Sam Shepard. La fine è un nuovo inizio

Il nostro ricordo di Sam Shepard, lo scrittore, commediografo e attore statunitense scomparso lo scorso 27 luglio a 73 anni

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“Odio i finali. Li detesto proprio. Gli inizi sono davvero i più eccitanti, quel che sta nel mezzo lascia un po’ perplessi, e i finali sono un disastro…la tentazione di una risoluzione, di tirare le fila, mi sembra una terribile trappola. Perchè non essere onesti…? I finali più autentici sono quelli che si stanno tramutando in un altro inizio. Questo è il genio…” Sam Shepard

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Vivere per conoscere sé stessi. Era questa la massima che animava tutta la bulimica attività di Sam Shepard scomparso il 27 luglio a 73 anni per le complicanze di una malattia terribile, la Sclerosi Laterale Amiotrofica. Prima di tutto la scrittura drammaturgica iniziata negli anni 60 e che ha portato Shepard nell’olimpo dei grandi (fino a vincere il premio Pulitzer nel 1979 con The Buried Child), tra Eugene O’Neill, Tennessee Williams, Edward Albee e David Mamet. La prosa di Shepard è sempre stata esplicita, con grande cura nei dialoghi e nei monologhi interiori, spesso con esasperazioni che tendevano a smitizzare l’utopia del sogno americano.

sam shepard i giorni del cieloA volte sconfinamenti nel surreale, a volte quadretti di puro naturalismo. Non ci sono solo le influenze della controcultura on the road di Jack Kerouac, dell’espressionismo astratto di Samuel Beckett, della scena underground provinciale, del jazz e del rock (memorabile la canzone Brownswille Girl scritta con Bob Dylan e che cita il Gregory Peck di Romantico avventuriero di Henry King del 1950) ma anche gli evidenti rimandi ad autori come William Faulkner, John Updike e John Cheever, soprattutto nella descrizione caustica di certi ambienti della periferia, del viaggio attraverso le terre desolate dell’ovest alla ricerca di una identità frammentata, delle famiglie disfunzionali all’interno delle quali alberga il germe autodistruttivo dell’incesto. Il personaggio proposto da Shepard assomiglia ad un antieroe western che si è perso nel deserto e non riesce più a ritrovare la strada: dietro il viso scolpito dal sole in cui ogni ruga è una storia da raccontare, si cela una fragilità interiore derivante da un passato spesso impossibile da sopportare. L’alcol, la droga, le donne diventano un anestetico che non riesce a rimuovere la vera causa del dolore.

sam shepard black hawk downShepard non si limita a scrivere per il teatro ma collabora anche ad alcune importanti sceneggiature: Zabriskie Point (1970) è la escursione americana di Michelangelo Antonioni che si conclude nella Valle della Morte in California. La fuga dalla città, la dicotomia tra gli ideali rivoluzionari e l’individualismo, il sesso come arma di difesa contro un mondo asservito agli ideali del profitto, l’esplosione di tutti i simboli della società consumistica. Tutti temi affrontati da Sam Shepard anche nelle collaborazioni con Wim Wenders, Paris Texas e Non bussare alla mia porta. Soprattutto in Paris Texas, Sam Shepard propone dialoghi-monologhi molto realistici fatti di ammissioni e di accuse, di consapevolezza e perdono, di vigliaccheria ed eroismo. La lunga confessione finale tra Nastassja Kinski e Harry Dean Stanton trasforma l’assenza visiva in un flusso di coscienza in “vivavoce,” restituendo la drammaticità di una storia d’amore impossibile. Come per tutti gli antieroi shepardiani il viaggio si trasforma in una ballata rock circolare ed eterna, una odissea nello spazio interiore con qualche accecante barlume di consapevolezza.

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Sono gli stessi motivi ripresi nel suo Follia d’amore, trasposto per lo schermo dal gigante Robert Altman nel 1985: l’incontro tra Eddie e May in un motel alla fine del mondo (il deserto del New Mexico) si trasforma nello svelamento di un segreto familiare. Sam Shepard sa benissimo quanto sia labile il confine tra realtà e fantasia  e lo rivela in uno dei più bei confronti tra Harry Dean Stanton e Randy Quaid (“Una bugia è quando tu credi che quella sia la verità. Ma se già sai che quella è una bugia, allora non è una vera bugia”).

sam shepard mudL’aspetto esteriore di Sam Shepard non poteva passare inosservato: pensate a un Clint Eastwood con maggiori tormenti esistenziali e una crescente consapevolezza dei propri demoni interiori. I suoi primi film li interpreta quando è  già un drammaturgo affermato e un valente batterista di diversi gruppi rock (ha anche una importante relazione affettiva con Patti Smith e successivamente sposerà in seconde nozze Jessica Lange). Prima il film Renaldo e Clara diretto da Bob Dylan nel 1975 e fatto uscire nel 1978 con la ispirazione primaria di Les enfants du paradis di Marcel Carnè; poi il secondo travolgente film di Terrence Malick I giorni del cielo (1978) dove interpreta un ricco latifondista incastrato dal gioco di due ragazzi terribili. Un’ altra delle figure d’autorità assassinata dal furore rivoluzionario giovanile con un evidente riferimento al proprio padre alcolista, mito romantico decostruito e rielaborato attraverso diversi simbolismi. Ma l’interpretazione che lo portò alla nomination all’ Oscar fu quella indimenticabile del pilota collaudatore Chuck Yaeger che supera la barriera del suono nel film The Right Stuff (Uomini veri del 1983): ironia della sorte Sam Shepard aveva una paura matta di volare. Lo ricordiamo ancora titanico nei film di Andrew Domink (L’assassinio di Jesse James per mano del codardo Bob Ford, Cogan-Killing Them Softly), in Black Hawk Down di Ridley Scott, in Brothers di Jim Sheridan, La promessa di Sean Penn e La neve cade sui cedri di Scott Hicks.

?????????????E’ un paradosso che i suoi film da regista non siano molto conosciuti: bisognerebbe riscoprire Far North, con Jessica Lange, e Silent Tongue, un dramma western interpretato da un immenso River Phoenix. Gli ultimi anni lo hanno visto partecipare a progetti di Jim Mickle, Scott Cooper e Jeff Nichols (Midnight Special, Cold in July, Il fuoco della vendetta -Out of the Furnace e Mud), e alla serie tv Bloodline dove interpretava con la consueta bravura il patriarca divorato dal senso di colpa. Anche un piccolo cameo aveva la sua impronta di autore. Riguardando la biografia di Sam Shepard sembra di assistere ad un film in cui non manca nulla: l’amore, l’amicizia, gli affetti familiari, la fuga, il sesso, il tradimento, la droga, l’alcol e un viaggio compiuto a rotta di collo con la paura ci potesse essere un finale. La diagnosi di una malattia incurabile e progressivamente invalidante era un finale inautentico, da detestare. Tutta l’esistenza a fuggire e poi si rimane inchiodati al proprio corpo, come un ergastolo. Allora meglio inventarsi un nuovo inizio: un dramma, un colpo di batteria, un deserto dove disperdersi, un volo a occhi chiusi, una canzone di Patti Smith o Bob Dylan, un bacio di Jessica Lange, l’abbraccio di Mia Kirshner, una figura in controluce in un campo di grano infestato da locuste. Scegliete voi.

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