"Saw 3D", di Kevin Greutert

Saw 3D
Quintessenza del film come risultato di una catena di montaggio, un “oggetto” frutto di una mentalità produttiva che punta ad ammorbare la mente dello spettatore per imporgli volontà e desideri che non gli appartengono. A partire dall’utilizzo del 3D, qui mero espediente per aumentare il costo del biglietto… Un cinema (?) schiacciato dal vuoto pneumatico del piccolo schermo che, di conseguenza, impedisce di percepire la differenza tra i due linguaggi.

--------------------------------------------------------------
CORSO COMUNICAZIONE DIGITALE PER IL CINEMA DALL'11 APRILE

--------------------------------------------------------------

Saw 3DUna volta era consuetudine che le saghe horror più popolari, giunte al capolinea, chiudessero in bellezza con prodotti quantomeno decenti: è successo a Venerdi 13 (Jason va all’inferno e Jason X) e, soprattutto, a Nightmare (con il bellissimo Nightmare – nuovo incubo di Wes Craven). Cosa aspettarsi quindi dalla conclusione definitiva (?) della saga di Jigsaw? Speravamo in piccolo colpo di coda finale, in qualche guizzo di genialità, in qualcosa insomma che risollevasse le sorti di una serie che certamente non rimarrà nei nostri ricordi nè dentro i nostri cuori: speravamo male evidentemente, perché Saw 3D non si eleva minimamente dalla qualità media dei suoi ultimi capitoli, ma il discorso è più complesso e non riguarda solamente la qualità intrinseca della pellicola. Pellicola che, sia detto subito e senza mezzi termini, è il trionfo di un’estetica televisiva che già denunciavamo negli episodi precedenti: nessuna idea di messa in scena, estetica splatter subdola e gratuita, narrazione subordinata agli eventi già noti. Nulla di nuovo sotto il sole, quindi. Ma ciò che rende veramente dannoso un film come Saw 3D non è tanto il film in sé, quanto ciò che rappresenta. Saw 3D è l’apoteosi di un cinema pensato in termini di catena di montaggio, è l’espressione ultima di una concezione capitalista della settima arte che di arte, ovviamente non ha più nulla… Prendiamo come esempio la sequenza iniziale: due ragazzi e una ragazza, vittime della solita trappola mortale, esposti dentro la vetrina di un negozio davanti a una folla di persone, fuori, che reagiscono al massacro dinanzi ai propri occhi filmando il tutto con videocamere e cellulari. In sé il momento potrebbe anche essere interpretato, legittimamente, come lettura teorica del rapporto che si viene a instaurare tra lo spettatore e la violenza, ecc ecc… Fin qui tutto bene. Oppure no…? A conti fatti, a pensarci bene, c’è dell’altro. Perché dentro quella vetrina, nei panni delle vittime, ci siamo noi. A essere intrappolati sono i nostri pensieri, la nostra libertà, e fuori ci sono loro, gli Essi vivono di carpenteriana memoria… Sono loro che guardano noi, e non il contrario. E vedere significa potere. Saw 3D è l’ennesimo tassello di un’avanzata che assume i termini di imperialismo ideologico al quale, purtroppo, sembriamo soccombere ogni giorno di più: pensateci bene, anche solo per un attimo. Spendiamo un’ora e mezzo del nostro tempo per vedere cosa? Jigsaw è morto quattro film fa: lo spettatore sa benissimo a cosa andrà incontro, eppure ci va lo stesso… E perché? Perché il sangue e le budella attirano sempre, perché c’è la curiosità di sapere cosa si saranno inventati questa volta gli sceneggiatori, perché è in 3D… Già, il 3D. Un ottimo sistema per aumentare considerevolmente il prezzo del biglietto senza che nessuno alzi la voce… E’ questo che loro vogliono: che nessuno alzi la voce. E ci sono riusciti, hanno vinto loro. Forse tutta questa riflessione può sembrare esagerata, è solo un film in fin dei conti: ma il punto è un altro. Non si contesta il cinema come industria, ci mancherebbe: si contesta lo sfruttamento, l’annichilimento delle idee, il cinema schiacciato dal vuoto pneumatico del piccolo schermo che, di conseguenza, impedisce di percepire la differenza tra i due linguaggi. Ma il cinema non è morto come vogliono farci credere, tutt’altro. Semplicemente, vive altrove, lontano da film come Saw 3D (tra l’altro, ci dicono sia il capitolo finale: ma voi ci credete?). Che, va detto, non è certo l’unico esponente della sua razza, né tantomeno il peggiore. Ma c’è, è qua, e va considerato. E tanto gli dovevamo. Pensateci bene.

--------------------------------------------------------------
#SENTIERISELVAGGI21ST N.17: Cover Story THE BEAR

--------------------------------------------------------------

TItolo originale: id.
Regia: Kevin Greutert
Interpreti: Tobin Bell, Costas Mandylor, Betsy Russell, Sean Patrick Flanery, Cary Elwes, Dean Armstrong
Distribuzione: Moviemax
Durata: 90'

Origine: USA, 2010

--------------------------------------------------------------
CORSO ONLINE SCRIVERE E PRESENTARE UN DOCUMENTARIO, DAL 22 APRILE

--------------------------------------------------------------

    ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER DI SENTIERI SELVAGGI

    Le news, le recensioni, i corsi di cinema, la riviste, i libri, gli eventi e tutte le nostre iniziative


    Array

    Un commento

    • ma quale sarebbe la differenza tra i due linguaggi? ad oggi mi sembra si proceda molto per luoghi comuni in queste classificazioni…