#TFF34 – Lady Macbeth, di William Oldroyd

Nella rilettura odierna l’attenzione è puntata sulla lotta di una donna per conservare la sua libertà, a qualsiasi costo. In Concorso

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Katherine, appena diciassettenne, è stata presa in moglie da un ricco possidente terriero nell’Inghilterra rurale di metà ‘800. Il marito, molto più anziano di lei, la disprezza trattandola come una serva, senza concederle mai un briciolo di amore coniugale. Anche il suocero la opprime psicologicamente ricordandole i suoi doveri coniugali, primo fra tutti quello di dare un erede al marito che continua, nel segreto della camera da letto, ad ignorarla.

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Quando sia il marito che il suocero si allontanano per motivi di affari, Katherine prova a riprendere il controllo della sua vita ed inizia una tresca amorosa con lo stalliere Sebastian. Il ritorno del suocero, che scopre la tresca, spingerà Katherine a commettere una catena di brutali omicidi, pur di non perdere la sua libertà.

Il film è ispirato alla novella russa Lady Macbeth of the Mtsensk di Nikolai Leskov, scritta nel 1865 che affrontava tematiche molto delicate per l‘epoca come: la condizione della donna nel XIX secolo, la vita nelle comunità rurali e la scoperta dell’amore passionale; talmente delicate che ancora negli anni ‘30, Stalin bandì come sovversiva l’opera di Shostakovich che si ispirava alla stessa novella. Benché sia al suo primo lungometraggio, Oldroyd può contare su un ottimo bagaglio di regista teatrale (dalla direzione dello Young Vic Theatre fino ad importanti rappresentazioni in Europa e nel mondo) che sfrutta a pieno sia nella direzione degli attori che nella attenta cura della scenografia: grazie alla quale, in maniera minimale, riesce a con facilità a rappresentare lo squallore nel quale è ambientata la vicenda. Pur rispettando tutti gli elementi centrali della storia, nella rilettura odierna l’attenzione è maggiormente puntata sulla lotta di una donna per conservare la sua libertà. Ma in una società come quella, questa libertà ha un prezzo: che è quello di imparare a convivere con l’orrore.

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