Pier Paolo Pasolini 1922 – 1975 – Il poeta profetico (1° parte)

Friulano d’origine, oggi a 40 anni dalla morte è seppellito nel “vecchio borgo grigio” di Casarsa. E’ stato un poeta capace di lucide analisi e sconcertanti profezie. Il nostro profilo in 3 parti

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Scandalizzare è un diritto. Essere scandalizzato è un piacere e chi rifiuta il piacere di essere scandalizzato è un moralista.
Pier Paolo Pasolini, intervista del 31 ottobre 1975

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Pier Paolo Pasolini oggi riposa a Casarsa della Delizia, il vecchio borgo grigio solcato dal Tagliamento. La tomba di Pasolini è accanto a quella della madre ed è stata disegnata dall’architetto Gino Valle. Il corpo del poeta è quindi ritornato al suo Friuli, dopo quella notte di quarant’anni fa, ancora largamente avvolta nel mistero.
La vita di Pier Paolo Pasolini è stata variamente raccontata, interventi, volumi, biografie, analisi critiche e politiche della sua opera, non disgiunta dalla sua vicenda artistica poliedrica e multiforme, irriducibile ad una mera elencazione di opere scritte e cinematografiche, tanto frammentata è stata la sua produzione e tanto ricco l’atteggiarsi di questa instancabile speculazione. Ecco le ragioni per cui l’opera del poeta friulano sembra non possa essere dominata, perché intensa la sua produzione, “…aveva una ferrea disciplina di lavoro. Sparpagliati sul suo tavolo si trovavano invariabilmente due o tre sceneggiature che portava avanti contemporaneamente, una traduzione, mettiamo dal greco, che doveva consegnare entro una certa data o a cui si applicava per mantenersi in esercizio, gli articoli che scriveva per i giornali e il romanzo a cui stava lavorando.” Le parole dell’amico Mauro Bolognini

restituiscono il febbrile lavoro di Pasolini, quell’incessante desiderio di manifestare il suo pensiero, quell’interventismo culturale che non avrebbe più trovato eguali in un’Italia che

andava formando le sue strutture di pensiero collettivo proprio negli anni in cui la figura dello scrittore e polemista si andava diffondendo, diventando esempio di intellettuale d’avanguardia, ma nello stesso momento difensore di valori antichi e tradizionali. Fu proprio questa apparente profonda contraddizione a segnare l’opera di Pier Paolo Pasolini e a segnare quel suo progressivo isolamento sia a destra. là dove i suoi valori non potevano essere condivisi, sia a sinistra, là dove rispetto a quei valori la prova sembrava quella del loro superamento, sia dalla Chiesa che non poteva condividere il profilo più liberamente ispirato dalla “sincerità e la necessità” della “rappresentazione dei corpi e del loro simbolo culminante, il sesso”. È proprio l’apparente contraddittorio atteggiarsi della poetica pasoliniana a dimostrare il senso della complessità che la sua opera ha avuto, ed è proprio questa varietà di tratti, segni e interrogativi che questa ci pone a rendere ancora attuali le sue riflessioni e contemporanee le sue conclusioni. Una specie di obbedienza ai cicli vichiani della storia. Oggi la lezione pasoliniana, nel mondo che muta incessantemente, diventa più vicina e indispensabile di qualche decennio addietro.

Pier Paolo e Susanna Pasolini

Pier Paolo e Susanna Pasolini

A quarant’anni dalla sua morte, ultimo enigma della sua vita, ci domandiamo ancora con quali strumenti il suo lavoro intellettuale si sia meglio espresso, rileggendo il suo corpus poetico o i suoi scritti corsari, le sue profetiche riflessioni o il suo cinema così straordinariamente e unicamente legato all’evolversi del suo pensiero (unico caso in cui la sovrapposizione tra idea e racconto al cinema, tra esiti di una progressiva analisi politica e racconto ideale attraverso il film, si trasforma immediatamente in storia per il cinema). Oggi – e nell’immediato passato – sappiamo quale fosse il peso specifico della lezione pasoliniana e quanto questa sia mancata nella sua forma più essenziale, quella così controcorrente rispetto al pensiero dominante eppure così lineare e quasi primaria (infantile verrebbe da dire), tanto da scoprire la nudità del re e saperlo gridare ad alta voce. Ma il grido era lanciato nel deserto, come accade a Massimo Girotti nel finale di Teorema.
Si accostò al cinema dopo la scrittura, sua naturale vocazione. Un inciso: quando nell’intervista del 31 ottobre 1975, a poche ore dalla morte, un giornalista francese che lo intervistava per una testata televisiva gli chiese cosa volesse che fosse scritto sulla sua carta d’identità, egli rispose: scrittore. Abel Ferrara nel suo film biografia rielabora quell’intervista, in quasi copia conforme, ripetendo perfino l’inquadratura e il volto sofferto del poeta. L’opera poetica, narrativa e più in generale in prosa, ma anche critica e di riflessione politico-sociale, appare sicuramente come primaria e addirittura anche il suo cinema si inscrive dentro questa ampia categoria, per i suoi tratti essenziali e la sua difficile collocazione, all’interno di qualsiasi movimento, genere o scuola.

