#RomaFF11 – Goldstone, di Ivan Sen

Il nuovo film di Ivan Sen, completo autore dell’opera, narra la storia nera di Broken River, terra assolata, afosa, polverosa, che rinchiude i suoi abitanti e i viaggiatori in una cappa fumosa

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Tu sei un ospite qui, proprio come gli uomini bianchi“. Goldstone si potrebbe definire un western sui generis. Un ispettore di discendenza aborigena, Ray, viene inviato a Broken River, nell’entroterra australiano, affinché indaghi sulla scomparsa di una ragazza asiatica. L’ispettore, Aaron Pederson, notando l’indisponibilità degli abitanti a collaborare, si affida al giovane poliziotto, Alex Russel, che per primo è giunto in suo soccorso mentre guidava ubriaco in autostrada.

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Il protagonista indiscusso di Goldstone è senza dubbio Broken River. Le sue terre assolate, afose, polverose, rinchiudono i suoi abitanti e i viaggiatori in una cappa fumosa e stordente. Al tempo stesso è un luogo che conserva un primitivismo del tutto coerente con il progetto registico. Quasi tutti hanno il sedile assegnato su un treno di mercenari, corrotti e collusi. C’è chi come Jacki Weaver, sindaca del luogo, irretisce con

tumblr_inline_o5ynd4h4ag1roifue_540una maschera da clown tentatore e chi fa alla vecchia maniera: una mazzetta bella abbondante. La narrazione scorre lenta, a tratti ripetitiva, ma proprio quei dialoghi ripetuti, stancanti, servono a richiamare una terra esausta, costretta ad affossare chi l’ha soggiogata; servono a mostrare una scacchiera che non può tollerare mosse azzardate. Chi è che ne muove i pezzi? Difficile a dirsi. Forse è proprio Ray, un forestiero, a tenere in mano le redini. Nessuno però ha ottenuto il posto d’onore, per quanto sembri crederlo. Tutti sono ospiti di quel luogo e lo abitano come Teseo, cercando l’unico filo disponibile e che possibilmente conduca alla salvezza. Sarà infatti proprio una sorta di labirinto nell’epilogo a decidere le sorti dei protagonisti.

Jimmy, il più anziano aborigeno della comunità, mostra a Ray le spoglie, i pittogrammi, le lacrime di un fiume solcato dai loro predecessori mutilati dall’uomo bianco. Un fiume rotto da chi all’improvviso è venuto a macchiarne le correnti. La chiave di Goldstone è il sensoimage-20160607-31955-1q2vbe di appartenenza, la necessità di reclamare un proprio perimetro per non sentirsi intrusi. E una volta trovato, potersi permettere di abbandonarlo. Sia l’ispettore che Josh sono outcast in cerca di una terra promessa. Anche Jimmy viene tradito dal suo sangue e infesta la mente di chi sta deviando la rotta o semplicemente non sa per che strada proseguire. Ivan Sen, regista, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia e compositore del film, gioca con l’immagine riportandola ad una dimensione di cartina geografica. Segue questi personaggi da un grande occhio spettrale, quasi spaventoso. Asciuga le sue immagini di ritmi incalzanti, inquadrature ossessive, guarda il lento srotolarsi di un crimine perpetrato dalle origini del colonialismo.

Il mondo non è stato creato per te, tu sei stata creata per il mondo“. Anche la giovane donna asiatica è vittima del complesso sistema della comunità. Dovrà prostituirsi per due settimane. In mancato adempimento, non riceverà indietro il suo passaporto e la sua famiglia saprà cosa sta facendo. Furnace Creek, la miniera di oro, prova a fare da demiurgo detenendo il Dio Denaro. Se l’unico modo per mantenere una posizione nella1pdanj1d3uwsptrjd424ia vita è ballare alla danza del potente, come si ottiene la libertà d’azione? Esiste? Per quanto il regista ci mostri che i demoni abitano chiunque, toglie potere all’esplicitazione, gioca sui movimenti- non movimenti degli attori, sul loro relazionarsi eccessivo dovuto alla tranquillità che genera una rete fitta di intrighi.

Goldstone sopravvive di immagini, di azioni, di creature che si spostano adagio sperando che quella terra sia con loro più magnanima. L’apertura del film mostra un passato a metà tra verità e finzione. Di fatto, chiunque nella comunità vive in un limbo, un non-luogo in cui nessuno è abbastanza audace da urlare, da sovvertire, da ritornare ad abbracciare un paese che non poteva profetizzare un lupo mangia lupo tanto feroce.

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