Strike a Pose, di Ester Gould, Reijer Zwaan

La repentina ascesa e caduta del corpo di ballo del “Blonde Ambition Tour” di Madonna, il cui successo durò poco oltre la fine dello stesso tour. Ma non va in profondità. In sala oggi e domani

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Il documentario Strike a Pose, presentato sia alla Berlinale che al Tribeca, soffre fino dall’impostazione di un respiro cinematograficamente corto, anzi troppo giornalistico e televisivo. Il molto materiale televisivo di repertorio utilizzato sembra quasi involontariamente mostrare la vera anima del lavoro, che non riesce quasi mai ad andare in profondità.

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La storia è incentrata sulla repentina ascesa e caduta del corpo di ballo del “Blonde Ambition Tour” di Madonna, il cui successo durò poco oltre la fine dello stesso tour e che vide invece poi vari pesanti strascichi sia legali che privati. L’opera è divisa nettamente, quasi didascalicamente, in 3 parti: il grande successo dei protagonisti durante il tour, la caduta rovinosa successiva e il ritrovato equilibrio finale testimoniato dalla cena con contorno di scoop e commozione. I limiti sono proprio sia in una strutturazione assolutamente palese (con addirittura una cesura nera e silenziosa tra la prima e la seconda parte, che uccide completamente il ritmo in quel punto) sia nel bisogno televisivo di stare in modo morboso sui personaggi, fino a estorcere delle lacrime che, se sono sincere, risultano alla lunga indigeste per come insincero pare il modo di mostrarle. Sicuramente c’è un importante lavoro di ricerca sui fatti, e qui si vede il taglio eminentemente giornalistico, ma poi la sceneggiatura non viene mai tradita e anzi è costruita con il classico chiaro intento di “impedire di cambiare canale”. Tutto ciò invece forse avrebbe beneficiato di un uso diverso dei tempi di narrazione. Per tutta la durata del documentario si ha la netta impressione che laddove si voglia restare focalizzati non si riesce a focalizzare, per la paura di una perdita di ritmo, mentre laddove si vuole dare tempo si usa il tempo in modo prepotente, per colpire le emozioni ma senza ragionare. Rimane un peccato non avere dato spazio invece alle immagini interessanti delle coreografie solitarie di alcuni dei ballerini, i quali sembrano arredare propri spazi mentali con movimenti a rompere la routine della quotidianità. Ovviamente la storia voleva andare verso altre direzioni (pesantemente emblematico il finto scoop finale) e questi balletti rimangono solo brevi intrammezzi riempitivi, ma sarebbe stata una chiave interessante da indagare.

Titolo originale: id.

Regia: Ester Gould, Reijer Zwaan

Interpreti: Luis Camacho, Oliver Crumes, Salim Gauwloos, Jose Xtravaganza, Kevin Alexander Stea, Madonna

Distribuzione: Nexo Digital

Durata: 90′

Origine: Paesi Bassi/Belgio 2015

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