#RomaFF14 – Santa Subito, di Alessandro Piva

Il regista torna sul lungomare di Bari per raccontare la vicenda di una attivista cattolica barbaramente uccisa sotto casa agli inizi degli anni 90. Un documentario dedicato «a chi sopravvive»

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Cinque anni dopo Milionari, Alessandro Piva torna alla Festa del Cinema di Roma, stavolta con un documentario dal titolo Santa Subito.
Sessanta minuti in cui il regista d’origini salernitane, da sempre attivo in Puglia, ripercorre l’hinterland barese per raccontare la storia di Santa Scorese, giovane attivista cattolica che nel marzo del 1991 venne uccisa da un molestatore dalle conclamate turbe psichiche.
Si diceva che il destino cinematografico di Piva è legato a stretto giro con Bari, città che ha amato raccontare sin dai tempi di LaCapaGira e Mio Cognato.
Del capoluogo pugliese ha saputo filmare il Lungomare, cuore pulsante della città, riuscendo talvolta a dare una svolta politica ai suoi lavori di videomaker. Come nel caso dell’iniziativa Perotti Point, passo importante per la liberazione di quel tratto di costa dall’ecomostro di Punta Perotti, che ne deturpava lo skyline.
Ed anche in Santa Subito il Lungomare è un luogo fondamentale per narrare le circostanze che portarono all’uccisione della protagonista. Perché Bari è città di passaggio, l’Adriatico le sbatte addosso un’energia difficile da dissipare.
Proprio su quegli scogli, in una giornata di fine anni ’80, Santa capisce che quel fuoco che ha sempre avuto dentro è pronto a venir fuori. La fede in Dio le consente di vivere con gioia, con il sorriso pronto ed una parola di conforto sempre per tutti.
Poi però un evento cambia totalmente il destino della ragazza. Un uomo inizia a perseguitarla, la segue nel tragitto che fa da casa all’università, prende di mira la sua sconfinata devozione.
Tre anni di calvario portano ad una morte annunciata, un omicidio consumato proprio sotto gli occhi dei genitori. 

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Sin dal titolo, Santa Subito propone un quesito che poi è la chiave di lettura dell’intero mediometraggio: quello di Santa è stato un martirio? Per chi crede, come altro interpretare l’uccisione di una donna cresciuta negli ambienti parrocchiali ed interamente dedita al verbo di Cristo? Ancora di più se la mano omicida è quella di un persecutore anch’egli ossessionato dalla religione, ma con segno diametralmente opposto.
Piva, che tramite le interviste a familiari e conoscenti della vittima riesce a restituire in maniera efficace lo spaccato sociale dell’epoca, preferisce omettere quasi completamente la descrizione del carnefice. Una scelta che però si dimostra penalizzante.
Perché, non approfondendo il lato criminale della vicenda, il passato dell’omicida e le susseguenti indagini, anche la denuncia politica che è dietro Santa subito perde di efficacia. Una delle parti migliori del film è infatti quella in cui le immagini di repertorio riferiscono di un’Italia ancora terribilmente indietro sulla lotta al femminicidio ed ai fenomeni di stalking.

Ma, omettendo quasi del tutto l’identità del killer, non si restituisce appieno quel sentimento d’urgenza legato alla necessità di dare strumenti efficaci alle istituzioni, di modo da poter contrastare fenomeni di persecuzione come quello vissuto dalla famiglia Scorese. 
Senza quella parte di racconto, la presa di posizione nei confronti del femminicidio rimane epidermica e lascia quasi l’idea di una provvidenziale (nel senso manzoniano) accettazione dei fatti accaduti. È stato dunque un martirio, quello subito da Santa Scorese? Se lo si legge secondo dei riferimenti culturali di stampo cattolico, probabilmente sì.
Se però la si vede sotto un differente profilo, quella di Santa Subito è una laicissima storia di arretratezza giuridica. E questa, purtroppo, è la cosa che conta di più.

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