Song’e Napule, dei Manetti Bros.

Ci si rende da subito conto che anche questa carrellata di gioiosi furti e irriverenti omaggi ad un modello ben preciso è destinata ad andare a segno. D’altra parte la filologia affezionata è sempre stata il forte dei Manetti, unita ad un gusto per il grottesco che anche qui si riversa nei ritratti dei personaggi che sono innanzitutto l’incarnazione divertita dell’ipertesto di riferimenti che veicolano

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Il rapporto tra grande e piccolo schermo nella filmografia dei Manetti è uno degli aspetti di maggiore interesse: caso probabilmente unico in Italia, a dare un’occhiata alle produzioni televisive degli autori, come Crimini o il celeberrimo Ispettore Coliandro, e a compararle poi con gli exploit cinematografici, salta subito agli occhi la grande cura formale e attenzione visiva posta sui prodotti tv, vale a dire in un panorama dov’è facile incappare in sciatterie e frettolosità, a confronto sorprendente poi con la ferocia, l’urgenza espressiva e lo stile diretto delle sortite per la sala. Insomma i Manetti al cinema sono ovviamente più liberi e “potenziati”, allo stato puro: e basta godersi la sequenza d’apertura di questo nuovo film, con il monologo portato all’ebollizione di Carlo Buccirosso sul flagello delle raccomandazioni negli impieghi statali, per rendersi da subito conto che anche questa carrellata di gioiosi furti e irriverenti omaggi ad un modello ben preciso (in questo caso si tratta di una commistione di “sottogeneri napoletani” come il camorra movie o la pellicola di lancio del neomelodico di turno) è destinata ad andare a segno.
D’altra parte la filologia affezionata è sempre stata il forte dei Manetti, unita ad un gusto per il grottesco che anche qui si riversa nei ritratti dei personaggi che sono innanzitutto l’incarnazione divertita dell’ipertesto di riferimenti che veicolano, e dunque è facile averla vinta sullo spettatore con il commissario disilluso e ossessionato tratteggiato da Paolo Sassanelli, o soprattutto con la star del pop partenopeo Lollo Love “inventata” da Giampaolo Morelli.

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Però in ognuna di queste trasferte, che sono mutazioni di genere prima ancora che geografiche, i Manetti cambiano pelle e look ma sempre sino ad un certo punto, come il protagonista di Song’e Napule, Alessandro Roya, pianista diplomato al conservatorio “piazzato” da una “spintarella” a scaldare la sedia in Polizia, e finito suo malgrado a fare l’infiltrato nella band di Lollo Love in modo da poter segnalare all’anticrimine la presenza del terribile killer ‘O Fantasma in una festa di matrimonio di Camorra dove l’artista è stato chiamato a esibirsi. Così l’impacciato e precisino protagonista si trasforma nel perfetto scugnizzo col piumino fluorescente e il taglio di capelli improbabile.
Ecco, la grande intelligenza dei Manetti è quella di riapparire a galla in ogni prodotto con una serie di stilemi che sono soltanto loro, come la sezione conclusiva di Song’e Napule in cui, messa da parte la farsa, assistiamo ad un bell’atto di chiusura di un poliziesco tirato e senza fronzoli, alla stregua dell’elegantissimo cecchino interpretato da Peppe Servillo (non a caso a “risolvere” la questione contribuisce fattivamente Lollo Love che assume così sfumature Coliandreggianti…).
Seppure in versione pulita e senza alcun indugio su sangue e violenza, i Manetti continuano con un nuovo tassello la loro strada ad un cinema popolare e fieramente “industriale” in Italia. La domanda cruciale resta però sempre la stessa: per quale pubblico, tolti i fans?

 

Regia: Marco Manetti, Antonio Manetti
Interpreti: Alessandro Roja, Giampaolo Morelli, Serena Rossi, Paolo Sassanelli, Peppe Servillo, Ciro Petrone, Franco Ricciardi, Ivan Granatino
Origine: Italia, 2013
Distribuzione: Microcinema
Durata: 114’ 

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