SPECIALE STAND BY ME – Il vento ci porterà via, di Abbas Kiarostami

Fuori campo, silenzi, ellissi, alla ricerca di un tesoro o l’essenza della vita. Il vento ci porterà via e in fondo, si incarna lo spirito estat(ico) di sempre

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Premio Speciale della Giuria nel 1999 che irritò il regista, convinto di meritare il Leone d’oro a Venezia. Distillato degli elementi tipicamente kiarostamici: il viaggio, lo scontro-incontro tra due culture, lo sguardo esterno, dell’intellettuale, sul mondo contadino, l’uso del silenzio come elemento narrativo, l’insistenza sul paesaggio, la presenza di uno sguardo infantile che fa da controcanto alla vicenda. Non so precisamente perché ho scelto questo film per lo “speciale estate”. Forse perché Kiarostami, scomparso da poco, non è stato mai tra i miei registi preferiti, ma è stato sempre un regista estat(ico). Forse perché d’estate possiamo leggere libri più corposi, dare spazio finalmente anche alla poesia (cinema fatto di poesia visuale e di poesia verbale con continue citazioni dei versi di Forough Farrokhad, la poetessa iraniana morta in un incidente a soli trentatré anni nel ’67) e vedere anche film che si prendono il tempo necessario, prima di farsi il primo tuffo della stagione, prima di salire in montagna o semplicemente prima di immortalare la foto esistenziale del momento: mezzo piede che si bagna nelle acque scintillanti o un geranio e un balcone lontani dal mare.

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O forse perché il titolo è emblematicamente evocativo: il vento ci porterà via, soprattutto nella bella stagione, soprattutto ci porterà “emergenza”. Il fotografo, regista, “ingegnere”, protagonista della storia, a 700 chilometri da Teheran, raggiunge un piccolo villaggio del Kurdistan, per fare cosa? Fuori campo, silenzi, ellissi, alla ricerca di un tesoro o dell’essenza della vita. In fondo, si incarna lo spirito vacanziero di sempre: nostro tempo feroce e fatuo ci ha imposto una scoperta terribile e stupenda, la solitudine. Oggi non occorre essere eremiti c’è solitudine per tutti. Difficile è la solitudine ma affascinante il colloquio segreto, l’ininterrotto dialogo di un sé con un sé più oscuro e misterioso, ascoltare la voce dei diversi “io” che diversamente si parlano. La nostra vita oggi è affidata a questo lento esercizio.

Ora io posso vivere la solitudine in una città, in una folla, ma non la posso vivere d’estate, dove tra palloni danzanti e bambini gridare, le persone si toccano, si scorgono, si guardano, si indagano, si giudicano. Qualcuno aggiungerà “si amano”. Talora è vero, ma dal punto di vista della solitudine la minuta, collezionistica insistenza dell’amore continuo può essere inquietante. Inoltre chi ama difficilmente rinuncia a “capire”, e questo può essere intollerabile. E nell’estate moderna, oggi la solitudine è sostituita dall’isolamento. Il vento ci porterà via e finalmente farà chiarezza sulla realtà, e il pensiero che la conosce, perché provengono dal mondo, attraverso processi ed esplosioni, urti, interazioni, resistenze ed alterità, e non cessano di sorprenderci. Il vento ci porterà via e quello che il mondo ci consegnerà emergerà indipendentemente dall’io e dalle sue claustrofilie.

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