"Ritorno a Cold Mountain", di Anthony Minghella
Un melodramma di attese e sentimenti eccessivi, dove i tempi dilatati e gli spazi immensi dell'America accompagnano una storia d'amore e di morte, che è anche la storia di un ritorno alla vita in un mondo impazzito e violentato.
C'è melodramma e melodramma. C'è il melodramma delle forme fiammeggianti e dei sentimenti inespressi, di Borzage e Stahl, di Sirk e Minnelli. Poi c'è quello della quiete e dei ritmi dilatati, dei grandi slanci emotivi e dell'amore "come una cosa meravigliosa". Henry King una tempo, Anthony Minghella oggi. Il suo è un cinema dell'eccesso, certo, ma non delle forme, bensì della durata, dei cuori, degli spazi. Prima il deserto, ora l'America dei campi di battaglia della Guerra Civile, delle foreste e delle montagne innevate.
Ritorno a Cold Mountain è un viaggio nello spazio immenso di una nazione, dove le distanze fisiche tra uomini e donne sono il contrappunto delle distanze del cuore che separano i due protagonisti. Un bacio, un solo bacio li unisce; ma basta a tenerli in vita nel mondo impazzito, lui a combattere per il Sud separatista e a disertare per amore, lei ad aspettarlo nella gelida Cold Mountain, aiutata dalla sola Ruby a mandare avanti la fattoria e a difendersi dalla Guardia Nazionale.
La storia è quella di un ritorno alle radici e all'amore, dopo che l'odio e la crudeltà hanno fermato il tempo e annichilito la vita. L'inizio è un fluttuare di acqua nera come la pece e la fine un movimento verso l'alto che inserisce una scena familiare in una paesaggio finalmente illuminato. In mezzo, il melodramma: l'amore impedito, il mito del paese e della casa, le urla e la morte, ma anche l'amore che si ritrova e dà i suoi frutti.
Minghella cataloga, non sovraccarica, lascia che siano il tempo e lo spazio a dare un passo cadenzato alla storia. Le immagini si aprono all'ariosità o si concentrano sui particolari, tutto però è verosimile, l'eccesso è solo di chi vive, non di chi racconta. Inman ha il fuoco dentro, ma sussurra perché ferito alla gola; Ada vorrebbe urlare da sempre, ma piange in silenzio quando rivede il suo amore.
L'eccesso c'è solo nella tremenda e bellissima scena iniziale della battaglia. Se l'amore è fatto di colombe in volo, la guerra è fango, fuoco, morte. Il sovraccarico è doppio: di uomini che combattono in una buca e di particolari che invadono inquadrature sature e sporche. Poi il resto è distensione, fuga dall'orrore e ritorno al passato. L'amore è il solo sbocco, la sola luce, e Minghella estende a dismisura la durata del film, eccede e si disperde. Il cammino è fatto ancora di orrori, l'attesa di dolori e nuove delusioni, ma l'acqua dei pozzi prima o poi si purifica e la morte, a quel punto, è solo un passaggio verso l'amore eterno.
Titolo originale: Cold Mountain
Regia Anthony Minghella
Sceneggiatura: Anthony Minghella dal romanzo di Charles Frazier
Fotografia: John Seale
Montaggio: Walter Murch
Musica: T-Bone Burnett, Gabriel Yared
Scenografia: Dante Ferretti
Costumi: Ann Roth
Interpreti: Jude Law (Inman Balis), Nicole Kidman (Ada Monroe), Renée Zellweger (Ruby Thewes), Brendan Gleeson (Stobrod Thewes), Natalie Portman (Sara), Philip Seymour Hoffman (Veasey), Donald Sutherland (Reverendo Monroe), Giovanni Ribisi (Junior), Kathy Baker (Sally Swanger), James Gammon (Esco Swanger), Charlie Hunnam (Bosie), Ray Winstone (Teague), Jack White (Georgia)
Produzione: Albert Berger, William Horberg, Sydney Pollack, Ron Yerxa
Distribuzione: Buena Vista International Italia
Durata: 155'
Origine : Usa, 2003