Spanglish – Quando in famiglia sono troppi a parlare, di James L. Brooks

C’è, nel cinema di Brooks, tanta voglia di tenerezza, ma anche tanta voglia di andare a fondo a modo proprio, per imprevedibili trasversalità

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“Una lacrima, solo una lacrima”. Sembrerebbe programmatica al film la dura limitazione materna imposta alla figlia che lascia la sua flemmatica terra (il Messico) per la caotica Los Angeles. Invece Brooks vuole “depistarci” perché “disseccazione” è l’ultimo termine che ci viene in mente assistendo a continui (e felici) trapassi tra lacrime e sorrisi, in questo sapiente strano oggetto tenuto insieme dal collante delle forze attoriali e dei palpitanti sentimenti in campo. C’è infatti, nel cinema di Brooks, tanta voglia di tenerezza, ma anche tanta voglia di andare a fondo a modo proprio, per imprevedibili trasversalità, nell’incontro/scontro tra due culture/generi apparentemente inconciliabili come Usa-Messico e commedia-dramma, incapaci fino in fondo di amalgamarsi come “spanish” ed “english”. E questa duplice tensione continua trova alimento in una speciale, commovente normalità di tutti i personaggi: dal grande chef di un riccioluto Adam Sandler che vorrebbe solo 3 stelle e un quarto dal critico culinario del Times per avere conferma ufficiale del proprio valore senza dover stare sotto l’occhio dei riflettori e perdere il contatto quotidiano con la famiglia, alla moglie Deborah (Téa Leoni) che dilaga con la sua rutilante multi-personalità nevrotica e maniaco-depressiva ma che in fondo vuole solo imparare ad amare un po’ e ad essere un po’ amata, dalla nonna ed ex cantante di jazz di Cloris Leachman che giganteggia da fuoriclasse scolandosi tutti i drinks a portata di mano un po’ come il memorabile cameriere di Hollywood Party e costringendosi alla sobrietà quando la famiglia si sta scollando e ha bisogno del suo aiuto alla nipote grassottella Bernice, straordinariamente interpretata dalla giovanissima Sarah Steele, vero cuore di semplicità emozionale della pellicola, capace di donare infinita commozione al proprio ruolo con sfumature di eccezionale sensibilità e che speriamo non rimanga nelle retrovie come la mirabile “ranocchia” Heather Matarazzo di Fuga dalla scuola media di Solondz per arrivare ad una Paz Vega all’esordio hollywoodiano che si scompone quasi picassianamente in volto per esprimere incomprensioni linguistiche e comportamentali risplendendo, talvolta, di ammaliante bellezza illuminata dalla luce di vaporosa concretezza di Seale. La confezione è, infatti, come al solito di lusso e imbelletta senza “coprire” né “truccare” una furbizia d’autore che, dimostrando che “qualcosa è cambiato”, si fa prezioso cinema del sentire ibrido e sfuggente, ma anche frondoso baobab dei rapporti interrazziali che si agita e ci agita nella tempestosa ansia di quel comunicare che fa rima con amare.

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Titolo originale: Spanglish
Regia: James L. Brooks
Interpreti: Adam Sandler, Téa Leoni, Paz Vega, Cloris Leachman, Sarah Steele, Shelbie Bruce
Distribuzione: Columbia Tristar Films Italia
Durata: 130′
Origine: USA, 2004

 

La valutazione del film di Sentieri Selvaggi
4.2

Il voto al film è a cura di Simone Emiliani

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Il voto dei lettori
4 (1 voto)
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