SOL LEVANTE – Golden Boy

Le avventure di Kintaro Oe, un ragazzo tuttofare che gira il Giappone in bicicletta cercando di imparare ed è perdutamente attratto dalle donne. Un'opera controversa, a metà strada fra comico ed erotico, con sottotesto fortemente critico nei confronti della società giapponese.

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GOLDEN BOY: IL FUMETTO

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Qualsiasi considerazione si debba fare su Golden Boy, l'opera che ha reso famoso a livello internazionale il suo autore Tatsuya Egawa, non può che partire da una attenta disamina del manga, realizzato a partire dal 1993 e distribuito nel nostro paese dalla Dynamic Italia in dieci volumi, con ottimo riscontro commerciale. Accostarsi alle avventure del "libero professionista tuttofare" Kintaro Oe partendo dalla serie animata o da una lettura superficiale dello stesso fumetto rischia infatti di provocare fraintendimenti, essendo la materia alquanto controversa. Apparentemente il viaggio del protagonista altro non è che il pretesto per mostrare una serie di avventure comiche ed erotiche, sovente ai limiti del porno: Kintaro è infatti attratto dalle donne che incontra sul suo cammino (tutte immancabilmente discinte e procaci) e questa sua natura istintuale sembra vanificare qualsiasi tentativo di approccio logico con la realtà. In verità ci si rende conto abbastanza in fretta che il ragazzo ha uno scopo preciso, che trascende qualsiasi specificità caratteriale: Kintaro vuole imparare. Ha smesso di frequentare l'università perché ha capito in fretta che i banchi di scuola nulla possono in confronto alla concretezza della vita e per questo affronta le esperienze più disparate, passando da un lavoro all'altro e annotando tutto sulla sua inseparabile agenda. La voglia di apprendere è tale da fare del personaggio una sorta di spugna, che non oppone mai un punto di vista critico rispetto a ciò che gli si para innanzi ma si getta nell'avventura con incoscienza e innocenza tale da sopportarne stoicamente tutte le conseguenze, salvo delegare proprio all'agenda il compito di elaborare quanto ha vissuto. Infatti da una lettura di quelle pagine i suoi antagonisti scoprono sempre che Kintaro aveva ben chiaro quello che stava facendo.

Per questo motivo il giovane "ragazzo d'oro" appare istintivamente come un perfetto idiota, salvo impreviste sterzate finali. La storia si complica dal momento che Egawa si diverte a mettere il suo personaggio nelle situazioni più assurde, giocando proprio con la sua capacità di assorbire gli stimoli e annullare il proprio io a contatto con le diverse esperienze: Kintaro arriva dunque a farsi passare per una ragazza in un collegio femminile, a fare l'istruttore di nuoto senza averne le capacità, a divenire lo zimbello di persone senza scrupoli. In definitiva egli assume la forma di un grande enigma, di cui tanto i suoi comprimari che il lettore non riescono a capire l'essenza. Che in effetti non c'è o quantomeno poco importa: quel che conta è che Kintaro vuole imparare, la sua è una forma di desiderio puramente autoreferenziale. Egli, cioè, impara per imparare; non per arricchire se stesso e poi, forte dell'esperienza acquisita, evitare di ripetere gli errori. Anzi, ogni volta ricade preda sempre delle trappole tese dal prossimo. E allo stesso modo la sua fame di sesso si concretizza in un desiderio quasi meccanico, anche quando investe in modo profondo la sua sfera sentimentale, tanto da costringerlo in una perenne coazione a ripetere, cui lui risponde sempre con instancabile vigore fisico e mentale.


Sebbene la simpatia istintiva e la disinteressata bontà che connotano il personaggio lo abbiano reso immediatamente amato dal grande pubblico, è pur vero che irrita il modo in cui Egawa si rifiuta di fornire un chiaro ritratto del carattere e dei fini di Kintaro, che non siano il tautologico "imparare per imparare", tanto da negare alla storia anche un "vero" finale. In realtà è forse più corretto non cadere nell'errore di considerare il ragazzo d'oro come l'alter ego dell'autore. Forse a Egawa non interessa raccontare se stesso attraverso il suo protagonista, ma semplicemente cercare la sostanza più immediata dell'essere umano, il suo agire secondo impulsi, spesso repressi per compiacere la morale pubblica e ottenere il potere.

Da questo punto di vista il manga adotta un tono moralista (nel senso non necessariamente negativo del termine) e dimostra di volersi porre come provocatoria radiografia dell'attuale situazione sociale e storico-culturale del Giappone. E infatti la cosa più intrigante è constatare come, diversamente dal protagonista, Egawa abbia un punto di vista molto lucido e critico nei confronti della propria nazione, di cui rimarca usanze e consuetudini generate da precisi fatti storici, che vengono contestualizzati e spiegati con attenzione e competenza. L'obiettivo principale dell'invettiva è comunque rivolto al sistema educativo nipponico, basato non sull'arricchimento interiore ma proprio sull'apprendimento fine a se stesso finalizzato al raggiungimento di una buona posizione sociale.


