#RomaFF12 – Mademoiselle Paradis, di Barbara Albert

Tratto dal romanzo di Alissa Walser, un biopic che riporta alla luce la storia vera della pianista di talento Maria Theresia Paradis. Anonio, con una fisicità fintamente malata

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Il volto di una pianista cieca  che sta suonando. Lo sfondo delle persone a corte che stanno ascoltando e commentando. L’apertura di Mademoiselle Paradis, il nuovo lavoro della cineasta austriaca Barbara Albert conosciuta in Italia soprattutto per Nordrand (1999) e Falling (2006), si addentra ancora dentro quelle zone delle psicologie femminili che caratterizzano frequentemente il suo cinema. La pianista ‘Resi’ che si porta le cicatrici del proprio passato e che si rimette in discussione richiama le cinque protagoniste di Falling, mentre il peso dell’ambiente familiare l’avvicina alle venticinquenne Sita alla scoperta di se stessa e della propria identità in Die Lebenden.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

Barbara Albert porta sullo schermo la storia vera della pianista diciottenne Maria Theresia ‘Resi’ Paradis, cieca dall’età di tre anni ma con un grande talento. Dopo svariati tentativi per farle recuperare la vista, la sua iperprotettiva famiglia si rivolge a Franz Anton Mesmer, discusso dottore, per cui la guarigione della ragazza potrebbe rappresentare una fonte di fama e ricchezza. I suoi metodi sembrano avere successo. Ma ‘Resi’ si sta accorgendo però che mentre la vista migliore, il talento sta svanendo.

mademoiselle paradis barbara albertAmbientato a Vienna nel 1777 e tratto dal romanzo La musica della notte di Alissa Walser, Mademoiselle Paradis, si affida al volto della protagonista Maria Dragus (già vista il Il nastro bianco di Michael Haneke e soprattutto nei panni della studentessa che viene aggredita in Un padre, ua figlia di Cristian Mungiu), come specchio deformato in cui sembra riflettersi la società dell’epoca. Diventa quasi uno schermo per il cinema della Albert, un rifugio di un corpo da pedinare per mettere a fuoco la differenza tra classi sociali con il mondo artificiale della corte e quello sporco della gente più povera (il bambino disabile ucciso dai cavalli in uno dei pochi veri sussulti del film) e soprattutto il confine sottile tra verità e finzione. Resi sta vedendo realmente e si tratta di abili esercitazioni preparate dal suo metodo?

Nella sua trasposizione però il cinema della regista austriaca perde d’intensità e vitalità. Si tratta di un biopic quasi anonimo che nega alla protagonista la dimensione sensoriale (soltanto una debole soggettiva di quello che vede). Ma che per sfuggire alla classicità del film in costume cerca  di addentrarsi nelle esercitazioni scientifiche simili a uno dei Cronenberg meno interessanti, quello di A Dangerous Method. E costruisce attorno una fisicità fintamente malata (la madre che spinge Resi contro il muro) e si addentra in delle zone visionarie (il bosco, i rumori) in cui la Albert cerca di recuperare quell’istinto dei suoi film migliori. Ma qui diventa solo un grande pasticcio. La Donzelli (Marguerite et Julien) e Brizé (Une vie) vanno da un’altra parte. Quella che seguiamo noi. E Mademoiselle Paradis lo lasciamo nelle zone di quel cinema dell’ancien régime da cui ci ha fatto credere di volersi sottrare. Mentendoci spudoratamente.

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative