Rumori (fuori) scena: Corn Island, di George Ovashvili

Piani fissi, dialoghi al minimo e una costruzione studiata al dettaglio con tre parti segnate dall’incedere delle stagioni. Ma è la parte meno controllata che diventa trascinante

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Un vecchio contadino su una barca ritorna su un’isola. È con la nipote. Ma lei potrebbe invece essere un fantasma. Quasi un apparizione dal fondo della nebbia, con in mano una bambola di pezza. Si muove tra la fiaba metaforica e gli effetti di un illusorio documentarismo Corn Island. Nel primo caso prevale la presenza e la forza degli elementi naturali ma anche i rumori sullo sfondo della guerra tra la Georgia e l’Abkhazia, quest’ultima quasi una sorta di terra promessa che era già presente nel primo lungometraggio di Ovashvili, Gagma Napiri del 2010. Nel secondo c’è quasi una volontaria ricostruzione/omaggio a Robert Flaherty: l’uomo da solo davanti al fiume, al temporale, al vento, dove lo stato di pace e conflitto tra l’uomo e gli elementi naturali richiamano sia Nanuk l’eschimese sia L’uomo di Aran.

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Dal Caucaso al Mar Nero si formano delle isole, attraversate e delimitate dal fume Inguri. Su una di queste un contadino e la nipote ci costruiscono una casa e vanno a viverci, per coltivare il necessario per l’inverno. La guerra non si vede. Se ne sente però da lontano il sordo eco.

corn island2La costruzione di Corn Island, vincitore del Crystal Globe al Festival di Karlovy Vary, è studiata tutto nei dettagli. Nei piani fissi che appaiono quasi dei quadri fermi, nell’incedere delle stagioni (primavera, estate, autunno) segnato anche dalle variazioni cromatiche che passano dal verde luminoso al rosso e al marrone, nei pochissimi dialoghi che forse potevano quasi essere assenti del tutto. La struttura in tre parti è ferrea, rigorosa, ma forse toglie un po’ di respiro. Lo stesso invece che ritorna quando invece l’ordine non è più così rigido: il soldato nascosto, la corsa nel bosco, la ragazza che si fa il bagno nuda, fino a un finale di improvvisa e tempestosa bellezza. Proprio quando lo sguardo di Ovashvili non vuole più ammirare e controllare quello che inquadra la macchina da presa, ma si fa trascinare, quasi dissolvendo quella composizione certamente ricercata ma anche limitante.

 

Titolo originale: Simindis kundzuli

Regia: Giorgi Ovashvili

Interpreti: Ilyas Salman, Mariam Buturishvili, Gyártási Idö

Distribuzione: Cineama

Durata: 100′

Origine: Georgia 2014

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