SERIE TV – The Ranch

La sitcom The Ranch è un nuovo decisivo passo nel percorso commerciale intrapreso da Netflix coerente con la propria linea editoriale. La serie è disponibile in streaming su Netflix dal 1 aprile.

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Colt Bennett (Ashton Kutcher) è una star di football collegiale che non è riuscito a trasformare il proprio talento giovanile nell’occasione di una vita. Stufo di squadre di quarta categoria nei campionati semi-professionisti, l’ex giovane campione è costretto a tornare al ranch di famiglia tra le montagne del Colorado. Per Colt, questo ritorno a casa, oltre a permettergli di avere, forse, una nuova chance sportiva, sarà l’opportunità per riavvicinarsi ai suoi famigliari, soprattutto al suo durissimo e implacabile padre Beau (Sam Elliott).

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Prodotta da Netflix, The Ranch è un nuovo decisivo passo nel percorso progettuale/evolutivo/commerciale che la società californiana ha intrapreso già da qualche anno all’interno dei territori dell’industria televisiva statunitense e mondiale. La scelta di proporre a un pubblico, non puramente generalista, un format tradizionale come la classica sit-com è, infatti, coerente con una linea editoriale che ha visto Netflix produrre serie dirette ai nuovi mercati non anglofoni, resuscitare e appropriarsi di personaggi e di racconti dati per morti dai network (da Daredevil a Longmire, passando per The Killing e Una mamma per amica) e sostituirsi ai “soliti” sistemi distributivi. The Ranch, dunque, non sfigura accanto a prodotti più duri come Narcos o House of Cards proprio per il suo essere, produttivamente, la mossa audace e ragionata di una strategia ben definita.

La serie creata dal veterano Don Reo (abituato dopo le esperienze di Due uomini e mezzo e Tutto in famiglia in comedy ambientate in famiglie particolari), inoltre, è un progetto anche narrativamente interessante. La sit-com, infatti, tenta di conservare intatte tutte le caratteristiche fondanti del genere, aggiungendo, però, nel racconto una marcata e ingombrante vena dolorosa (forse il segno più inconfondibile del marchio Netflix). Se l’impostazione degli episodi è segnata dalle risate posticce di sottofondo, da tempi comici meccanici e dalla ripetizione spaziale di ambientazioni e sfondi, i rapporti tra i personaggi e la loro caratterizzazione sono meno scontati di quello che sembra. Le profonde delusioni del campione in disgrazia, le invidie disilluse di un fratello costretto a essere “quello che è rimasto” (il personaggio di Rooster è una spalla comica che nasconde una profondità malinconica notevole), i rapporti difficilissimi, segnati dal rancore e dall’incomunicabilità tra padre e figlio o le difficoltà economiche di una fattoria sull’orlo del fallimento, sono solo alcuni dei temi che attraversano un racconto che, pur rimanendo idealizzato (il country, i cowboy, la vita di provincia), dà uno sguardo non banale di un’America non metropolitana.

Molti dei meriti del fascino dello show, sono del cast. Gli appassionati del genere non potranno non apprezzare la reunion tra le due star di That 70’s Show Ashton Kutcher e Danny Masterson (che dimostrano un’efficace e spontanea alchimia sullo schermo) e il ritorno di una divertente Debra Winger. La punta di diamante della serie, però, è senza dubbio la totalizzante prova di Sam Elliott. L’attore (già apparso ultimamente nel piccolo schermo come lo spietato villain dell’ultima season di Justified) regala al suo burbero e conservative ranchero Beau Bennett il suo carisma scanzonato, la sua immagine folk e, soprattutto, un’interpretazione convincente, lontana dai soliti ruoli da vecchio liberal cui le sue ultime pellicole lo hanno relegato.

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