Photographed by Michael Ballhaus

C’è un Ballhaus iperrealista, uno decadentista, ce n’è uno minimalista e un altro che è pienamente ascrivibile alla tradizione tedesca espressionista. Omaggio al direttore della fotografia

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La prima volta che lessi il nome di Michael Ballhaus fu nei titoli di coda di Quei bravi ragazzi, che senza troppi giri di parole rientra a pieno titolo in una mia ipotetica classifica dei dieci film della vita. Ricordatevi il finale: Ray Liotta ha tradito i suoi amici all’FBI, ma non si è redento. Lo ha fatto per evitare la galera, non perché si sia pentito. Così alla fine guarda in macchina e la sua voice over dice: “Ora non mi diverto più. Passerò il resto della mia vita come uno stronzo qualsiasi”. Parte My Way nella versione punk di Syd Vicious, mentre in un flashback allucinato il folle Joe Pesci spara al pubblico citando La grande rapina al treno di Potter – ma questo lo avrei saputo qualche anno dopo. Lo schermo diventa nero. Syd Vicious urla. E poi il primo credit che si legge è Director of photography Michael Ballhaus. A pensarci bene è un’anomalia vedere il direttore della fotografia come primo nome nei titoli di coda. Forse Martin Scorsese voleva in questo modo rendere quasi un piccolo omaggio d’autore al suo collaboratore e amico. Con il regista italoamericano Ballhaus ha firmato sette film, tutti notevoli: Fuori orario, Il colore dei soldi, L’ultima tentazione di Cristo, Quei bravi ragazzi, L’età dell’innocenza, Gangs of New York (immagine in alto), The Departed. Anche se un paio di questi titoli sono dei kolossal, ho sempre avuto la sensazione che con Ballhaus il cinema di Scorsese fosse più “semplice”, intenso, forse anche più veloce. Privato degli sperimentalismi di Robert Richardson – cinematographer straordinario, ma estremamente elaborato, che con Scorsese ha vinto non a caso due Oscar, laddove Ballhaus ha sempre mancato il riconoscimento – lo stile scorsesiano con il direttore della fotografia tedesco sembrava lavorare su una sfera maggiormente indipendente ed europea. Del resto Ballhaus era un berlinese nato in pieno Terzo Reich (1935) e che a Berlino ha deciso di tornare prima di lasciare questo mondo a 81 anni. Nel mezzo due grandi nomi: Rainer Werner Fassbinder e, appunto, Scorsese. E poi quattro film con Mike Nichols, due con Frank Oz e ancora Barry Levinson, Schlondorff, Alexander Kluge.

Già negli anni 70, in piena esplosione del Nuovo cinema tedesco, la collaborazione con Fassbinder assume i contorni del mito. Inizia con Whity, per proseguire con Attenzione alla puttana santa e Le lacrime amare di Petra Von Kant. In appena dieci anni gira con il bulimico Fassbinder altrettanti film, tra cui Il diritto del più forte, Despair, Il matrimonio di Maria Braun. A quanto pare sul set era velocissimo e riusciva a creare visioni complesse con budget risicatissimi. Nel vedere le immagini firmate da Ballhaus si percepisce il fascino di un artigianato novecentesco e di un’umiltà assoluta. Era davvero capace di fare qualsiasi cosa e di illuminare qualunque genere cinematografico: il noir, il gangster movie, il melodramma, il film in costume, la commedia, il documentario. Poteva passare dalle influenze caravaggesche alle essenzialità periferiche e grezze del cinema anticonformista. Forse per questo c’è un Ballhaus iperrealista e un altro decadentista, ma ce n’è anche uno minimalista e un altro che è pienamente ascrivibile alla tradizione tedesca espressionista.


Credo che l’idea sia la cosa più importante di tutte. L’esecuzione è molto più facile

 

Cinque Visioni di Michael Ballhaus

Le lacrime amare di Petra von Kant (R.W. Fassbinder, 1972)

Le lacrime amare di Petra von Kant (R.W. Fassbinder, 1972)

 

Fuori orario (M. Scorsese, 1985)

Fuori orario (M. Scorsese, 1985)

 

Dentro la notizia (J.L. Brooks, 1987)

Dentro la notizia (J.L. Brooks, 1987)

 

Una donna in carriera (M. Nichols, 1988)

Una donna in carriera (M. Nichols, 1988)

 

Dracula di Bram Stoker (F.F. Coppola, 1992)

Dracula di Bram Stoker (F.F. Coppola, 1992)

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