TARANTO FILM FESTIVAL – Viaggio nel cinema italiano

 Si è svolta dall’11 al 16 dicembre presso la sala Chaplin la terza edizione del festival diretto da Massimo Causo. Un programma ricchissimo, un percorso passato/presente/futuro pieno di autentica passione. Omaggi a Fulci, Citti, Cavandoli e sguardi su Salani, Schirinzi e molto altro ancora. Sicuramente questo è uno degli eventi italiani che merita davvero di crescere e di ingrandirsi. L’organizzazione e l’accoglienza da grande festival già ce l’ha

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La passione sulla forza. La 3° edizione del Taranto Film Festival, diretto da Massimo Causo e Cosimo Battista, coadiuvati da Davide Di Giorgio, che si è svolto nella città pugliese dall’11 al 16 dicembre, dimostra che si possono fare ‘ricche’ manifestazioni pur avendo a disposizione un budget irrisorio. Organizzato con l’aiuto del Centro Studi Cinematografici, con il contributo della Regione Puglia (Assessorato al Mediterraneo) e con il patrocinio del Comune di Taranto, dell’Assessorato alla Pubblica Istruzione ai Beni e alle Attività Culturali della Provincia di Taranto, in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia, il Taranto Film Commission, TeatroCrest, Farm e Casa Rita Show Food, l’evento ha dato la possibilità di creare una panoramica che riesce a guardare a largo raggio ‘le alternative del cinema italiano’ in un percorso spazio-temporale seduttivo capace di ri/scoprire alcuni film ma anche di oltrepassare formati, durate e generi attraverso una continua ricerca tra immagine, parola, suono.

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Il Taranto Film Festival intanto ha presentato diverse sezioni retrospettive. Quella “Altri maestri” è stata dedicata a Sergio Citti del quale si sono potuti rivedere capolavori come Ostia e Il minestrone e opere estremamente libere tra vita, morte e sogno come Storie scellerate, Mortacci e I Magi randagi. La sezione “Mezzanotte” ha invece dato la possibilità di riscoprire maestri come Lucio Fulci non solo attraverso alcune sue pellicole tardivamente rivalutate come L’aldilà…e tu vivrai nel terrore e Sette note in nero, ma soprattutto attraverso il torbido e disperato mélo Beatrice Cenci, il fantasy Conquest, lo spietato Luca il contrabbandiere, il western on the road I quattro dell’apocalisse. Prima della proiezione di Beatrice Cenci, Antonella Fulci, figlia del regista, ha ricordato che quel film realizzato nel 1969 era stato accolto malissimo dal pubblico tanto e vero che qualcuno del pubblico ha urlato: “menamo ar regista!”. Il Taranto Film Festival ha avuto il merito di riproporlo al pubblico dopo quasi 40 anni visto che da allora il film non è stato più proiettato.

Dopo essere stati presentati in diversi festival, la manifestazione ha riproposto i 4 ‘confini d’Europa’ di Corso Salani: Ceuta e Gibilterra, Rio de Onor, Imatra e Talsi. Il ciclo prevede, come ha confermato lo stesso regista altri due ‘viaggi di confine’. Infine c’è da sottolineare anche l’omaggio a Osvaldo Cavandoli, creatore del celebre personaggio di Mr. Linea, scomparso nel marzo di quest’anno.

In questa edizione si è potuto anche scoprire il talento di Carlo Michele Schirinzi (protagonista della sezione “altri sguardi” sul quale ritorneremo nel prossimo “Viaggio in Italia”), artista salentino multimediale in cui si intravedono i segni della materia dell’immagine in lavori come Riesumazione, Astrolite, All’erta, Il ri(n)tocco, Palpebra su pietra e Oligarchico (Mosaico da camera) presentato nella sezione “Zona” all’ultimo Torino Film Festival.

Una marea di immagini quindi. Lungometraggi ritornati da altri festival come Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti che ha avuto notevoli riconoscimenti critici nei festival in cui è stato presentato o anche film che hanno avuto una minima visibilità in sala come La vera leggenda di Tony Vilar di Giuseppe Gagliardi o Nazareno di Varo Venturi. Ma il Taranto Film Festival ha anche recuperato uno dei film più sorprendenti dello scorso Torino Film Festival, Flor da Baixa di Mauro Santini, ha approfondito lo sguardo nella sezione “Prima della prima” su Ferruccio Santoro (Anatomia di un corto, Master of Puppets), Francesco Gatti (Irreality Show e Le regole del gioco) e Paolo De Falco (Radice e frontiera e Stella loca) e ha riproposto il bel documentario di Pietro Marcello Il passaggio della linea, già presentato al Festival di Venezia nella sezione “Orizzonti”, sorta di ‘viaggio in Italia’ cadenzato dal ritmo dei treni a lunga percorrenza, da tempo abbandonati a un destino di lento degrado.

La sala Chaplin dunque, fino a notte inoltrata, con le chilometriche presentazioni di Massimo Causo e Davide Di Giorgio, si è trasformata quindi per 6 giorni in una specie di ‘luogo incantato’, infinita full-immersion dalla quale era quasi impossibile uscire. Sicuramente questo è uno degli eventi italiani che merita davvero di crescere e di ingrandirsi. L’organizzazione e l’accoglienza da grande festival già ce l’ha.

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