SQ2018 – Oggi sono passato (e tu non c’eri), di Canecapovolto

Mai viaggio nello spazio interiore è stato più affascinante: il lavoro del collettivo catanese con la performer Elisa Abela si apre ad esplorare nuove frontiere della percezione acustica

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“Non possiamo ignorare la funzione repressiva dell’Arte in una Società che ha un disperato bisogno di astrazione e creatività per sopravvivere. Il nostro lavoro é il prodotto di questa consapevolezza”. Canecapovolto

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All’VIII Queer FilmFest è il momento del collettivo catanese Canecapovolto e la sua performance che parte dal materiale visivo (un cortometraggio di 45 minuti sulla performer Elisa Abela) per aprirsi ad esplorare nuove frontiere della percezione acustica. Sin dai primi anni 90 il gruppo porta avanti con coerenza un discorso trasversale che abbraccia diversi linguaggi (super-8, video, found-footage, radiodramma, collage, performance art) e ha lo scopo ultimo di trasformare il ruolo passivo dello spettatore in fruitore attivo di una particolare esperienza artistica. E’ riduttivo definirlo cinema sperimentale: in realtà vi è un riposizionamento della modalità cinema e video verso supporti tecnici privi di identità con lo scopo di alleggerire lo spettatore dalla pesantezza (e amoralità) delle immagini della società dello spettacolo.
Il progetto è centrato sulle potenzialità evocative della voce umana e degli stimoli sonori così da facilitare le singole avventure sensoriali. Anche il termine “sperimentale” è alquanto pleonastico ed è più applicabile alle forme di espressione artistica piuttosto che ai contenuti concettuali: i riferimenti infatti sono molteplici e meta-testuali. William Burroughs, Brion Gysin, Jonas Mekas, John Waters, Peter Zinovieff, Il Battiato avanguardista dei primi anni 70, la scrittura auto-rigenerativa, il cut-up e le tecniche di scrittura combinatoria, il metodo random, la dreamachine, il circuit-bending, Antonin Artaud, Kostantin Raudive e le voci fantasmatiche, la spiritualità non religiosa di Sam Harris, l’uomo massa di Ortega y Gasset. L’effetto finale è un trip psichedelico che scardina le serrature delle porte della percezione mostrando diversi percorsi di autocoscienza e pulsioni rivoluzionarie.

Nei 45 minuti di Oggi sono passato (e tu non c’eri) viene condensato un discorso filosofico sull’alterità e sul doppio attraverso associazioni di immagini casuali che funzionano da test di Rorschach, In un flusso di coscienza circolare che più volte sembra ritornare al punto di partenza ingrandendo diversi particolari del puzzle, il passato il presente e il futuro si incontrano in un condominio alla fine del mondo, dove l’utilizzo di collage anonimi infilati nella buca delle lettere scatena sentimenti di rabbia repressa e rancori mai sopiti. Mentre Elisa Abela, bravissima artista visuale e musicista, prova ad aumentare l’entropia dell’universo facendolo passare attraverso gli accordi della sua chitarra elettrica, tutte le immagini circostanti perdono lo statuto di verità e rivelano l’inganno della memoria e della percezione. Tolti tutti i riferimenti visivi, spaziali e temporali, si è costretti a chinarsi su sé stessi per afferrare una voce (dis)umana, un’eco di rumori spettrali che si posizionano prima e dopo la nostra esistenza. In questa anarchia eidetica che si ridimensiona di fronte a una proteiforme cappa acustica, il montaggio (antinarrativo e random) diventa una questione di morale ed è forse l’unica luce del faro che non porta a sfracellarsi sugli scogli.

L’associazione tra immagini-suoni-pensieri continua nella mente dell’osservatore che completa il raccordo tra le inquadrature con il proprio background emozionale e culturale. A conferma di ciò quando inizia il concerto di Elisa Abela la serie di fonemi, di rumori, voci distorte non fa che richiamare le immagini del precedente documentario, in una operazione associativa in cui il risultato finale è sempre cangiante. Mentre Elisa e Canecapovolto indossano le vesti scure di ostetrici del reale, portando alla vita tutto il represso e il rimosso, lo spettatore sembra diventare l’astronauta Bowman proiettato nel suo ultimate trip. Mai viaggio nello spazio interiore è stato più affascinante.

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