Sex Education, di Laurie Nunn

Un ragazzino figlio di una nota sessuologa decide di emulare la madre e di risolvere i problemi intimi dell’intera scuola. Su Netflix la spassosa serie teen che racconta i problemi degli adolescenti

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Nel sempre più sconfinato processo meiotico che è la divulgazione di teen-trama su Netflix varrebbe la pena di spendere due parole su una serie in particolare: Sex Education.

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La storia è quella di Otis, un comune adolescente britannico (interpretato da Asa Butterfield) figlio di una avvenente sessuologa di fama nazionale (Gillian Anderson).
Come nelle migliori complicanze edipiche, Otis è ossessionato da un problema di natura intima: è terrorizzato dalla sessualità e rigetta ogni possibile idea di masturbarsi.
Perlomeno, l’influenza della madre rende Ortis un ragazzo particolarmente empatico nei confronti delle questioni sessuali dei suoi compagni di scuola. Così, insieme a Maeve, la ragazza di cui è segretamente cotto interpretata da Emma Mackey, decide di tirar su una sorta di studio psicoterapico in cui mezzo istituto si riversa per raccontare le personali fisime legate alla sfera intima.

Una delle sfide più complicate da vincere nel mondo della scrittura è di certo quella di riuscire a raccontare l’adolescenza senza prendere sfondoni. Il motivo è presto detto. Solitamente le capacità di un autore sono direttamente proporzionali all’esperienza maturata negli anni. Ma tale esperienza si accumula col tempo e ciò implica che, avanzando l’età, diventa sempre più un miraggio poter parlare di argomenti conosciuti decadi e decadi addietro, tipo le prime sigarette fumate di nascosto o i primi baci dati nello spogliatoio la palestra.

Sex Education


La morale quindi è che si è sempre troppo vecchi per immedesimarsi a pieno nell’ultima generazione di adolescenti.
Questa sensazione cresce terribilmente quando, da spettatori, ci si ritrova svogliati a guardare l’impressionante mole di lavori (italiani e non) dedicati a chi va al liceo. Si ha, scorrendo certi titoli, la sensazione che gli sceneggiatori (ed i produttori!) abbiano preso cantonate tremende nel raccontare un mondo a loro oramai sconosciuto. O peggio ancora, inizia a sorgere spontaneo il dubbio che le nuove generazioni possano essere davvero così piatte, svogliate, bacate come certo cinema vorrebbe farle passare.
Sex Education allora è qui per dimostrarci esattamente il contrario. Che la gioventù è ancora (e forse oggi più che mai!) la culla dei sogni ad occhi aperti, dell’energia da smaltire in ogni maniera, dell’adrenalina da vendere al chilo.
Ma anche ci dimostra che, nonostante l’età che avanza, è possibile trovare degli autori in grado di immedesimarsi nei panni di chi porta ancora il New Era ed ha Lil Pump come icona di stile.


Ad un certo punto della serie, però, lo spettatore più casto potrebbe provare qualche fastidio.
Uno dei migliori amici di Otis, un ragazzino nero e omosessuale interpretato dallo spassosissimo Ncuti Gatawa, pratica spudoratamente del sesso orale a favor di macchina.
È esattamente in quel momento che chi guarda potrebbe restare un tantino turbato, se non altro perché verrà spontaneo fare paragoni con la produzione nostrana. Dunque ci si chiederà come sia mai possibile che a poche migliaia di chilometri dalla poltrona su cui siamo comodamente seduti esistano delle produzioni che garantiscano una tale libertà espressiva, una tal
disinvoltura interpretativa?

Sex Education
Durante la fellatio potrebbero passarci sotto gli occhi tutte quelle questioni che tanto ci avevano tenuti impegnati per tutto l’inverno. Lo scandalo-non-scandalo provocato dalla serie sulle baby squillo dei Parioli; oppure il proliferarsi di coffee shop che vendono cannabis legale; per non parlare del brano con cui Achille Lauro profanò il sacro palcoscenico sanremese.
Va bene che anche gli inglesi non se la passano benissimo e che, oltre alla Brexit, hanno anche scelto Boris Johnson come ultimo traghettatore verso l’abisso, ma è davvero così ampia la forbice del politicamente scorretto in due paesi appartenenti comunque allo stesso Continente?


Dopo The End of the F***ing World, Sex Education conferma quindi una tendenza importante per capire il nuovo teen-drama contemporaneo, e cioè che nel mondo odierno i millennials vanno trattati (e raccontati) come gente molto più adulta e consapevole di noi. Crollate le barriere del “visione consigliata con la presenza di un adulto”, muore anche l’ultima barriera che manteneva ovattato il mondo dei ragazzi, rendendo possibile sullo schermo tutto ciò che nei bagni delle scuole è sempre successo, ma che non abbiamo avuto il coraggio di raccontare mai. 

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