Quando un padre, di Mark Williams
La storia, indolenzita attorno a cliché narrativi che non si sforzano di andare oltre il già visto e raccontato, rimane impantanata in una staticità di fondo, che appiattisce la trama
Dane Jensen lavora 70 ore a settimana in un’azienda di recruiting di Chicago, facendo il “cacciatore di teste”: un mestiere nel quale ciò che conta è essere più veloce e più rapace, pur di suonare la campanella e accaparrarsi la più alta provvigione possibile su ogni professionalità venduta. Tutto fa brodo pur di mantenere mutuo, moglie e tre figli, e il tempo trascorso in famiglia – tra una chiacchierata della buona notte ai bambini, o un insipido rituale sessuale – non è che una pausa tra una telefonata di lavoro e l’altra. Tutto cambia quando al figlio Ryan, di dieci anni, viene diagnosticata una forma molto grave di leucemia.
Quando un padre, esordio alla regia del produttore Mark Williams (Un colpo perfetto, The Accountant), che vanta il titolo originale ben più intrigante The Headhunter’s Calling, è un film che si smuove ben poco dalle premesse scarsamente avventurose o accattivanti del suo incipit. La storia, indolenzita attorno a cliché narrativi che non si sforzano di andare oltre il già visto e raccontato – salvo evitare, almeno, tonalità iper-melodrammatiche nei picchi “strategici” -, rimane impantanata in una staticità, in una prevedibilità di fondo, che azzera i colpi di scena, appiattendo bidimensionalmente ogni spunto drammaturgico.
Eppure, di carne al fuoco ce ne sarebbe stata: un protagonista, Gerard Butler, che è in grado sia muscolarmente che emotivamente di sorreggere diversi registri e catturare la simpatia e l’attenzione del pubblico, contorniato tra l’altro da un cast di tutto rispetto, che vanta anche le prestigiose partecipazioni (confinate però a qualche capolino qua e là) di Willem Dafoe e Alfred Molina; una storia, che pone l’accento sul mondo delle aziende che si occupano di recruiting, che risulta molto interessante e fresca come argomento (anche per il modo scanzonato con cui scimmiotta il genere crime-thriller ambientato nella zona di Wall Street e dintorni); e uno sceneggiatore, Bill Dubuque, che aveva in precedenza dimostrato una buona dose di abilità e originalità (The Judge, The Accountant). Nonostante ciò, a prevalere in Quando un padre, sembra essere l’indecisione costante del registro da adottare, che ne ingabbia qualsiasi impeto o trovata, entro una stretta biforcazione scissa tra stereotipi da mélo anni Cinquanta e un ottimismo da etica del self-made man in pura nuance anni Ottanta-Novanta. Manca una terza via, che tranci i tracciati già solcati troppe volte, che vada oltre l’accumulo di buoni sentimenti e buona etica – o l’espediente fin troppo facile -, che oltre a omaggiare, imitare o canzonare un genere con i suoi stereotipi, ne tiri poi fuori qualcosa di davvero originale.
Titolo originale: The Headhunter’s Calling
Regia: Mark Williams
Interpreti: Gerard Butler, Gretchen Mol, Max Jenkins, Alison Brie, Willem Dafoe, Alfred Molina
Origine: Canada/USA 2016
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 109’