#TFF34 – Out There, di Takeiro Ito

Un film da fare, la memoria di un ragazzo, immagini del presente e del passato, b/n e colore, digitale e pellicola, il cinema è Out There. Bellissimo. Presento in Onde.

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Out There, sì: sembra che il cinema sia definitivamente uscito là fuori. Oltre quella “sala” ormai vuota e diroccata, posta nelle immagini della memoria e inquadrata con immensa nostalgia. Perché il cinema è ormai ovunque per il giovanissimo regista giapponese Takeiro Ito, che dice di voler fare un film “in divenire” abbandonandosi alla memoria del suo attore protagonista e inseguendone il passato nel presente. Ma Chun Chi è un ragazzo taiwanese che gira il mondo da anni, ora è a Tokyo, fa l’attore e deve essere il protagonista di un film in preparazione. Il regista di questo film (alter ego sullo schermo di Ito) lo interroga costantemente sia sulla sceneggiatura da scrivere sia sul suo passato a Taipei ed è qui che i ricordi balenano in immagini (girate in pellicola 16mm e a colori) sovrapponendosi al presente (in un bellissimo bianco e nero digitale) e creando così una dialettica tra supporti che storicizzi la nostra percezione di spettatori del 2016. Il supporto segna un tempo, ma è solo nel montaggio che riesce a testimoniare le tracce di un sentimento.

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Il film in preparazione a Tokyo pian piano viene abbandonato: il passato di Ma diventa “un altro film”, trovato per caso, che ora interagisce con il dolcissimo rapporto creato con l’attrice giapponese Ayu. Insomma il dato documentale (i veri ricordi del ragazzo configurati anche da lunghe interviste ai suoi familiari a Taiwan) e il dato finzionale (il film a Tokyo e il rapporto con la ragazza) formano pian piano un fluviale tutt’uno che non può essere altro che cinema. Bellissimo.

out-there1Ci vuol pazienza. Questo è un cinema che ti conquista pian piano. Nelle quasi due ore e trenta di “vita” assistiamo ad amori presenti e passati che sembrano esigere le stesse immagini o gli stessi gesti; ad esodi presenti e passati che hanno diverse motivazioni ma gli stessi sentimenti; e ancora a fantasmi presenti e passati che si incontrano e interagiscono con la Storia. Il giovanissimo regista giapponese Takeiro Ito sembra ricordarsi proprio del nuovo cinema taiwanese, muovendosi tra gli spazi di Edward Young e i fantasmi di Tsai Ming-linag: la rivoluzione culturale cinese, la nuova patria (il Taiwan) vista come “provvisoria”, poi l’America e il Giappone raccontate come frontiere opposte per questa nuova generazione, insomma cinquant’anni di vita della famiglia di Ma ci passano sotto gli occhi. E non è necessario capire, bisogna solo accettare il disordine emotivo che crea e universalizza gli incontri tra immagini: 8mm, 16mm, digitale, b/n, colore, 4:3, 16:9, sono solo strumenti che diventano vivi creando un discorso nella loro alternanza. E quando Ma dice ad Ayu “andiamo a casa”, per poi ritrovarsi in una sala cinematografica vuota… in quello stacco c’è anche il cinema che sopravvive rimanendo se stesso. Lì fuori. Out There.

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