SPECIALE "SOTTO UNA BUONA STELLA" – Al di là della vita

carlo verdone in sotto una buona stella

Quasi speculare, con lo stesso inizio travolgente, ad Io e mia sorella. Quindi quest'ultimo Verdone si ricollega in maniera sempre più diretta a quello degli anni '80, come a un album di ricordi. Non realizza remake ma questo sentimento di nostalgia richiama quello dell'ultimo Peter Bogdanovich verso il suo passato. E dentro c'è il suo cinema come se fosse una memoria personale.

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carlo verdone in sotto una buona stellaSi può prendere l'ottimo inizio di Sotto una buona stella. Sovrapporlo con quello di Io e mia sorella. Una morte, una convivenza inizialmente forzata. Qui c'è quello di Federico Picchioni con i figli, lì quello di Carlo con Silvia (Ornella Muti) dopo la scomparsa della madre. Forse sarà pure un caso che quest'ultimo film somigli a uno degli esiti migliori della sua filmografia, ma il modo in cui filma le lontananze, i ritorni improvvisi, i legami che gradualmente si riallacciano, ha qualcosa di viscerale, che va oltre evidenti imperfezioni che rendono questo film maledettamente e straordinariamente pieno di vita.

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Com'è lontana la commedia italiana di oggi dal cinema di Verdone. E soprattutto Sotto una buona stella porta sullo schermo di nuovo famiglie e insieme gruppi costretti a convivere e condividere. Com'era accaduto rispettivamente in Io, loro e Lara e Posti in piedi in Paradiso. Nessun ammiccamento generazionale. Anzi, un cinema unico nel manifestare la sua paura di invecchiare, nel mostrare gli spettri della morte, di trasformare una delle gag più riuscite (quella in cui finge di zoppicare malamente accanto a una finalmente convincente Paola Cortellesi e viene visto dalla sua ex-compagna) come se si trattasse di un ricordo della sua giovinezza. Quindi il cinema di quest'ultimo Verdone si ricollega in maniera sempre più diretta a quello degli anni '80, come a un album di ricordi. Non realizza remake ma questo sentimento di nostalgia richiama quello dell'ultimo Peter Bogdanovich verso il suo passato. E dentro c'è il suo cinema come se fosse una memoria personale.

Va al di là di quello che mostra Sotto una buona stella, richiama i tempi a cui ha esordito attraverso il meeting in casa sua con alcuni poeti che erano stati a Castelporziano nel 1979. E soprattutto, sempre di più, lascia sempre più spazio agli altri. Mostrando anche dolori personali (la sofferenza di Luisa ogni volta che deve licenziare qualcuno o lo strappo doloroso con la sua famiglia) ma anche regalandole zone di totale solarità in cui l'attrice appare la versione italiana di Sally Hawkins di La felicità porta fortuna. E poi va ancora di più 'al di là della vita' nel modo in cui filma la tomba di John Keats o come inquadra la foto dell'ex-moglie deceduta. Quasi una contemplazione. Come una preghiera. Tra le inquadrature più sorprendenti del cinema di Verdone. Queste sì, decise a restare immortali. 

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