#RomaFF10 – Rubini, Bentivoglio, Ragonese, Calzone: Dobbiamo parlare?

Come per La Stazione, Rubini ha deciso di mettere in scena lo script in sei “prove aperte” a teatro prima di girare, per testare la reazione del pubblico in diretta. Lo racconta in conferenza stampa

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“Più che ad un film da camera, claustrofobico e ossessivo, pensavo ad un happening lungo tutta una notte, animato da personaggi fortemente caratterizzati, nella tradizione della commedia all’italiana”, spiega Sergio Rubini raccontando alla stampa dell’Auditorium la genesi del suo nuovo film da regista, Dobbiamo parlare. “In questa direzione si muove ad esempio la scelta di lasciare a Fabrizio Bentivoglio il ruolo più grottesco, che un tempo avrei deciso di interpretare io, e di tenere per me quello dell’intellettuale, sulla carta perfetto per lui. Avevo in mente i ruoli divertenti di Mastroianni, quando portava sul set non solo un personaggio comico, ma letteralmente Mastroianni che fa un personaggio comico.”

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Le anime dei quattro personaggi che portano avanti questa resa dei conti in appartamento al centro di Roma sono state il punto di partenza della sceneggiatura, insieme alla volontà di ragionare sul peso delle parole. Per questo motivo, all’abituale partner Carla Cavalluzzi, Rubini ha affiancato in fase di scrittura l’entrata nel team del romanziere Diego De Silva, il quale si è molto divertito a procedere  nella stesura del copione “in diretta”, senza una scaletta predefinita, per mantenere freschezza e fluidità ai dialoghi. “Come spesso accade nei miei lavori”, sottolinea De Silva, “sotto la patina allegra si nascondono tematiche sulle quali c’è ben poco da scherzare. In fondo chiunque di noi vive un rapporto di coppia sa bene che parlarsi davvero non è il presupposto della sincerità, quanto un approdo difficile”.
E’ al contrario decisamente facile vedere nella coppia di scrittori e collaboratori incarnata sulla scena da Rubini e Isabella Ragonese un riferimento aperto alla situazione privata dell’autore e della sua compagna e cosceneggiatrice Cavalluzzi, ma lei dichiara di immedesimarsi soprattutto nel personaggio del pesce, che apre e chiude il film con alcuni pensieri affidati alla voce di Antonio Albanese: “di solito lavorando con Sergio mi sento protetta dalla sua presenza, l’entrata in scena di una terza traiettoria, quella di Diego De Silva, ha felicemente sbilanciato l’assetto, e ci ha permesso di toccare anche aspetti dolorosi del vivere in coppia.”

Rinnovando in qualche maniera l’esperienza del suo film d’esordio, La Stazione, che fu prima testo teatrale, Rubini ha deciso una volta pronto lo script di metterlo in scena in sei “prove aperte” su palchi marchigiani, in modo da testare subito la reazione del pubblico alle battute e ai cambi di ritmo del testo: “quello che ho imparato nella mia carriera è che l’esperienza di provare alcune storie a teatro non va perduta quando le trasporti su di un set. Questo è un progetto anomalo, racconta la crisi come un’opportunità, è un’opera dell’ingegno prima che un prodotto”, spiega il regista. Dopo la distribuzione del film in sala torneremo con il testo nei teatri, perché mi piace pensare che in questo mestiere si sia sempre tutti al primo giorno di scuola, la valigia dell’attore dev’essere vuota alla fine di ogni giornata, è importante saper disimparare e reimparare tutto ogni volta.”

L’esperimento della lunga preparazione davanti al pubblico prima di ritrovarsi a girare è apprezzatissima da tutto il cast. Maria Pia Calzone si è sforzata di evitare di giudicare il proprio personaggio, costruito letteralmente “insieme al pubblico”. Anche Bentivoglio ha calibrato la sua esagitazione in romanesco “per gradi”, usando il dialetto “come un’arma”, attraverso continue conferme che la sua parlata fosse apprezzata dai componenti capitolini della troupe tecnica del film.
Isabella Ragonese, a cui spetta la figura più difficile e inafferrabile del lotto, racconta di un lavoro volto a rendere veritieri i vezzi e le abitudini, i modi di parlare, che caratterizzano due coppie che stanno insieme da tanto e che sono in un rapporto di amicizia tra di loro. Soprattutto, nota l’attrice, “la mia Linda è la fotografia perfetta della mia generazione, quella dei 30enni che hanno paura di prendersi il posto che spetta loro sulla scena.”

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