SOL LEVANTE – Cara dolce Kyoko (Maison Ikkoku)

Il campione del genere "soap-opera", romantico e malinconico, ma anche capace di giocare con i cliché facendo emergere un forte senso critico nei confronti della società giapponese. Dall'autrice di "Lamù" e "Inuyasha"

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Cara dolce Kyoko: l'anime

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di Davide DI Giorgio


Una serie animata romantica e malinconica, capace di trarre da queste due qualità il massimo della loro resa espressiva, elevandosi a campione del genere "soap-opera": è Cara dolce Kyoko (in originale "Maison Ikkoku"), fra le serie più amate dagli appassionati italiani e giapponesi, creata nel 1986 a partire da un manga di Rumiko Takahashi, la celebre autrice di Lamù, Ranma ½ e Inuyasha e diretta da Kazuo Yamazaki per Kitty Film. Strano destino per un lavoro che, sebbene basato sul resoconto di gente "normale", è in realtà alquanto distante dalle caratteristiche del racconto "popolare": protagonista della storia è Yusaku Godai, studente imbranato e perennemente indeciso che vive nella Maison Ikkoku, una pensione abitata da gente particolarmente bislacca. Dalla curiosissima e pettegola Ichinose al misterioso e scroccone Yotsuya, passando per la svampita Akemi, l'assortita compagnia del luogo ha un unico motivo di vita: far festa e ubriacarsi, meglio se ai danni dell'ingenuo studente. La storia prende corpo in seguito all'ingresso nella casa di Kyoko Otonashi, la nuova amministratrice, della quale Godai si innamora perdutamente pur essendo lei più grande di lui e vedova da poco. La storia si incentra sul tentativo di Godai di superare le proprie indecisioni, laurearsi, trovare un lavoro che possa permettergli di reclamare la mano dell'amata, ma anche sui problemi di Kyoko, troppo legata al ricordo del defunto marito Soichiro e contesa anche dall'avvenente istruttore di tennis Shun Mitaka.


A ripercorrerne la sinossi Cara dolce Kyoko risalta immediatamente come un lavoro in opposizione ai consueti della Takahashi: nonostante le sue 96 puntate è infatti la serie più breve tra quelle tratte dai fumetti dell'autrice, i personaggi sono relativamente pochi (soprattutto considerando che l'intera vicenda copre un arco temporale di oltre un lustro), il luogo è esso stesso un personaggio e l'elemento fantastico è bandito in favore di una quotidianità che porta spesso le storie a ripetersi e quasi ad avvitarsi su se stesse per esplorare in modo compiuto la psicologia dei protagonisti e le possibili combinazioni umoristiche e sentimentali capaci di dar vita a fraintendimenti, gag, ma anche a momenti di autentica poesia (predominanti per la maggior parte del racconto). Sullo sfondo corre un confronto molto preciso fra tradizione e modernità in una società giapponese sempre più massificata, dove la meritocrazia lascia spazio alla raccomandazione e l'indecisione è punita con l'esclusione dalla società. In questo senso il tentativo di realizzazione professionale di Godai si sovrappone perfettamente al proprio desiderio sentimentale e il suo tentativo di dare continuità ai propri sogni assume la volontà di dare una forma al proprio essere.

Figure classiche della soap, come l'equivoco e il triangolo amoroso vengono rilette con una sagacia e una stratificazione degne di nota: Godai, nel tentativo di trovare un suo spazio in una realtà dove occorre una determinazione che sconfini necessariamente nell'opportunismo (caratteristica precipua dei vicini di stanza), deve infatti fronteggiare non soltanto la rivalità di Mitaka, ma anche il ricordo di Soichiro, il quale peraltro ne rappresenta un perfetto alter ego: anch'egli era molto timido e Kyoko era una sua allieva (e Godai si ritroverà corteggiato anche da una sua studentessa). Da parte sua la giovane amministratrice è una donna che nel costante tornare al ricordo del marito vuole cristallizzare la propria vita in un eterno limbo che le impedisca di affrontare la responsabilità di crearsi un domani. L'indecisione è come sempre grande nei personaggi creati dalla Takahashi e se al solito il ruolo femminile ha una forza maggiore, in questo caso nessuno dei protagonisti può dirsi perfettamente a proprio agio nel ruolo che riveste, riproducendo in nuce una società che anela alla felicità, ma non riesce a nascondere un certo disagio. La Maison Ikkoku diventa in questo modo una cartina al tornasole dello stesso Giappone, non a caso ne viene rimarcata la natura storica (alcuni reperti in mansarda ne datano le origini almeno ai tempi della Seconda Guerra Mondiale), un luogo che si nutre delle storie dei suoi inquilini e da esse viene a sua volta caratterizzata come parentesi di umanità in una società per il resto tentacolare e sprezzante, dove la ritualità è spesso piegata a fini utilitaristici (Mitaka viene costretto dallo zio a sposare una donna che non ama). Non a caso il suo essere situata ai confini di Tokyo ne fa quasi una spettatrice privilegiata di un'umanità che nel confronto con la metropoli soffre i suoi maggiori drammi, ricordando a se stessa quanto difficile sia raggiungere la felicità.


