Poveri ma ricchissimi, di Fausto Brizzi

Dopo un anno dalla loro avventura milanese la famiglia Tucci di Torresecca, con Poveri ma ricchissimi, tornano al cinema più ricchi, più potenti e, questa volta, anche più nobili che mai

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Dopo un anno dalla loro avventura milanese la famiglia Tucci di Torresecca, sulla Prenestina, tornano al cinema più ricchi, più potenti e, questa volta, anche più nobili che mai. Ispirandosi alla “vittoria” della Brexit, infatti, Danilo Tucci e i suoi famigliari, sfruttando un paradossale vuoto normativo che risale all’Unità d’Italia, convincono l’intero paese a “darsela”, via da tasse, burocrazia e auto in doppia fila, per diventare un principato autonomo, oltre che un paradiso fiscale. Poveri ma ricchissimi, sin dalla sua pre-produzione, pagava la difficoltà di essere già il sequel del remake di un film di successo (già munito, oltralpe, di un proprio fortunato secondo capitolo). Fausto Brizzi e i suoi collaboratori evitano di accomodarsi sul modello originale e scelgono, almeno sulla carta, la via migliore. Già affezionato a riferimenti facili all’attualità più appariscente, Brizzi opta per la strada della farsa assoluta, confezionando una pellicola perfettamente in linea con la sua carriera di autore di cinepanettoni. Nell’immagine tronfia e folle di Christian De Sica/Danilo Tucci trasmutato in Donald Trump, dunque, c’è tutta la forza potenziale di un’opera che ha tutte le carte in regola per essere un devastante cortocircuito. Peccato che Poveri ma ricchissimi non vada oltre alle sue premesse. Il film di Brizzi più che essere il canto del cigno della coppia presidenziale De Sica-Ocone (comunque strepitosi) diventa l’ennesimo one-man-show confuso di Enrico Brignano, ancora una volta a disagio con il medium cinematografico.

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Ereditata da De Laurentis l’ossessione di trasformare fenomeni televisivi (o di internet) in star del grande schermo, Brizzi decide di concedere ulteriore spazio nella sua storia a talenti in evidente difficoltà che, lasciati consapevolmente allo sbaraglio, non posso fare altro che replicare i propri personaggi e i propri repertori. Con il suo populismo di situazione e le battute pop trascinate, Poveri me ricchissimi sembra il delirio onirico di un Brignano particolarmente ispirato, l’adattamento cinematografico di un suo monologo teatrale. Il comico romano, come nel primo episodio, sembra monopolizzare lo sguardo del regista confermandosi, non solo, improbabile eroe romantico ma, soprattutto, l’alfiere di una comicità più scritta e ragionata (da anteporre a quella più irrazionale e fenomenale di De Sica). Nonostante le disavventure extra-cinematografiche del suo regista, la saga di Poveri ma ricchissimi ha tutte le caratteristiche somatiche per diventare l’erede spirituale della tradizione del cinepanettone. Il passo definitivo per raccogliere questo retaggio avverrà solamente quando saranno messe da parte le velleità hipster delle collaborazioni (stridenti) con Luca Vecchi e i Thegiornalisti per abbracciare e tornare al “lato oscuro”.


Regia: Fausto Brizzi
Interpreti: Christian De Sica, Enrico Brignano, Lucia Ocone, Lodovica Comello, Anna Mazzamauro, Bebo Storti, Ubaldo Pantani, Tess Masazza, Kai Portman, Paolo Rossi, Massimo Ciavarro
Origine: Italia, 2017
Distribuzione: Warner Bros. Italia
Durata: 94′

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