Risorto, di Kevin Reynolds

Reynolds gioca sui corpi e gli spazi, da sempre leit-motiv del suo cinema e trasforma un film storico in un viaggio allucinante di un uomo che, perse tutte le certezze, si ritrova con una nuova vita

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Ogni regista ha le sue ossessioni. I suoi scenari, le location, la scelta di cosa mostrare, o non mostrare. Kevin Reynolds sembra averla per il deserto, o comunque per gli spazi vuoti, sconfinati, in qualche modo “al di fuori” della civiltà. Non è un caso che questo suo ultimo film, Risorto (Risen) al quale lavora dal 2013, si apra con il protagonista che vaga, in campo lunghissimo, poi lungo, fino al primo piano, nel deserto. Joseph Fiennes avanza verso la macchina da presa, vestito solo di stracci, sembra lui, veramente, risorto.

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Ma Reynolds aveva iniziato la sua carriera, poco più che ventenne, scrivendo il soggetto di Alba Rossa, che poi diresse George Milius. Ecco che lì il deserto è lo spazio naturale dove rifugiarsi dall’invasione dei Sovietici, dove i giovani wolverines, novelli partigiani, preparano la loro rivolta. E il suo primo film da regista, Fandango, di che tratta? Di un viaggio nel deserto di un gruppo di ragazzi, in partenza per il Vietnam, per dissotterrare il Dom Perignon della fine della loro giovinezza. Nel secondo film, Belva di Guerra, Reynolds prende una pièce teatrale e la trasferisce dentro il deserto afghano, dove un carro armato russo si ritrova sperduto e isolato, alla mercé della natura e dei ribelli. In Waterworld, con Kevin Costner, è il mare il deserto naturale sconfinato dove vivono gli ultimi sopravvissuti dell’umanità…

Fandango Kevin Reynolds

Fandango

Belva di guerra Kevin Reynolds

Belva di guerra

Waterworld Kevin Reynolds

Waterworld

Reynolds nel 2013 veniva dallo straordinario successo televisivo del magnifico Hatfields & McCoys,   la serie tv più vista di sempre su una rete via cavo USA, vincitrice di 5 Emmy e di un Golden Globe. Insomma possiamo facilmente pensare che abbia liberamente “scelto” di lavorare su questa storia, che non è una storia qualsiasi, ma, forse, la più grande storia (o leggenda a seconda dei punti di vista), mai raccontata: la Resurrezione di Gesù Cristo. O meglio, quello che accadde nelle settimane successive all’evento che tutti i cristiani celebrano da allora con la Pasqua.

Cosa si può raccontare di una storia che tutti conoscono, o pensano di conoscere? Cosa si può dire, mostrare, che non sia già presente nelle migliaia di parole scritte e immagini mostrate?

Reynolds e lo sceneggiatore Paul Aiello giocano la carta del trasformare questa storia in una sorta di film noir, con tanto di detective, impersonato dal protagonista Clavius (Fiennes), un tribuno militare di alto rango, che vediamo inizialmente distinguersi in violente e sanguinarie battaglie contro chi si opponeva al dominio romano in Galilea. Duro, senza scrupoli, e fondamentalmente obbediente ai voleri di Roma, Clavius viene incaricato da Ponzio Pilato di indagare sulla scomparsa del corpo di Gesù, che stava causando tanti problemi politico/religiosi all’amministrazione romana.

Insomma la crocifissione, resurrezione e successive apparizioni di Cristo sono osservati attraverso lo sguardo di un “non cristiano”, che crede nel “suo Dio, Marte” (il Dio della  Guerra, appunto).

Risorto sembra raccontare, piuttosto che “la vera storia della resurrezione di Cristo”, un’altra resurrezione, quella dell’anima di questo soldato duro e apparentemente inscalfibile, che ambisce solo di tornare a Roma con un ruolo di prestigio, ma che si troverà all’interno di un’indagine oscura e inspiegabile, che scalfirà una ad una le sue certezze, trasformando lentamente i suoi dubbi in una, forse, nuova fede.

Dall’apparizione iniziale, meravigliosamente in sintonia con lo sguardo fuori dai confini di Reynolds, il film si impantana nella prima parte in un forse eccessivo, ripetitivo, confronto, tra Clavius e il suo capo Ponzio Pilato, che continuamente lo chiama a rapporto. Più libera e nelle corde del regista è invece la parte della caccia e ricerca degli apostoli, guidata da Clavius con il suo assistente novello Lucius, che si dipana nelle strade, nei vicoli, nei mercati, fin dentro le case. Ma ancor più Reynolds sembra finalmente a suo agio quando il protagonista esce dal suo “territorio di potere”, per inoltrarsi in una fuga che lo trasforma da cacciatore in cacciato, a guida per la “liberazione” dei seguaci di Cristo. Che finalmente gli apparirà, con il suo sorriso e il suo corpo, ormai liberato dalle sofferenze terrene, in un lungo finale dove il corpo di Cristo appare e scompare, fino alla sua ascesa finale….

Film curioso e anche a tratti balbettante, Risorto sembra concentrarsi sui corpi e gli spazi, da sempre leit-motiv del cinema di Reynolds, che trasforma un film storico, che dovrebbe essere un noir, in una sorta di viaggio allucinante di un uomo che ha perso tutte le certezze, e si ritrova inevitabilmente a dover ripartire con una “nuova vita”. Ecco, è tutta qui la storia della fascinazione per Reynolds: da sempre le sue storie parlano, in un modo o nell’altro, di morte e resurrezione. Di corpi che si perdono e rinascono negli spazi sperduti. Era forse inevitabile che le sue ossessioni si incontrassero con la resurrezione per eccellenza della Storia….

Titolo originale: Risen

Regia: Kevin Reynolds

Interpreti: Joseph Fiennes, Tom Felton, Peter Firth, Maria Botto, Luis Callejo

Distribuzione: Warner Bros. Italia

Durata: 107′

Origine: Usa 2016

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    2 commenti

    • “Alba Rossa” diretto da George Miller ?

    • Federico Chiacchiari

      Sbagliare il cognome del regista di Alba rossa, e confondere in un lapsus diabolico Milius con Miller (meravigliosi quasi coetanei del cinema moderno), è come confondere amorevolmente i nomi dei propri genitori… Curioso che finora non se ne fosse accorto nessuno! Grazie della segnalazione, provvediamo a correggere il refuso.