La provocazione dell'autore è dunque quella di solleticare l'istinto libertario, esistente nel lettore ma normalmente represso, attraverso la creazione di un personaggio innocente e libero da costrizioni sociali. E allo stesso tempo compiacere il desiderio sessuale dei fruitori attraverso situazioni che vorrebbero essere scollacciate ma che nell'economia del racconto finiscono per assumere un tono estremamente realistico e quasi virulento: il sesso di Egawa infatti non è "pulito" come lo si vede nei film. Certo, il mangaka deve sottostare a restrizioni censoree che lo portano a coprire le parti intime con bollini e squadrettature ma per il resto il suo tratto non nasconde l'umoralità propria dell'essere umano. I corpi dei suo personaggi secernono sudore, saliva, sperma, urina, nel fare l'amore si contaminano dei rispettivi fluidi e si sporcano in un'estasi che è anche una gioia del vicendevole scambio ma è anche un potere. Il sesso è in fondo la manifestazione primigenia dell'essere umano e può anche diventare la prima forma di esercizio del potere attraverso lo scatenare il desiderio altrui, il fomentare gelosie. Il discorso dell'autore in realtà evita un approdo sicuro, preferisce seguire una traccia di base sulla quale poi ricamare, affastellando toni difformi e permettendosi anche momenti di lirismo: primo fra tutti quello che racconta la "prima volta" di Kintaro, dove la scoperta della sessualità assume un tono forse brutale ma anche sorprendente nella sua sincerità.

GOLDEN BOY: LA SERIE ANIMATA


Il materiale controverso di cui si compone il fumetto ha ovviamente costretto i realizzatori dell'anime ad adattare soltanto le prime avventure di Kintaro, puntando ovviamente sul connubio fra sesso e ironia sfrenata. La critica sociale e il tono molto più adulto iniziano infatti a fare capolino dopo i primi numeri del manga e nella miniserie OAV di sei episodi, realizzata da Hiroyuki Kitakubo nel 1995, sono stati tenuti fuori. A parte questo bisogna constatare come l'adattamento sia estremamente rispettoso dell'originale, come rimarcato anche dallo stesso mangaka che ha supervisionato la serie. Le sceneggiature infatti seguono fedelmente quanto raccontato sulla pagina disegnata ma risultano ovviamente arricchite dalle possibilità offerte dall'animazione, risultando dunque più dirompenti dal versante comico. La critica sociale è ovviamente più morbida ma risulta in ogni caso presente nel comportamento anticonvenzionale del protagonista, che irride le convenzioni e mette in scacco il sistema. Certo, in sé la serie può risultare dispersiva e poco approfondita, causa il suo articolarsi in episodi autoconclusivi, con gag che a volte si ripetono e schemi tutto sommato sempre uguali ma è il limite intrinseco della trasposizione. L'ultimo episodio, frutto di un'idea nuova e dunque non presente nel fumetto, vede comparire lo stesso Egawa, causa il fatto che Kintaro giunge a lavorare in uno studio d'animazione dove si sta preparando la trasposizione animata di uno dei fumetti dell'autore. Una curiosa avventura metafilmica che vede il ritorno di tutti i personaggi comparsi nelle precedenti puntate, a voler chiudere il cerchio.


Per ciò che riguarda l'aspetto tecnico è da rimarcare il design dei personaggi curato da Toshihiro Kawamoto, in seguito rivelatosi con l'exploit di Cowboy Bebop. L'animazione invece non sembra tenere sempre il passo con la sgargiante forza dei disegni ma riesce comunque a restituire a dovere la forza delle gag.

IL DVD


L'edizione italiana del cartoon è stata curata dalla Dynit: va rimarcato un doppiaggio eccezionale, nel quale svetta un Davide Lepore evidentemente a suo agio nel ruolo di Kintaro e capace di servire a dovere le stramberie del personaggio, tanto da superare la controparte giapponese (sentire per credere). Già raccolta in tre videocassette, la serie è stata poi racchiusa in due dvd, distribuiti anche nelle edicole attraverso la collana Anime Cult. La qualità audio/video è nella media delle produzioni Dynit, con due tracce audio, l'italiana e la giapponese, in Dolby Digital Surround 2.0 e sottotitoli nella nostra lingua, mentre il formato è quello originale televisivo in 4:3. Gli extra comprendono una biografia di Egawa, note sul cast, sigle di testa e coda originali giapponesi, filmati sulle ragazze incontrate da Kintaro e gli immancabili Dynit trailers. La versione da edicola è inoltre corredata di interessanti booklet, nei quali è anche possibile approfondire la visione di Egawa, il quale rimarca la sua feroce critica al sistema formativo giapponese, reo di creare dei cittadini privi di volontà e deprimere l'entusiasmo di chi può aprirsi alla vita, magari con ingenuità, ma certamente anche con intento propositivo.

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