Sherlock Gnomes, di John Stevenson

Nonostante sposi la frenesia del primo capitolo, Sherlock Gnomes non trova il giusto equilibrio tra giallo e commedia e i suoi riferimenti strizzano eccessivamente l’occhio ad un pubblico più adulto.

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Nell’era globale, e quindi della possibilità per chiunque, sia che viva a Manhattan o sull’atollo dimenticato di Dio di attingere ai bacini di qualsiasi cultura, la Gran Bretagna continua a gettare fondamenta. Rispetto alla sua colonia principe, il ritmo è sostenuto, ma a fronte di una tavolozza pressoché infinita, di paradigmi artistici, di fenomeni popolari, e non per questo meno artistici, il vantaggio è evidente. Tuttavia, se per alcuni prodotti il rimestio ha meritato l’oro, e in qualche modo ha superato il camuffamento, l’arte di apparire originali malgrado sette strati di intonaco, pensiamo a Penny Dreadful, così non si può dire del seguito di Gnomeo & Juliet. Era il 2011 e il cartoon di Kelly Asbury, in Italia passato un po’ in sordina, raggiunse i 194 milioni di dollari a fronte di un budget di 36. Nonostante il risultato quantomeno opinabile, fu premiata l’umanizzazione dei nani da giardino, complemento d’arredo prediletto nei giardini della bourgeoisie britannica, l’inserimento dei protagonisti in quella che forse è la più grande tragedia amorosa esistente e, non da meno, la colonna sonora di Sir Elton John, su cui torneremo. Dopo sette anni e la conferma che, come Paddington, il sequel ha intascato un bel po’, le figure folk garbano ai piccoli come ai grandi, esce Sherlock Gnomes.

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Gli adattamenti dalla saga di Arthur Conan Doyle, soprattutto nell’ultimo decennio, fanno concorrenza solo ai “figli” di Romeo e Giulietta, dunque Sherlock Gnomes viaggia sul sicuro, con la cintura allacciata, e non solo per trasferire un’educazione basica al target 3-10 anni. A ogni modo, in questo capitolo, gli gnometti si trasferiscono dalla rurale Stratford-upon-Avon, città natale di Shakespeare, alla caotica Londra. Una volta lì tutta la compagnia, fatta eccezione per Gnomeo e Giulietta, sparisce

misteriosamente; allorché i due sposini chiamano a rapporto il detective Sherlock e il suo fedelissimo Watson e si lanciano in un’indagine ricca di indizi, i quali, francamente, meritavano maggior cura. Tuttavia, fin da subito, si intende il giallo come pretesto, per cui la grossolanità, perfino per i bambini, è perdonabile. Il fil rouge è invece la relazione, sia essa platonica, investigatore-assistente, che amorosa, Gnomeo e Giulietta. Quest’ultimi, provvisti di un finale alternativo rispetto all’opera shakespeariana, devono collaborare non poco, rimboccarsi le maniche per un giardino, il matrimonio, che necessita manutenzione giornaliera. E pure il team lavorativo, dopo tanti misteri risolti, ha bisogno di oliature più frequenti.

La morale c’è, e pure a grandezza Big Ben, ma rispetto al lavoro della Asbury Sherlock Gnomes, diretto da John Stevenson (Kung Fu Panda), sembra alla disperata ricerca di una qualche identità. Va detto che dovendo raffrontare le animazioni odierne, nello specifico quelle con protagonisti minuti, i puffi, e da una prospettiva puramente “digito-artiginale”, l’accuratezza e la tangibilità dell’immagine è impressionante. Ma se entrambi i capitoli sposano la frenesia come primo divertimento, in Sherlock Gnomes il collasso non fatica ad emergere. Questo, come in molti casi, si annida nella spesso forzata rincorsa alla papabilità estrema. Se in Gnomeo & Juliet la presenza massiccia dei temi di Sir Elton John, produttore esecutivo di entrambi i film, si incastrava con la narrativa epico-amorosa, qui sembra solo un contentino per i genitori-accompagnatori. Quasi ogni scena d’azione o d’inseguimento è condita da classici del cantautore come Crocodile Rock, I’m Still Standing, ecc. Ma la vera forzatura si insinua sul piano visivo: durante un reportage sulla scomparsa repentina dei nani, una delle foto degli scomparsi include un gnomo straordinariamente johniano, con tanto di piano glitterato, e il villain, Moriarty, una mascotte gialla con pannolino e farfallino viola, ha il diastema, il sorriso curvo, e uno strano luccichio…chissà perché!

Con uno dei due generi ben confezionato, rideremmo delle incursioni di John, ma qui assistiamo ad un autocelebrazione in salsa baby musical che pare più un tentativo disperato di riportare indietro le lancette che volontà di trasferire il proprio repertorio alle nuove generazioni. Il risultato, per entrambi i target, è dimenticabile.

Titolo originale: Gnomeo & Juliet: Sherlock Gnomes
Regia: John Stevenson
Interpreti (voci originali): James McAvoy, Mary J. Blige, Michael Caine, Johnny Depp, Chiwetel Ejiofor, Emily Blunt
Origine: USA, UK, 2018
Distribuzione: Fox
Durata: 86′

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