Snowden, di Oliver Stone

Un biopic nel classico stile Oliver Stone, un po’ a tesi, un po’ intimista e molto cronachistico, con montaggio serrato, improvvise accelerazioni e una ossessione per la paranoia

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Nonostante dai tempi di Salvador si sia costantemente scagliato contro il sistema americano e la sua politica neoimperialista, Oliver Stone si è sempre considerato un patriota del suo Paese. E deve essersi immedesimato parecchio nella controversa figura di Edward Snowden, ex informatico e analista della NSA e della CIA che nel 2013, appena trentenne, decise di vendere informazioni riservate per la sicurezza nazionale, tra cui diversi programmi di intercettazioni e di controllo di massa. In America Snowden è considerato un traditore e da ormai tre anni vive il suo asilo politico a Mosca, avendo scatenato una imponente campagna per la libertà di informazione e per un’amnistia da parte del presidente Obama. Come Stone anche Snowden è un ex marine protagonista di una guerra spietata made in USA, che però stavolta non ha il suo palcoscenico nella giungla del Vietnam come nelle esperienze autobiografiche del regista, ma nelle traiettorie immateriali dei dati e delle immagini informatiche. Tra flashback e sbalzi temporali che vanno avanti e indietro tra il 2013 e la prima metà del 2000 ecco allora un biopic nel classico stile Oliver Stone, un po’ a tesi, un po’ intimista e molto cronachistico, con montaggio serrato, improvvise accelerazioni e una ossessione per la paranoia che inchioda il protagonista in un percorso di caduta e redenzione a cui il regista americano ci ha spesso abituati (Wall Street, Nato il quattro luglio, il deludente W.).

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snowden-joseph-gordon-levitt-shailene-woodleyLe fonti di ispirazione della sceneggiatura scritta da Stone e Kieran Fitzgerald sono due libri: The Snowden Files di Luke Harding e Time of the Octopus di Anatoly Kucherena, ma come riportato pubblicamente lo stesso Snowden ha partecipato alla lavorazione con alcuni consigli tecnici. Il coinvolgimento dell’hacker più ricercato del mondo diventa peraltro esplicito alla fine del film con un campo-controcampo in cui il primo piano di Joseph Gordon-Levitt viene sostituito da quello del vero Snowden. Forse è proprio questo coinvolgimento in prima persona del protagonista a nuocere parzialmente a un film che alla fine si trasforma fin troppo in una celebrazione a tutto tondo del personaggio. Ma fa parte di difetti nel cinema di Stone che ormai conosciamo e l’autore di Platoon non ne fa una questione ideologica quanto morale e “democratica”. Nei momenti migliori di un film non riuscitissimo ma superiore alle recenti prove registiche del nostro trova il giusto dosaggio per far dialogare tre registri in uno: la storia d’amore tra Snowden e Lindsay, elemento chiave ed emotivo per la messa in crisi del sistema conservatore in cui è avvinghiato il personaggio nella prima parte, la spystory multimediale frammentata nelle stanze buie di spazi kafkiani (è lo stesso Stone a citare la claustrofobia impiegatizia dello scrittore di Praga) tra Pentagono, Ginevra, Hawaii e Hong Kong, e la sezione giornalistica ambientata nel 2013, che sembra recuperare a tratti la forza civile e il ritmo dei classici neohollywoodiani, Quinto Potere di Sidney Lumet su tutti.

Titolo originale: id.

Regia: Oliver Stone

Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Shailene Woodley, Nicolas Cage, Melissa Leo, Zachary Quinto, Timothy Olyphant, Joely Richardson, Tom Wilkinson, Rhys Ifans

Distribuzione: Bim

Durata: 134′

Origine: Germania/Usa 2016

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