Renegades – Commando d’assalto, di Steven Quale

Forse il tentativo bessoniano di tirare su un plotone di duri dal cuore tenero per missioni sparse in una serie di ritorni non troppo impegnativi. Quale fa sfoggio della solita abilità subacquea

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Steven Quale è l’asso delle riprese subacquee di cui si è servito James Cameron sin dai tempi di Titanic e fino a co-firmare con il cineasta di Terminator la regia del meraviglioso Aliens of the deep (in un ruolo o nell’altro, Quale è al fianco di Cameron in realtà dalla produzione di The Abyss).
Qui, le abilità sottomarine di Quale sono il perno formale intorno a cui ruota l’intera sezione centrale del racconto, con questo team sbruffone e casinista di Navy Seals impegnato nel recupero di un cospicuo numero di lingotti d’oro purissimo nascosti dentro una cassaforte inespugnabile sepolta nel fondo di un lago, tra le costruzioni di un intero villaggio sommerso dall’acqua.
La cittadella perfettamente conservatasi nelle profondità del bacino è lo scenario di scontri corpo a corpo tra soldati palombari e bombe che implodono tra i pesci, con tutto il fascino sospeso ed ipnotico di un film di guerra che ambienta tutta la sua battaglia finale sottacqua (le prove generali per i sequel di Avatar?), e si capisce bene perché a Luc Besson debba essere piaciuto così tanto marchiare con il brand EuropaCorp un progetto simile, data la predilezione del maverick francese per il grand bleu, e la sua capacità inestinguibile di costruire in velocità strutture generiche e aperte (tesori perduti della Seconda Guerra Mondiale, paesi dell’Est Europa, i nazisti i francesi gli slavi…) su cui appoggiare meccanismi mediamente spettacolari di volta in volta modellati per aderire al puzzle complessivo.

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E’ vero che nel caso di Renegades vengono a mancare i corpi forti su cui catalizzare le traiettorie dell’action (il gigante australiano Sullivan Stapleton di 300 – L’alba di un impero è piuttosto interscambiabile) o dell’abituale discreto disaster porn di reazionaria ambiguità che tanto piace a Besson e ai suoi scagnozzi da entrambi i lati della mdp; ma a mantenere l’operazione su di giri ci pensa l’equalizer Richard Wenk, professionista al servizio di Fuqua e Stallone (un po’ lo Steven De Souza denuclearizzato di questi tempi) che qua ricicla chiaramente il soggetto viril-cazzone-cameratesco pensato per un nuovo sequel degli Expendables – tutta la prima missione “sotto copertura” e seguente gioco di corteggiamento con la cameriera Sylvia Hoeks portano addosso evidentissima l’ombra di un veicolo Sly/Statham poi riformulato, ma senza la malinconia e il dolore autentico delle opere stalloniane.
Al netto delle strizzate d’occhio alle modalità dei videogame bellici multiplayer d’ultima generazione (il cui successo, elemento che andrebbe analizzato, è alla base del massiccio ritorno d’interesse sui war movies nelle produzioni internazionali d’Occidente e d’Oriente), Renegades è forse il tentativo di provare a tirare su un nuovo plotone di duri dal cuore tenero da impiegare in missioni sparse per una serie di ritorni non troppo impegnativi, nell’attesa di una nuova chiamata alle armi da parte dell’immancabile istruttore brontolone col volto temibile e il ghigno alla Jonah Jameson di J.K. Simmons.

Titolo originale: Renegades
Regia: Steven Quale
Interpreti: J.K. Simmons, Ewen Bremner, Sullivan Stapleton, Sylvia Hoeks, Charlie Bewley, Diarmaid Murtagh, Clemens Schick, Dimitri Leonidas, Slavko Sobin, Joshua Henry, Chris Theisinger
Origine: Francia, Germania, 2017
Distribuzione: M2 Pictures
Durata: 105′

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