Piccoli crimini coniugali, di Alex Infascelli

Ritornato alla fiction, Infascelli trova nei corridori angusti di un appartamento dell’EUR, il palcoscenico ideale per incanalare il suo desiderio punk di costruire una macchina anti-borghese

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Dopo un incidente domestico, un famoso scrittore di gialli torna a casa, dall’ospedale, accudito da sua moglie. Completamente senza memoria, l’uomo dovrà affidarsi alle parole e ai ricordi della sua compagna per ricostruire la propria mente e se stesso. Ma la donna sta dicendo la verità? E la sua memoria è davvero persa in un oblio confuso? Alex Infascelli, dopo la sbornia kubrickiana del documentario S is for Stanley, torna al cinema di fiction portando sul grande schermo la fortunata pièce, del francese Eric-Emmanuel Schmitt, Piccoli Crimini Coniugali. Per la sua provenienza geografica e per la sua struttura narrativa, sin dalle prime schermaglie tra i due protagonisti, il pensiero dello spettatore corre inevitabilmente a paragoni con le recenti pellicole di Roman Polanski, con cui il film di Infascelli condivide molto di più che una semplice impostazione narrativa. Probabilmente “l’omaggio” del regista è arrivato automaticamente, ma la lotta virulenta tra i due personaggi senza nome si muove su traiettorie che replicano la confusione dei ruoli vittima – carnefice (o meglio mistress/master-slave) della Venere in pelliccia, in un remake in piccolo del gioco al massacro messo in piedi nell’appartamento newyorkese di Carnage. Ed è proprio dal film tratto dall’opera di Yasmine Reza che Infascelli respira la stessa atmosfera apocalittica, ricostruendone il meccanismo distruttivo anti-borghese.

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Ritornato da una carriera dilatata da alti e bassi, il regista romano sembra trovare nei corridori angusti di quest’appartamento/prigione dell’EUR, il palcoscenico ideale per incanalare il suo desiderio punk di distruggere le ipocrisie di legami con parole/istituzioni stantie come Matrimonio, Coppia, Amore etc. Da questo punto di vista, più che la messa in scena della pièce, spesso appesantita da trovate registiche più appariscenti che efficaci (il flashback simulato), risulta geniale la scelta dei due protagonisti. Il casting di due nomi “altisonanti” come Sergio Castellitto e Margherita Buy potrebbe sembrare una mera trovata commerciale. Eppure, l’idea di vedere due simboli del nostro cinema “migliore”, sporcarsi in questa danza macabra sui resti del loro matrimonio perfetto, ha una forza concettuale disturbante. Grazie alla loro ossessione, alla loro estremizzata voglia di mostrarsi insopportabili, alla loro capacità di trasformare l’affettuosa confidenza in disgustosa promiscuità (formaggi presi con le dita, gabinetti non scaricati, vomiti simulati) i due mettono in gioco la propria immagine “istituzionalizzata” per accentuare la deflagrazione dell’ordigno esplosivo di Infascelli. Piccoli Crimini Coniugali, con i suoi dettagli minuziosi (basta guardare la composizione delle librerie) e i suoi limiti grossolani, diventa il miglior ritorno “all’orrore” di un regista che ha trovato, finalmente, la giusta ricetta per far convivere la sua ambizione sfrenata con obiettivi artistici davvero riusciti.

 


Regia: Alex Infascelli

Interpreti: Sergio Castellitto, Margherita Buy
Origine: Italia, 2017
Distribuzione: Koch Media
Durata: 85′

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