo

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Pierre (Swann Arlaud) è un giovane allevatore, amante della terra e delle sue mucche. Quando un’epidemia vaccina colpisce i suoi animali, Pierre fa di tutto per salvarli dal principio di cautela, che  prevede, per precauzione, lo sterminio di tutta la mandria. Nei cinema dal 22 marzo Petit Paysan (trad. piccolo agricoltore) è stato presentato alla Semaine de la Critique del Festival di Cannes 2017, ha vinto il Premio César per miglior opera prima (e miglior attore e miglior attrice non protagonista) e il Premio Foglia d’Oro al Festival France Odeon di Firenze. Il regista Hubert Charuel, ha incontrato stamane i giornalisti romani, e nella bella atmosfera dell’Istituto Francese ha raccontato la genesi del suo film: “Noi seguivamo tutto alla televisione e ricordo benissimo la sera che mia madre, davanti alla televisione, disse: ‘Se uccidono le mie vacche, io mi suicido’. Mia madre amava moltissimo i suoi animali, proprio come Pierre, il protagonista del mio film. Devo ammettere inoltre che ho girato questo film anche per sbarazzarmi del senso di colpa di non aver rilevato l’azienda di famiglia, spezzando la tradizione e decidendo di far il regista invece che l’agricoltore. Il mio è un film sulla famiglia, sia per il rapporto del protagonista con i genitori che per quello con la sorella veterinario (ma anche per quello che ha con le mucche).  Non a caso l’ispettrice sanitaria che viene a controllare il latte è interpretata da mia madre, il padre di Pierre è mio padre e il vecchio vicino di casa è mio nonno. E la fattoria dove ho girato è quella dei miei genitori, che ora non è più in attività”.

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Fra i temi trattati dal film emerge anche quello della tutela dell’agricoltore, che una volta trovatosi senza animali è totalmente abbandonato a se stesso, senza ricevere reali aiuti economici: “Il problema” spiega Charuel “è la mal distribuzione degli aiuti economici. Questo fa si che i giovani contadini non si sentano davvero incoraggiati, perchè c’è disuguaglianza nella distribuzione dei soldi. I contadini amano il proprio lavoro che però non viene abbastanza valorizzato. Il problema vero ultimamente è che nel nostro tipo di società è richiesta sempre più produzione a minor prezzo, di conseguenza l’agricoltore è diviso fra la grande passione e la paura di non farcela. La situazione in cui si trova Pierre invece è una delle situazioni più temute da parte dei contadini. Questo perchè quando ti ritrovi senza animali ci sono diverse conseguenze: ti fanno credere che arriverà l’indennizzo ma questo non succede. Oppure ti arriva dopo 4-5 anni ma nel frattempo per mantenere la tua fattoria ti sei indebitato fino al collo. Una volta arrivati i soldi inoltre, non è detto che riesci a farcela perchè  devi ricominciare da capo, riformare la tua mandria dal nulla etc etc. Per questo io ho voluto mostrare il lato eroico dei contadini che lavorano 24 ore su 24 con grande amore…quando mi sono iscritto alla scuola di cinema mi vergognavo delle mie origini, perchè venendo da una famiglia di contadini avevo paura che tutti pensassero che ero meno colto. Questa è sempre stata l’opinione sui contadini. Oggi le cose stanno cambiando, essere contadini è diverso, anche perchè, fortunatamente, l’amore per la natura sta andando di moda.

Petit Paysan è un film pro veggy o pro vegan? Il mio filmcontinua il giovane regista che viene portato su questa stradanon è un film sul veganesimo o sul vegetanariesimo, Pierre ama gli animali ma mangia la carne, come me, come mia madre che adorava le sue mucche ma una volta all’anno ne uccideva una, e la sua carne bastava per tutto l’anno a venire. In realtà da questo punto di vista il rapporto dell’agricoltore con gli animali è ambiguo e interessante, li ama moltissimo ma poi li uccide. In ogni caso io penso che il problema vero oggi sia quello delle logiche produttive massicce volte al consumo umano. La maggior parte delle volte la grande quantità di carne prodotta viene buttata perchè supera la data di scadenza. Io credo che non si possa bloccare la produzione di carne ma che si debba regolare, e devo dire che negli anni c’è una maggiore presa di coscienza del legame fortissimo che c’è fra l’animale e l’uomo.

Il legame, l’amore e la lealtà verso i suoi animali sono i temi portanti del film, e nella sua opera prima, Charuel ha effettivamente dato alle mucche il ruolo delle attrici non protagoniste: “Far recitare gli animali non è mai facile, io ero avvantaggiato perchè ho esperienza. Abbiamo lavorato nel rispetto degli animali, sul set c’erano veterinari, esperti di dressage, c’era mia madre…lei conosce molte tecniche per comunicare con le vacche, per far adagiare una mucca senza bisogno di tranquillanti o che. La più facile è quella di piegarle una zampa per farla sedere.
Il regista ha concluso raccontando che molti produttori hanno rifiutato il film dicendo che le mucche non sono sexy: “Ma Swann Arlaud si, rispondevo io! A parte gli scherzi, il film ha incontrato delle difficoltà all’inizio, io volevo mischiare il thriller con il fantastico e con la commedia, cercare di trovare una sorta di humour nero. Non era affatto facile. Poi però abbiamo pensato che molti spettatori avranno avuto dei parenti contadini e in Francia c’è una trasmissione, L’amore è nel prato, sugli agricoltori che cercano l’amore…fa moltissimi ascolti! (il nostro Il Contadino Cerca MoglieHo pensato che quindi il film non poteva andare così male”

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