Come precisato in apertura la narrazione è semplice ma scevra da facili ammiccamenti commerciali: Cara dolce Kyoko ha invece il pregio di osare nel proporsi come prodotto "difficile" poiché incentrato non tanto sulla storia o sulle singole gag, ma sui piccoli particolari, in una intelligente mescolanza di tocchi poetici (brevi movimenti delle figure, che danno vita a gesti quasi distratti ma spesso molto significativi) e artifici più usuali in questo tipo di storie (uso "espressivo" del vento, che trasporta i petali degli alberi in fiore o scompagina i capelli). Il tutto è ben incorniciato da un'ottima animazione, con disegni tondeggianti e piacevoli allo sguardo, colori vivi ma attenti a non scadere nel facile estetismo e musiche molto intense, a iniziare dalle splendide sigle originali, fortunatamente conservate anche nell'edizione italiana.


Accanto alla serie si ricordano poi alcuni OAV, un film (Maison Ikkoku Last Movie) e una versione live action. In occasione del ventennale della serie animata, la storia, in parte autobiografica poiché realizzata dalla Takahashi quando viveva in un piccolo appartamento, tornerà sugli schermi televisivi giapponesi in una nuova versione "live action", la trasmissione è prevista per il prossimo aprile.


 

Maison Ikkoku: il manga


di Aldo Spiniello


Pubblicato a partire dal novembre 1980, Maison Ikkoku è il secondo manga di Rumiko Takahashi, autrice che già aveva ottenuto una certa notorietà grazie alla popolare serie Urusei Yatsura (Lamù), iniziata nel 1978. Destinato a un target un po' più adulto, da principio la nuova serie non ha molto successo, anche perché apparentemente lontana dai toni di Lamù. E' solo col passare del tempo che Maison Ikkoku riesce a conquistarsi un pubblico affezionato, permettendo alla Takahashi di continuarne la stesura sino all'epilogo nel 1987. Alla fine saranno pubblicati ben 27 tankobon (volumetti da collezione) e dalla vicenda sarà tratto anche un anime, trasmesso in Italia a partire dal 1991 col nome di Cara dolce Kyoko. Per la versione italiana integrale del manga si dovrà, invece, attendere sino al novembre del 1998, anno d'uscita dell'edizione Star Comics, in tutto e per tutto fedele all'originale. Un successo maturato a poco a poco, tempi d'attesa più lunghi rispetto a Lamù e al successivo Ranma ½…tutto testimonia come Maison Ikkoku, nonostante la sua apparente semplicità, non sia un'opera d'immediata appetibilità e fruizione. E il motivo paradossale sta proprio nella sua normalità. In fondo Maison Ikkoku non racconta nulla di straordinario. Kyoko, una vedova che fa l'amministratrice di un condominio scalcinato, Godai, uno studente squattrinato alle prese con gli esami d'università e le fatiche del primo lavoro, Mitaka, un maestro di tennis bello e affascinante, inquilini rumorosi e dediti all'alcool. Personaggi che non hanno nulla di eccezionale (anzi), nessun talento particolare, nessuna avventura alle spalle, se non quella, faticosissima, della vita d'ogni giorno. Maison Ikkoku è un manga che fa della quotidianità la sua cifra peculiare. Ma questo già basta a renderlo fuori dai canoni e quindi eccezionale rispetto al panorama del fumetto nipponico.

