TALLINN 13 – "The Melody for a Street Organ", di Kira Muratova (Concorso)

melody fotr a street organ
Un film che si snoda, sontuoso e melodrammatico, carico di simboli e al tempo stesso libero e lieve, in due ore e mezzo, in un tempo filmico che accumula scene in cui i personaggi sono protagonisti di eventi della ripetizione, come in un loop nel quale si trovano imprigionati, di fronte a situazioni solo apparentemente diverse, che non fanno che ripetere il senso di isolamento e di falso movimento architettato con rigorosa precisione dalla cineasta. Melodija dlja sharmanki
è una favola nera, la versione aggiornata e senza speranza di una natività spezzata

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melody fotr a street organIncontri e addii. Ancora nel cinema di Kira Muratova. Che con Melodija dlja sharmanki (The Melody for a Street Organ) aggiunge un nuovo, fiammeggiante e dolente, capitolo nella sua filmografia. Un film che si snoda, sontuoso e melodrammatico, carico di simboli e al tempo stesso libero e lieve, in due ore e mezzo, in un tempo filmico che accumula scene in cui i personaggi sono protagonisti di eventi della ripetizione, come in un loop nel quale si trovano imprigionati, di fronte a situazioni solo apparentemente diverse, che non fanno che ripetere il senso di isolamento e di falso movimento architettato con rigorosa precisione dalla cineasta.
Melodija dlja sharmanki
è una favola nera, la versione aggiornata e senza speranza di una natività spezzata. È il viaggio di due bambini, Alena (la sorella più grande) e Nikita (il fratello più piccolo). Hanno padri diversi e, dopo la morte della madre, per evitare di essere ricoverati in due differenti orfanotrofi, fuggono in treno, dove il film li incontra all’inizio, alla ricerca dei loro rispettivi padri. Il tutto accade mentre il Natale è alle porte. Ma per quei due bambini non ci sarà nessun riparo, nessuna persona o luogo pronti ad accoglierli (forse una coppia, ma l’intreccio degli avvenimenti impedirà il possibile incontro). Per loro due il viaggio diventa un’erranza dove la meta si allontana sempre più (per un attimo il bambino sfiora il padre, ex ferroviere, diventato musicista di strada, ma il caso ancora una volta prevede altre strade…). Viaggio fatto di continue separazioni e riunificazioni nell’attraversamento di luoghi simbolo del mondo d’oggi, affollati di corpi e di solitudini. Una stazione di treni (spazio che Muratova esplora per quasi un’ora nei suoi punti visibili e nascosti, nella ’prima parte’ del film, espansa e labirintica, con movimenti di macchina che, come altrove, disegnano meticolose, struggenti, sensuali coreografie) o un centro commerciale. Le strade innevate o le scale di un palazzo. Fino a una separazione che, infine, non prevede più riunificazione. Alena rapita, letteralmente dallo zelo di funzionari addetti al controllo del centro commerciale, inghiottita dalle immagini di quel posto altrettanto labirintico. Nikita, e il gattino che ha trovato e custodisce nella giacca, perso nelle strade, trova invece riparo mortale in una soffitta, dove morirà di freddo. A ritrovarlo, un gruppo di operai per i quali il Natale non esisterà, negato dai loro capi, che osservano attoniti quel corpo senza vita. Mentre uno di loro reagisce iniziando a singhiozzare, sempre più a lungo.
Il nuovo film di Kira Muratova (di produzione ucraina, parlato in russo – con un doppiaggio certo fastidioso, ma che
svanisce nell’immensità del testo – e con grandi interpreti del cinema russo come Oleg Tabakov e Renata Litvinova) è una delle perle della tredicesima edizione del Tallinn Black Nights Film Festival, cominciata lo scorso venerdì nella capitale estone. È cinema che lavora sull’artificio più esibito, che espone i corpi ai gesti di una recitazione solida, che si fa teatrale e musicale, dove la parola sfiora talvolta il canto (come nella scena della coppia che scende le scale di un palazzo e dialoga cantando), dove dal grottesco affiora un reale arduo da sostenere. Muratova lavora su questi elementi, facendoli confluire magicamente nelle inquadrature di un cinema che si illumina di una moltitudine di segni.

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    Un commento

    • concordo. E' uno dei film più belli e dolenti e lievi che mi sia capitato di vedere. Uno sgrado feroce e crudele fatto di leggerezza, e maniacale attenzione a ogni dettagli.
      Una fotografia micidiale di un paese che di grande non ha più che la vastità della 'sordità' umana e morale.
      Grande. davvero un grande, grandissimo film