Pasolini e Moravia

Pasolini e Moravia

Ma Pasolini, fu in primo luogo un poeta, come ebbe a dire Alberto Moravia con le parole

rotte dall’emozione quando celebrò il suo amico dopo i fatti di Ostia, città che il cinema e gli eventi stanno oggi a quarant’anni di distanza, di nuovo portando al centro dell’attenzione dei media e del cinema in modo particolare.
Pasolini da attento osservatore, scrutatore e analista della situazione italiana, riconduceva ogni atto, ogni aspetto sociale, necessariamente al concetto politico. Quando si è perduta questa necessaria interpretazione dei comportamenti che le nostre società hanno trasformato il loro modo di pensare e oggi assistiamo ad un disgregamento progressivo del corpo sociale, liberato da ogni (falso) peso di ogni giustificazione morale del proprio comportamento. Pasolini difendeva una differente capacità di cogliere quella che oggi chiamiamo complessità. Il suo sguardo è stato sempre rivolto ad un differente modo di interpretare i fatti. È forse è proprio questo il grande insegnamento che ci ha lasciato, quello di guardare ai fatti, e al loro manifestarsi all’interno della struttura sociale, attraverso uno sguardo e un sentimento che non solo non era comune, ma appariva opposto a quello della maggioranza e differente da quello di ogni minoranza. Oggi sappiamo però che in molto del mondo aveva visto giusto e il suo non era un pensiero minoritario, ma dettato dall’analisi profonda dentro uno sviluppo temporale che nessun altro aveva saputo immaginare.
In questo senso il suo pensiero diventa profetico e le sue parole anticipatrici anche degli eventi e si resta disarmati davanti alle sue profezie. Un esempio su tutti, leggere alcuni versi della sua poesia che porta proprio questo titolo (Profezia) per comprendere cosa fosse per Pasolini lo sguardo gettato al futuro

Pasolini

Pasolini

… Alì dagli Occhi Azzurri/uno dei tanti figli di figli,/ scenderà da Algeri, su navi/ a vela e a remi. Saranno/ con lui migliaia di uomini/ coi corpicini e gli occhi/ di poveri cani dei padri/ sulle barche varate nei Regni della Fame. Porteranno con sé i bambini,/ e il pane e il formaggio, nelle carte gialle del Lunedì di Pasqua./ Porteranno le nonne e gli asini, sulle triremi rubate ai porti coloniali./ Sbarcheranno a Crotone o a Palmi,/ a milioni, vestiti di stracci,/ asiatici, e di camice americane. / Subito i Calabresi diranno,/ come malandrini a malandrini:/ “Ecco i vecchi fratelli,/ coi figli e il pane e formaggio!”/ Da Crotone o Palmi saliranno/ a Napoli, e da lì a Barcellona,/ a Salonicco e a Marsiglia,/ nelle Città della Malavita./ Anime e angeli, topi e pidocchi,/ col germe della Storia Antica,/ voleranno davanti alle willaye./ Essi sempre umili/ Essi sempre deboli/ essi sempre timidi/ essi sempre infimi/ essi sempre colpevoli/ essi sempre sudditi essi sempre piccoli…
Si resta sbigottiti davanti a questi versi, non solo per la loro intensità, ma per la loro straziante verità che oggi abbiamo sotto gli occhi e non nel 1964 quando la poesia fu data alle stampe. In questa straordinaria capacità di guardare al futuro, frutto di lucide analisi, la grandezza del poeta.

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