Perché da un manga ci si aspetterebbe di tutto, poteri speciali, imprese sportive, lotte all'ultimo sangue, passioni smodate…o, quando si parla d'amore, quanto meno una vena glamour e melensa, tipica degli shojo (i manga per ragazze). Nulla del genere. La Takahashi si discosta dall'estro fantastico di Lamù e delle opere successive (Ranma ½ , Inuyasha) e, senza alcun fronzolo o ammiccamento, sceglie di raccontare la vita a partire dalle piccole (e grandi) vicende. Come il suo tratto, agli inizi spigoloso, s'addolcisce man mano, così la sua vena comica, sempre marcata sino ai limiti dell'assurdo e del demenziale, si stempera a poco a poco in una tenerezza infinita e in un romanticismo insieme concreto e pudico. Una sensibilità particolare (paragonabile a quella del grande Mitsuru Adachi), femminile e virile al tempo stesso, tale da trasformare il cuore umano in una prateria sconfinata e l'amore in una straordinaria avventura. Forse l'unica avventura ancora possibile. Ma c'è di più. Oltre ad essere una storia d'amore, Maison Ikkoku può essere letto come un romanzo di formazione. E se tutti i personaggi crescono nel corso della vicenda, il processo di maturazione del giovane Godai è addirittura drammatico. Perché la sua resta una formazione non del tutto compiuta, un ingresso nella "società civile" dalla porta di servizio. Qui sta la critica neanche tanto velata della Takahashi all'alienante sistema economico-sociale giapponese. Godai è un uomo "senza qualità", un inetto poco incline a divenire modello (e quindi a conformarsi a qualsiasi modello). La sua posizione non sarà mai del tutto "organica", perché non si può fare affidamento su chi si diverte a costruire giocattoli per bambini o preferisce soccorrere una donna in difficoltà piuttosto che recarsi a lavoro. Questione di scarsa volontà e costanza, si potrebbe dire. No…questioni di cuore, più che altro. E' per questo che solo dal cuore Godai può prendersi le sue rivincite…


 

IL DVD


E' attualmente in corso la prima edizione italiana in DVD di Cara dolce Kyoko, proposta dalla Yamato Video. Il piano dell'opera prevede 8 uscite, ciascuna composta da due dischi per un totale di 12 episodi a volume: il prezzo di quasi 30 euro è dunque compensato dall'alto numero di puntate. La confezione si presenta un po' spartana, con cover rosa confetto, menù poco elaborati e un box in cartone leggero allegato alla prima uscita per raccogliere tutti gli amaray. L'aspetto più importante, ovvero il modo in cui l'anime si presenta, controbilancia però questi elementi deficitari: i master infatti sono di qualità notevole, superiori anche a quelli delle edizioni giapponesi, grazie a un colore tarato con più precisione. Non si riscontrano inoltre difetti di compressione. L'audio italiano ripropone il doppiaggio italiano storico: sul forum della Yamato alcune voci inneggiavano al ridoppiaggio, in considerazione del cambio di cast che affligge la serie a partire dall'episodio 53, ma la label milanese ha preferito piuttosto puntare sui sottotitoli, basati su una nuova e più precisa traduzione dei dialoghi originali, una scelta condivisibile e apprezzabile in considerazione della lunghezza che avrebbe reso troppo onerosa una nuova edizione italiana. Bene precisare, comunque, che i sottotitoli sono selezionabili solo dal menù e non escludibili sul giapponese; per lo stesso motivo non è possibile cambiare la traccia audio durante la visione. Nel primo volume la sigla iniziale "Kanashimi Yo Konnichi Wa" è presentata con un mix differente rispetto alla versione televisiva, un dettaglio corretto nelle uscite successive. Ottima invece la scelta di effettuare una nuova post produzione inserendo i credits in italiano. Le sigle originali, anche in versione tradotta e karaoke, sono comunque presenti nella sezione extra, una scelta che plaudiamo proprio in considerazione dell'importanza espressiva che questi brani rivestono all'interno dell'anime. Utili anche le note esplicative, anche se avremmo preferito che fossero inserite in un booklet oppure nella parte interna della fascetta come avveniva nelle prime produzioni Yamato. In definitiva un'edizione che cerca un compromesso tra le varie esigenze degli utenti per questo importante anime. (d.d.g.)

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    2 commenti

    • Emanuele Cini (Gibbo Cane)

      Dopo 7 anni, mi sono accorto di questa recensione, ma devo essere l'unico perché non ci sono commenti.
      Allora è il caso che ne scriva uno.
      Tralascio il manga, perché non lo letto, e mi concentro sull'edizione DVD Yamato, regolarmente comprata.
      A mio parere, la scelta di mettere i crediti in Italiano è stata dettata dal fatto che mancano le sigle cantate da Gilbert O'Sullivan purtroppo da "Kahashimi yo konnichiwa" e "Ashita haeru ka" e nei contributi speciali hanno messo la sigla muta con un cartello che spiegava che in sostanza non potevano utilizzare quelle canzoni.
      Alla Prossima.
      Emanuele.

    • Emanuele Cini (Gibbo Cane)

      Come intendevo dire, hanno sostituito le due canzoni di Gilbeert O'Sullivan con "Kahashimi yo konnichiwa" e "Ashita haeru ka".
      Per il resto si può definire una "versione integrale" anche se c'è qualche errore nei crediti, ma anche i migliori sbagliano.
      La storia è bellissima e molto romantica, anche se un personaggio come Godai mi fa letteralmente perdere le staffe.
      Nel complesso sono felice di avere comprato i DVD.
      Sempre alla prossima.
      Emanuele.