"Segnali dal futuro", di Alex Proyas

Il film di Alex Proyas apre una stagione che per la fantascienza – con 2012 di Emmerich in attesa – dovrebbe colorarsi di toni apocalittici. Nonostante la visività marcata del regista, Segnali dal futuro non riesce a tenersi unito fino alla fine, scollato progressivamente da troppi obbiettivi messi in campo e da suggestioni regliose che non gli sono pertinenti

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E' un peccato vedere un film come Segnali dal futuro sprofondare prima nell'anonimato, e poi inesorabilmente nel grottesco, dimensione in cui Nicolas Cage sembra ormai troppo spesso trovarsi a suo agio. Il rimpianto è maggiore perché Alex Proyas ha cercato in ogni modo di tenerne gli equilibri sotto controllo: anche lui ha però finito per soccombere all'eccessiva disomogeneità degli obbiettivi messi in campo, tanto disparati e pretenziosi da riuscire a scollare il film in pezzi quasi separati tra loro. La visività da disaster-movie è efficace, e all'inizio l'improvviso squarcio spettacolare che rompe il ritmo di un lavoro che fino a quel momento aveva proceduto per atmosfere – è impossibile non andare con il pensiero allo splendido E venne il giorno di Night M. Shyamalan – porta con sè un piacevole effetto sorpresa: Proyas dirige con padronanza la sequenza della catastrofe aerea, adotta il vivido ed insolito iperrealismo di chi non è dentro l'aereo, quanto immediatamente fuori, in un tripudio di esplosioni e di superstiti che diventano torce umane, e lega insieme lo sguardo dello spettatore al frustrato punto di vista del protagonista che ha provato invano a scongiurare il disastro. Fino a quel momento, Segnali dal futuro era riuscito a ricreare l'umore dei film di fantascienza anni cinquanta a cui sicuramente Proyas voleva fare un omaggio (altra suggestione che lo lega al regista indo-americano), aveva presentato Cage in un'inquadratura simile a quella che apriva It Came From Outer Space di Jack Arnold (il primo piano di Richard Carlson al telescopio), e aveva utilizzato una colonna sonora dal vago sapore classico. Tuttavia, da lì in poi il film inizia a sbandare come la metropolitana al centro dell'incidente successivo: alterna momenti di grande impatto – come sarebbe giusto, nel delirio iconoclasta di quella che, assieme a 2012 di un maestro del camp fracassone come Roland Emmerich, si annuncia come la stagione della sci-fi del giorno dopo – ad esplicite riflessioni religiose che gli competono meno, con tanto di presenza dei quattro cavalieri dell'apocalisse adattati in versione aliena. Cage purtroppo non riesce ad entrare nei panni dello scienziato logorato dall'antico dilemma tra fede (suo padre è un pastore, e con lui non ha rapporti da anni) e ragione. L'attore pensa sempre di calarsi in quelli dell'eroe a tutto tondo, e cerca sempre occasioni per l'azione, dimenticando colpevolmente un fondamentale dettaglio: lo script lo vorrebbe come una moderno adattamento del mito di Cassandra, impotente pur nella conoscenza di ogni disgrazia.

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Knowing

Regia: Alex Proyas
Interpreti: Nicolas Cage, Rose Byrne, Chandler Canterbury, Lara Robinson, Ben Mendelsohn
Origine: USA, 2009
Distribuzione: Eagle Pictures
Durata: 121'

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