#Roma FF11 – Little Wing, di Selma Vilhunen

Con questo piccolo gioiellino, la regista finlandese – qui al suo esordio in un lungometraggio – ci racconta con estrema delicatezza e dolcezza le difficoltà del crescere. Ad Alice nella Città

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Quanto dura il viaggio?” Questa l’insistente domanda di Varpu, ragazzina di dodici anni appena compiuti, all’operatrice del servizio informazioni stradali mentre sola nella sera è al volante di una macchina rubata. La linea cade, e la macchina di lì a poco si ferma. Ed è in quel momento che inizia il vero viaggio di Varpu, partita dalla periferia di Helsinki per andare a trovare un padre che non ha mai conosciuto. Little Wing, presentato ad Alice nella Città, ci racconta del suo viaggio alla ricerca di una parte mancante di sé, che colmi un’identità in costruzione, del percorso di una ragazzina che ha smania di crescere ma allo stesso tempo cerca con avidità delle solide e rassicuranti radici familiari. Quella solidità che gli alti e bassi della madre Siru continuano a non darle. E il percorso di Varpu inevitabilmente coinvolge sua madre trascinandola verso una meta speculare, tra strade interdipendenti ma in conflitto: quella di una donna che sembra non voler crescere, imprigionata nelle proprie fragilità, e quella di una ragazzina che ha fretta di prendere in mano le redini della propria vita, come fa negli unici momenti di reale serenità, a cavallo del suo puledro. Nel mezzo sta una verità dolorosa ma necessaria da svelare per poter (ri)scoprire il rapporto fondante, quello tra una figlia e sua madre.
Con questo piccolo gioiellino la regista finlandese Selma Vilhunen – qui al suo esordio in un lungometraggio – ci racconta con estrema delicatezza e dolcezza le difficoltà del crescere, e dell’incontro tra mondo adulto e infantile. Si percepisce l’eco in Little Wing delle avventure adolescenziali anni Ottanta (o primi Novanta) – basti citare I Goonies, Mamma ho perso l’aereo o Big – e che ritorna ultimamente in pellicole come Microbo e Gasolina o nella serie tv Netflix Stanger Things: ragazzini che proclamano la loro indipendenza contro un mondo fatto di adulti distratti e latitanti, usando proprio quegli oggetti simboli dello status adulto come baluardo di libertà. little-wing3Ma c’è qualcosa di più in quest’opera della Vilhunen: la fotografia fredda, il minimalismo cromatico e della messa in scena (cifra stilistica del cinema scandinavo), si sposano con uno sguardo registico femminile lieve e intimista, che riesce a ritrarre la vita di questa giovane donna e il rapporto complesso tra mamma e figlia, nel loro difficile equilibrio a due, riuscendo anche ad affrontare il delicato argomento della malattia mentale con uno stile scarno e diretto che punta e arriva dritto al cuore. Gli occhi di Varpu (interpretata dalla deliziosa Linnea Skog) si sovrappongono ai nostri, ed è attraverso il suo sguardo che scopriamo il mondo circostante, un mondo che Varpu spesso non comprende appieno e che noi possiamo provare a metabolizzare parzialmente solo quando entra in contatto con lei, cercando di unire i tasselli per costruire quell’identità provvisoria ma necessaria per crescere. In un viaggio che ha senso di essere fatto e vissuto non in base a quanto dura, ma a patto che ognuno sia seduto sul sedile che gli spetta.

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