SPECIALE SILS MARIA – Deliri, desideri e distorsioni

 
L'avventura: ogni sparizione è coperta dalla miriade di riferimenti incrociati, ascoltare Kowalski dei Primal Scream mentre ci si perde in auto tra i tornanti potrebbe dare il via ad un feedback senza fine, gli strati di chitarra che si affastellano sulle sovrimpressioni doppie e triple, come se il montaggio volesse raccontare le mille versioni e traiettorie differenti del viaggio di (my bloody) Valentine

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Facile punto di partenza, la Kowalski dei Primal Scream sulla sequenza in cui Kristen Stewart si perde in auto tra i tornanti, si toglie le cuffiette dalle orecchie, viene raggiunta dal serpente di nebbia e nuvole che si insinua tra le sovrimpressioni doppie, triple, poi miracolosamente è a casa e la Binoche la trova che dorme beata (?) in tanga. Il videoclip della band di Bobby Gillespie chiarisce ulteriormente l'universo gloriosamente-B del pezzo (e dell'intero album del 1997 che porta per l'appunto il nome originale del film di Sarafian, Vanishing Point), tra Punto Zero e il Russ Meyer on the road.
Assayas utilizza gli strati di chitarra del brano per raddoppiare in colonna sonora le immagini che si affastellano le une sulle altre, proprio in una sequenza di deriva a quattro ruote, come se il montaggio volesse raccontare di versioni e traiettorie differenti del viaggio di (my bloody) Valentine: quella in cui riesce a giungere dall'aitante pretendente in attesa, quella in cui ritrova la via di casa dopo essersi persa, e le altre mille variabili nascoste nell'ennesima dissolvenza in nero del film.

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L'avventura: ogni sparizione è coperta poi dalla miriade di riferimenti incrociati sotto i quali nascondersi, ascoltare i Primal Scream in macchina potrebbe perciò dare il via ad un loop di feedback sostanzialmente senza fine. Il suono del cinema di Assayas rimbomba sempre, e dunque i movimenti di macchina della sequenza dell'impasse tra le curve stradali di Sils Maria sembrano quasi precludere e disegnare le stesse parabole del complicato gioco meccanico di piattaforme sul palco della versione hi-tech di Maloja Snake del finale: una performance di muscolare scenografia pop da tour negli stadi, che fa esplodere in versione Zooropa una delle formule – artistiche, estetiche, musicali, narrative, cinematografiche… – preferite dell'autore Assayas, e su cui si basano entrambi i copioni di questo suo ultimo film, quello “in scena” e quello “effettivo”.
Vale a dire, il canone arcaicamente configurato del duetto.

Sotto la cornice del duetto si giocano da sempre alcune delle battaglie fondamentali della struttura concettuale dell'opera intera di Assayas, l'idea del set e dell'esperienza della ripresa come atto teorico di ragionamento istantaneo e istintivo sulla materia del cinema, la sceneggiatura come uno spartito pieno zeppo di note a margine, appunti sull'esecuzione: esempio cruciale è la lunga sequenza a due tra Asia Argento e Michael Madsen nel fulgido Boarding Gate, in cui si parla a lungo di personaggi inventati, doppie personalità, messinscene, e che non a caso termina con quella che sembra una recita imbastita per gioco, ma con cadavere reale.
Nella musica, e ancor di più in quella musica rock che tanto caratterizza le colonne sonore di Assayas, affrontare un duetto implica nella maggioranza dei casi un rapporto di potere, di predominanza di una delle due parti sull'altra, e una lotta, un duello per sovrastare anche l'apparente armonia delle due voci che sembrano procedere invece superficialmente intonate l'una all'altra. Per questo il cineasta ha da sempre un amore folle per la distorsione, la cacofonia amplificata, il rumore bianco: da quello slittamento che stride nelle orecchie fuoriesce la luce del suo cinema, come il fantasma che esonda dallo schermo nel finale di Après Mai (da questo punto di vista il film-saggio assoluto dell'Assayas musicofilo è la miniserie Carlos, dove al peregrinare vorticoso senza tregua e senza meta del protagonista corrisponde l'esplosiva iconoclastia della selezione musicale dissonante per la colonna sonora). 

Lo scontro tra Juliette Binoche e Kristen Stewart in tutta la sezione principale di Sils Maria assomiglia così a una di quelle collaborazioni impensabili tra musicisti di epoche e stili differenti e lontani, come fu nel '68/69 il dittico di album psichedelici di Muddy Waters insieme ad una band di frikkettoni funky-acidjazz (non a caso poi Electric Mud e After the rain sono in realtà bellissimi).
Per restare a riferimenti recenti, e sulla scorta della detonazione Eno/Metric del centralissimo Clean, più che al team up tra il padrino del noise GW Sok e i figli della gioventù sonica Action Beat (A Remarkable Machine, in effetti vicino alle sonorità care ad Assayas), il duetto su cui si fonda Sils Maria ci ricorda forse invece Soused, l'album realizzato in tandem dal lirico cantautore ritrovato Scott Walker e gli oscuri sacerdoti del drone metal Sunn O))) (lo lasciamo qui come un post-it per la prossima soundtrack di Assayas, dovesse ascoltarci o ascoltarlo).
Il personaggio della Stewart è come quella nota incessante e disturbante di elettricità che senti sotto i melodici lamenti della candida voce di Walker, che va da sé è la traiettoria della Binoche: elettricità statica destinata a svanire nell'aria, a evaporare dissolvendo.

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